Fisco e contabilità

Fcde, dai residui degli esercizi precedenti non si possono escludere quelli di competenza

Le Sezioni Riunite della Corte dei conti hanno corretto un'interpretazione delle Sezioni Riunite per la Sicilia

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di Corrado Mancini

Le Sezioni riunite per la Regione Siciliana con la decisione in data 2 luglio 2021 n. 6, avevano dichiarato irregolare il risultato di amministrazione della Regione Sicilia in relazione all'accertata irregolarità di talune poste, tra queste, l'omesso maggiore accantonamento di 34.992.196,45 euro per il Fondo crediti dubbia esigibilità. Il pubblico ministero ritenendo comunque non corretto il calcolo, che a suo avviso doveva comprendere, per il rendiconto 2019, l'arco temporale delle annualità 2019-2014 e non, come hanno ritenuto dalle Sezioni riunite siciliane, il periodo 2018-2014, ha proposto ricorso alle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale.

La Corte dei conti a Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, con la sentenza n. 20/2021, ha accolto il motivo di ricorso e, per l'effetto, ha accertato che il Fondo crediti di dubbia esigibilità debba essere rideterminato in aumento di 43.503.986,07 euro anziché di 34.992.196,45 euro come accertato dalle Sezioni riunite siciliane.

Per i magistrati delle Sezioni Riunite l'errore interpretativo sorge da una non felice formulazione del principio contabile applicato n. 4/2 del Dlgs 118/2011 che sovrappone due fattispecie e due tipi di Fcde.

In particolare il § 3.3. dispone :«In sede di assestamento di bilancio e alla fine dell'esercizio per la redazione del rendiconto, è verificata la congruità del fondo crediti di dubbia esigibilità complessivamente accantonato: (a) nel bilancio in sede di assestamento; (b) nell'avanzo, in considerazione dell'ammontare dei residui attivi degli esercizi precedenti e di quello dell'esercizio in corso in sede di rendiconto e di controllo della salvaguardia degli equilibri».

La disposizione disciplina la costruzione del Fcde nel bilancio di assestamento e nel rendiconto e sul piano degli effetti (ossia della disciplina di svalutazione) si riferisce a due dispositivi contabili diversi: il Fcde «a previsione», previsto dall'articolo 46, comma 1 del Dlgs 118/2011, e quello a «consuntivo», previsto dal comma 2 del medesimo articolo.

La prima parte della diposizione, quando prescrive che i due fondi devono essere "complessivamente" calcolati, si riferisce, al bilancio di previsione, dove il Fcde è presente due volte, prima come posta di svalutazione delle entrate dell'esercizio in corso («esercizio n»), poi come componente dell'avanzo applicato. il Fcde «a previsione» ha lo scopo di garantire una effettiva copertura delle spese programmate, declinando l'equilibrio di bilancio in «stretta inerenza ai concetti di certezza e attendibilità che devono caratterizzare le risultanze della gestione economica e finanziaria (C. cost., 28 gennaio 2020, n. 4)».

Mentre il Fcde «a consuntivo» è invece una componente negativa del risultato di amministrazione, che ha lo scopo di svalutare i resti attivi (crediti "residui") registrati a chiusura degli esercizi precedenti a quelli del bilancio di previsione.

Segnatamente, il bilancio di previsione e il suo assestamento devono tenere conto anche del risultato di amministrazione (e al suo interno, del Fcde). Tuttavia, va anche precisato che bilancio di previsione e quello di assestamento tengono conto del risultato di amministrazione (e del Fcde) a due date differenti. Nel bilancio di previsione il risultato di amministrazione (e il correlato Fcde) è quello approvato nell'ultimo rendiconto, ossia quello calcolato sull'esercizio n-2; nell'assestamento è quello dell'esercizio in corso di rendicontazione, ossia l'esercizio n-1.

L'espressione «esercizio in corso» del § 3.3. del principio contabile, dunque, ha senso solo nel contesto del bilancio di assestamento, dove essa fa riferimento all'anno di competenza del bilancio di previsione. Nell'anno di competenza, infatti, si devono effettuare le operazioni di riquantificazione del risultato di amministrazione all'anno "n-2", operazioni che consentono di giungere, prima al risultato di amministrazione presunto all'anno "n-1", e poi, in sede di successivo rendiconto, al risultato di amministrazione "accertato" all'anno "n-1".

Sulla base di questo quadro logico e normativo, per i magistrati delle Sezioni Riunite, appare evidente che il punto 3.3. del principio contabile applicato, non autorizza a ritenere che dai residui degli "esercizi precedenti" si possano escludere quelli di "competenza", come invece hanno ritenuto le Sezioni riunite siciliane. Alla stregua dello stesso principio contabile, in sede di rendiconto, la regola dei periodi da prendere in considerazione è fornita dal frammento finale del p.c.a. qui riportato, il quale afferma che si deve tenere conto dell'«ammontare dei residui attivi […] negli ultimi cinque esercizi» (ultima parte del § 3.3.).

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