Il conflitto d'interessi generico non invalida la delibera
Gli amministratori sono tenuti ad astenersi dal votare atti che riguardano interessi propri o di parenti e affini sino al quarto grado
La normativa degli enti locali sancisce l'obbligo per gli amministratori di astenersi dal prendere parte alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di parenti e affini sino al quarto grado. I soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi collegiali di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione; potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare. L'obbligo di astensione è espressione di una regola generale e inderogabile, di ordine pubblico, applicabile quindi anche al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge. Tuttavia – ha chiarito il Consiglio di Stato (sentenza n. 7977/2022) - se manca una correlazione immediata e diretta, obiettivamente apprezzabile, tra il contenuto della deliberazione e gli interessi degli amministratori comunali, non risultano elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un conflitto di interessi reale o potenziale. E ciò vale soprattutto in contesti locali piccoli, prevalenti nel nostro Paese, laddove è evenienza assai frequente che gli amministratori locali abbiano un qualche generico interesse nelle vicende sulle quali sono chiamati a deliberare.
L'obbligo di astensione ricorre per il solo fatto che i membri del collegio siano portatori di interessi divergenti rispetto a quello affidato alle cure dell'organo di cui fanno parte. Risultando irrilevante la circostanza che la votazione non avrebbe potuto avere altro esito; che la scelta sia stata in concreto la più utile e opportuna per lo stesso interesse pubblico; che non sia stato dimostrato il fine specifico di realizzare l'interesse privato o il concreto pregiudizio dell'amministrazione. L'imparzialità dei pubblici funzionari è infatti un presupposto fondamentale dell'ordinamento affermato dalla Costituzione con riguardo al principio di esclusività del servizio dei pubblici impiegati e sull'adempimento delle funzioni pubbliche con disciplina e onore.
L'atto assunto in violazione dell'obbligo di astensione è annullabile tutto e non solo per la parte che riguardi il componente incompatibile. Il conflitto di interessi rileva anche a tutela dell'immagine dell'amministrazione. In tale contesto va però considerato che non sono sufficienti prospettazioni ipotetiche. In contesti locali piccoli dove interessi degli amministratori possono coincidere con quelli perseguiti con l'atto deliberativo, esigenze di carattere pratico richiedono una correlazione non generica con l'interesse in conflitto.