Urbanistica

Dl Semplificazioni, Assoimmobiliare: occasioni perse soprattutto nei grandi centri

Rovere: si stanno tutelando anche edifici degli anni ’50 e ’60 di nessuna qualità

di G.Sa

Dopo l'Ance anche Confindustria Assoimmobiliare attacca a testa bassa il pasticcio sulla rigenerazione urbana che si sta consumando al Senato con l'esame dell'articolo 10 del decreto legge semplificazioni ad opera delle commissioni Affari istituzionali e Lavori pubblici. Sotto accusa, in particolare, il regime che si sta introducendo per la demolizione e ricostruzione nelle zone A: un passo indietro anziché l'auspicato passo avanti.«In materia di rigenerazione urbana - spiega la presidente di Confindustria Assoimmobiliare, Silvia Maria Rovere - il decreto legge Semplificazioni introduce numerosi miglioramenti alla normativa attuale. Abbiamo però segnalato al legislatore una criticità molto rilevante, assolutamente da correggere, relativa agli interventi di rigenerazione che prevedono la demolizione e la ricostruzione di edifici.

Il decreto stabilisce che quando gli edifici ricadono nelle zone omogenee A non possano essere apportate "modifiche a sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, o aumenti di volumetria". In altre parole - continua Rovere - l'edificio che viene ricostruito dovrebbe essere in tutto e per tutto identico a quello demolito.» Non è, come spesso si dice, un limite che vale solo per gli stretti centri storici. Al contrario, questo nuovo regime - spiega ancora Rovere - «varrebbe per zone molto estese del territorio, tutte quelle con agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di rilevanza ambientale, appunto le zone omogenee A». Quanto estese? «Si tratta di un criterio non idoneo a una applicazione su scala nazionale; se, ad esempio, in un comune di piccola dimensione la zona omogenea A coincide solitamente con la città storica indiscutibilmente degna di tutela, in città di maggiori dimensioni tale azzonamento racchiude anche aree urbane in cui il patrimonio immobiliare meritevole di conservazione integrale è in realtà esiguo».

In particolare «nelle grandi città, Roma inclusa, si tratta spesso di quartieri costruiti nel dopoguerra e negli anni '50 e '60, con scarsissima attenzione alla qualità e alla sicurezza, quartieri che sono oggi fra i più bisognosi di rigenerazione, che hanno vera urgenza di sostituire il vetusto patrimonio immobiliare con edifici di nuova generazione, conformi alla più avanzata normativa antisismica, energeticamente efficienti, accessibili, cablati e connessi. Tutto ciò richiede di poter intervenire in maniera profonda sul risanamento del tessuto urbano. Il decreto per come è scritto ora lo impedirebbe, con una perdita gravissima di opportunità per i cittadini e le comunità urbane».

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