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Emergenza abitativa, Federcasa: servono subito 250mila alloggi sociali

Il presidente di Federcasa, intervenuto al convegno di Arezzo Casa Spa, rinnova l’allarme sul sostegno al sistema degli ex Iacp. Nomisma: oltre 1,5 milioni di famiglie in difficoltà

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di M.Fr.

Cercasi urgentemente soluzioni contro il disagio abitativo. Dopo oltre 3,3 miliardi di euro in 20 anni per sostenere gli affitti e 290 milioni per compensare la “morosità incolpevole”; a 12 anni dall’avvio del social housing promosso dalle fondazioni bancarie attraverso l’architettura finanziaria che fa capo ai fondi di Cdp; a 16 anni dal tentativo del piano nazionale di edilizia abitativa, il problema abitativo - quello delle persone più povere, ma non solo - è ancora tutto da risolvere. E più il tempo passa e più il conto sale. «Abbiamo 60mila alloggi sfitti da ripristinare, abbiamo morosità per un miliardo di euro, ci servono almeno 250mila alloggi per dare una prima risposta alle famiglie che ne hanno bisogno», ha ricordato il presidente di Federcasa, Marco Buttieri, intervenendo a un convegno promosso da Arezzo Casa Spa lo scorso 27 settembre nella città toscana. La cronica situazione di precarietà che caratterizza il servizio di edilizia abitativa di primo soccorso potrebbe non durare a lungo. Il fragile equilibrio della variegata gamma di “ex Iacp” non è messo a rischio solo dai lunghi decenni di latitanza dello Stato (come pure delle regioni) ma anche da ineludibili adempimenti periodici.

Buttieri ricorda ad esempio che nelle prossime settimane si stringerà sul rinnovo del contratto con il personale delle varie aziende casa. L’aumento orario è potenzialmente in grado di far saltare i conti di numerose realtà, già in situazioni difficili. Arezzo Casa - circa 3mila alloggi gestiti tra i 37 comuni della provincia - è tra queste. Servono soldi, ma non solo. Serve attenzione, ma servono anche idee, strumenti, partecipazione. «Il convegno - spiega il presidente di Arezzo Casa Lorenzo Roggi - voleva essere un momento per riunire istituzioni, soggetti gestori e studiosi, per fotografare la comune situazione di difficoltà e per condividere un dato di fatto: l’attuale sistema di gestione dell’edilizia residenziale pubblica è in crisi e non ha futuro». Non solo oggi sembra un miraggio «la costruzione di nuove case per fronteggiare l’aumento delle situazioni di povertà, ma senza alcun sostegno diventerà utopia anche occuparsi della manutenzione», dice Roggi.

La situazione abitativa è netto peggioramento non solo per chi oggi è in attesa di una casa sociale. Il cosiddetto disagio abitativo non fa che aumentare. A ricordarlo, proprio ad Arezzo, è Nomisma. «Negli ultimi due anni - ha confermato Elena Molignoni - si è assistito a un aumento dei nuclei familiari in disagio “grave”, a conferma di uno scivolamento verso forme di disagio abitativo da parte di chi prima era stato classificato nella categoria del “disagio lieve”». Sono oltre 1,5 milioni le famiglie in “disagio abitativo”, di cui quasi 1,2 milioni in una situazione definita “acuta” e “grave” a causa di un affitto di problematica sostenibilità. Anche in questo caso, i soldi possono fare la differenza: «a parità di condizioni, ipotizzando un abbattimento del 20% del canone di locazione - cioè da 600 euro/mese a 480 euro/mese - corrisposto da chi vive una condizione di disagio grave, sarebbero circa 165mila i nuclei familiari ad uscire da tale condizione, pari al 27% di chi vive un «disagio abitativo grave», calcola Molignoni.

L’ennesimo allarme che sale dal mondo delle case pubbliche è stato affidato alla deputata Tiziana Nisini (Lega), eletta nella circoscrizione Toscana. La speranza, ha detto il presidente Roggi, è di arrivare a una «riforma funzionale, economica e normativa capace di riconoscere l’edilizia pubblica come un vero presidio di welfare e come una primaria forma di tutela della dignità umana, mettendo in campo creatività e risorse per progettare un futuro dove sia possibile tornare a parlare di “diritto alla casa“».

Come è noto, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini parla da tempo di un “piano casa”, sia pure collocandolo in un orizzonte di legislatura. L’ultimo piano casa nazionale memorabile - quello dell’aretino Amintore Fanfani - resta insuperato per dimensioni, risorse, modalità attuative e, soprattutto, risultati. Il piano lanciato nel 2008 da Silvio Berlusconi si è infranto sugli scogli del conflitto costituzionale. Si capisce la prudenza; ma serve anche coraggio.

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