Federalismo fiscale e regionalismo differenziato, grandi assenti nei piani strategici post Covid
Un uomo solo al comando per monitorare l'esecuzione del «Piano Colao». É quanto ha richiesto il suo firmatario nel suo intervento a Villa Pamphily a tutela del suo buon esito.
Insomma, Vittorio Colao ha invocato la nomina di un commissario che sottragga l'attuazione delle 102 iniziative, comprese nel suo «manufatto», ai lacci e laccioli che la burocrazia e la politica sono solite frapporre alla realizzazione dei programmi di rinnovamento. Non solo. Che controlli attraverso una sua regia unica i tempi, gli step e le spese relative, per come saranno scandite nella sceneggiatura che dovrà rintracciare a (molto) breve l'autore esclusivo nel Governo, condivisa ovviamente dall'Ue.
A proposito, Colao ha decisamente disconosciuto la denominazione di Piano che si offre alla sua opera, preferendo attribuirgli quella di «strategia» e di «visione» perché esclusivamente funzionale e propedeutica alla elaborazione politica dell'Esecutivo dello strumento programmatorio da esibire a livello Ue per godere dei 173 miliardi di euro del Recovery Fund. E ancora. Dei 37 miliardi di euro del Mes da destinare alla rivoluzione del Ssn, da rivedere non poco soprattutto nella sua funzione di tutela della salute extraospedaliera.
Le ammissioni di Vittorio Colao danno, in un certo senso, ragione alle critiche mosse, nella stessa mattinata, dal presidente designato della Confindustria, Carlo Bonomi che ha accusato il Governo di perseguire la politica degli annunci, nella quale trovano ampia cittadinanza sia il Piano cosiddetto Colao che il manifesto «Progettiamo il Rilancio», elaborato da Palazzo Chigi.
Tante, troppe le buone intenzioni che rimarranno tuttavia tali. Ancora nessun programma di Paese post-Covid, degno di chiamarsi tale, da esibire all'Ue per essere promossi all'acquisizione delle risorse miliardarie senza precedenti e senza le quali tutto rimarrà così com'è.
Del resto, non potrebbe che essere così, atteso anche il mancato attivo coinvolgimento negli «stati generali» dei decisori territoriali, ai quali verrebbe poi rinviato il compito di cambiare lo status quo del Paese, quale somma delle diversità regionali e locali.
Senza sindaci e presidenti delle Regioni non si arriva da alcuna parte. Ahinoi, non vi è menzione di entrambi nel Piano Colao e nei 51 punti dei quali si compone il manifesto «Progettiamo insieme».
Oltre a questo non vi è traccia di due temi fondamentali per il futuro del Paese, tenuto conto che gli stessi sono da tempo nell'agenda di tutte le Regioni con forte naturale incidenza sul futuro dei metodi di finanziamento delle funzioni pubbliche non statali, siano esse quelle fondamentali dei Comuni che delle prestazioni essenziali da erogarsi prevalentemente a cura delle Regioni.
Essi rispondono al nome di: federalismo fiscale, al quale sono direttamente connessi i livelli essenziali delle prestazioni riguardanti tutti i diritti sociali da garantire alla collettività nazionale; regionalismo differenziato, del quale sarà davvero difficile non tenere conto nella fase post-pandemica. Due argomenti ai quali, sia il Piano Colao che il manifesto reso noto dal Governo, hanno dimostrato una colpevole disattenzione.