Fisco e contabilità

Fondo garanzia debiti commerciali, possibile escludere le spese del servizio rifiuti dal calcolo

Entro il 28 febbraio gli enti dovranno procedere alla quantificazione del fondo

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di Alessandro Festa ed Elena Masini

Con l'approssimarsi della scadenza del 28 febbraio gli enti dovranno procedere alla quantificazione del fondo garanzia debiti commerciali (Fgdc) previsto dai commi 859-872 della legge 145/2018, da effettuarsi con deliberazione dell'organo esecutivo anche in esercizio provvisorio (e su cui non occorre acquisire il parere dell'organo di revisione).

La quantificazione del fondo
Il Fgdc dovrà essere accantonato, prevendendo uno specifico stanziamento iscritto alla missione 20, programma 03 del bilancio di previsione, nel caso non siano rispettate le seguenti condizioni:
I. riduzione di almeno il 10% dello stock di debito al 31 dicembre 2021, rispetto al 2020. Se tale riduzione non viene rispettata, l'ente è comunque in regola se lo stock del debito non supera il 5% dell'ammontare delle fatture ricevute nel corso dell'esercizio (soglia ritenuta fisiologica);
II. valore dell'indicatore del tempo medio di ritardo ponderato (da non confondere con il più noto indicatore di tempestività dei pagamenti) minore di zero, che rappresenta il numero di giorni di ritardo (se positivo) con cui mediamente l'ente onora i propri debiti, considerando sia i documenti pagati che quelli ancora da pagare, aventi scadenza entro il termine dell'esercizio cui l'indicatore riferisce.
Nel caso in cui ci si trovi nella condizione di dover procedere all'accantonamento, si dovrà moltiplicare lo stanziamento della spesa per acquisto di beni e servizi allocata nel bilancio di previsione 2022 (anche per chi è in esercizio provvisorio), per una percentuale che varia dal 1% al 5% a seconda del valore dei parametri precedenti. Nella base di calcolo non si considerano gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione, per espressa previsione del comma 863.

Le entrate vincolate
Nel quantificare tale fondo sarà quindi necessario detrarre da tutte le spese quelle che risultano finanziate da entrate vincolate. Sul punto gli enti non potranno non tenere in considerazione quanto deliberato dalla magistratura contabile partenopea (Corte dei conti Campania del. n. 4/2021/PAR), secondo la quale la locuzione normativa «non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione» debba essere interpretata avendo come riferimento le fattispecie oggetto di vincolo di cassa e non solamente di competenza. Questa posizione è certamente condivisibile se si considera la ratio della norma, che è quella di ridurre, attraverso l'accantonamento al fondo garanzia, la capacità di spesa degli enti e, con essa, aumentare le disponibilità di cassa al fine di garantire una maggior puntualità nell'onorare i propri debiti. E, considerato che la dimensione attenzionata è quella della cassa, appare logico che i vincoli da neutralizzare siano solamente quelli di cassa.
Non si può tuttavia ignorare come siffatta posizione conduca ad un inevitabile incremento dell'accantonamento al fondo (dato che i vincoli di cassa rappresentano una casistica più ristretta dei vincoli di competenza) e, di conseguenza, ad un aumento delle preoccupazioni degli enti che con l'impennata del fondo vedono allontanarsi il pareggio del bilancio. Ma quali entrate è possibile considerare vincolate di cassa?

Rientrano senza dubbio in tale categoria le spese finanziate da tutti contributi a rendicontazione erogati per una specifica finalità, i mutui, i proventi delle sanzioni al codice della strada. Un ragionamento a parte merita la Tari. Sebbene non vi siano dubbi che tale entrata abbia un vincolo specifico alla spesa del servizio rifiuti stabilito per legge (articolo 1, comma 654, legge 147/2013) (Corte dei conti Sezione Autonomie, delibera n. 31/2015) e quindi sia da ritenersi vincolata per cassa, le modalità di gestione delle spese fa sì che essa sia soggetta al fenomeno dell'anticipazione. Pertanto, in attuazione di quanto disposto dal pc. 4/2, quando il pagamento di una spesa vincolata precede l'incasso della relativa entrata, tale pagamento è disposto sulla cassa libera e al momento dell'incasso l'entrata si considera, alla stessa stregua, libera. Sulla base di questa dinamica gestionale, molti enti sono indotti a ritenere che le spese del servizio rifiuti non si possano escludere dalla base di calcolo del Fgdc perché non vincolate di cassa. Tale considerazione non appare condivisibile in quanto, sebbene per effetto dell'anticipazione tali spese non movimentino il sottoconto vincolato di tesoreria, non si può negare che dal punto di vista giuridico esse siano qualificabili come spese che utilizzano risorse a specifica destinazione e quindi siano da escludere dal fondo di garanzia. In sostanza la mera manifestazione finanziaria dei flussi di cassa non appare idonea a mutare la destinazione vincolata delle risorse. E d'altro canto è la stessa Corte dei conti – Sezione Autonomie che con delibera n. 3/2017 ha riconosciuto natura vincolata alle spese del servizio di gestione dei rifiuti, tenuto conto dell'essenzialità di un servizio che non può mai essere interrotto.

Data la delicatezza dell'argomento e la sua strategicità anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, siamo certi che il dibattito sul tema non è affatto chiuso. Anche perché, ricordiamo, l'articolo 38-bis del Decreto Crescita (Dl 34/2019) ha modificato il comma 863 della legge 145/2018, imponendo agli enti di far confluire il fondo garanzia debiti commerciali nella quota accantonata del risultato di amministrazione fino a quando non saranno rispettati i parametri (si veda NT+ Enti Locali & Edilizia del 9 novembre 2021), con il rischio di generare un (ulteriore disavanzo). Sotto questo punto di vista occorrerà capire se l'ente potrà (o dovrà) modificare l'accantonamento da iscrivere nel risultato di amministrazione rideterminando il fondo sulla base degli stanziamenti definitivi di bilancio 2021, qualora non vi avesse dato corso in fase di gestione. In questo contesto è da ritenersi certamente consolante la facoltà di quantificare, in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2, lettera a) del Dl 152/2021, limitatamente agli anni 2022 e 2023, l'indicatore relativo al debito commerciale residuo sulla base dei propri dati contabili previo invio della comunicazione dello stock di debito, e previa verifica da parte del competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

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