Appalti

Fuori dalla gara chi tace vecchie condanne perché impedisce la valutazione dell'integrità

di Susy Simonetti e Stefania Sorrentino

La mancata dichiarazione di condanne, pur risalenti nel tempo, da parte di un operatore economico, determina l'automatica esclusione dalla procedura di gara, a prescindere da considerazioni sulla fondatezza e gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, perché impedisce alla stazione appaltante di valutare l'integrità del concorrente come futuro potenziale contraente. È questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 70/2020. L'omissione dell'indicazione di vecchie vicende professionali di soggetti apicali suscettibili di integrare i «gravi illeciti professionali» di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c) del codice degli appalti fa assumere all'istanza i contorni di una dichiarazione non incompleta ma falsa e come tale non sanabile.

Il ricorrente ha lamentato l'illegittimità del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione per carenza di motivazione e di istruttoria, e censura l'omessa valutazione, da parte della stazione appaltante, della effettiva concreta rilevanza attribuita alle precedenti condotte criminose ai fini del giudizio sulla complessiva affidabilità del concorrente, trattandosi, tra l'altro, di condanne risalenti nel tempo e riferibili a fatti in cui il soggetto era esponente apicale di altra società. Il collegio ritiene infondati entrambi i rilievi.

I principi di lealtà e affidabilità dell'aspirante contraente pubblico impongono, come necessario corollario, che lo stesso segnali, senza operare alcun filtro, tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente idonei a incidere sul processo decisionale, demandato esclusivamente alla stazione appaltante, in ordine alla sua integrità professionale. L'impossibilità, per l'amministrazione committente, di ponderare discrezionalmente i procedimenti penali pregressi e la loro idoneità come causa di esclusione, rende mendace e rilevante anche la dichiarazione omessa.

La non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto il profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici conseguenti al provvedimento emanato, indipendentemente da ogni indagine della stazione appaltante sulla gravità o meno della circostanza omessa e dal fatto che l'impresa meriti "sostanzialmente" di partecipare alla gara.

Una dichiarazione non veritiera, al di là dell'elemento soggettivo e, quindi, dell'assenza di coscienza o volontà, da parte dell'interessato, dell'omissione dichiarativa, deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi tutelati dalla norma.

Concludono i giudici di Palazzo Spada che «non è corretta la pretesa di distinguere concettualmente l'impresa (in quanto tale un'entità puramente giuridica) dai soggetti (…) per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera». Infatti la lettura sistematica dell'articolo 80 e delle linee guida Anac n. 6/2016 induce a dare rilevanza, anche alle condotte dei membri degli organi societari con funzioni apicali , perchè il loro vissuto professionale traccia il comportamento dell'impresa sul mercato.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 70/2020

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