Il contabile «di fatto» risponde sempre del danno arrecato all'ente per non aver agito con diligenza
Risponde per danno patrimoniale diretto, non patrimoniale all'immagine pubblica e da disservizio
Il dipendente pubblico che in assenza di una formale nomina svolge le funzioni di agente contabile non può sottrarsi ai medesimi obblighi e adempimenti di chi riveste, perché ufficialmente nominato, lo stesso ruolo. Tale circostanza si rinviene nell'articolo 93 del Tuel in base al quale coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti agli agenti contabili devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti. Ne discende che anche per il contabile «di fatto» è richiesto il medesimo grado di diligenza nella gestione del pubblico danaro dovuto dall'agente contabile regolarmente nominato. La violazione di questo obbligo può determinare la contestazione, accanto alle altre responsabilità (disciplinari ed eventualmente penali), dei seguenti tre tipi di danno erariale. Un primo, riferito al danno patrimoniale diretto; un secondo relativo al danno non patrimoniale all'immagine pubblica. Un terzo che riguarda il danno patrimoniale da disservizio.
È quanto emerge dalla sentenza n. 2 del 14 gennaio 2022 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, relativa alla condanna di un istruttore amministrativo addetto alla gestione dei servizi scolastici che pur non avendo la qualifica di agente contabile attestava pagamenti per i servizi risultati poi non effettivamente versati. A seguito di una ulteriore attività istruttoria veniva accertato che le condotte, modulate in relazione alle diverse modalità di esecuzione degli specifici pagamenti, sarebbero state tenute inserendo nell'estratto conto presente sul programma informatico i versamenti.
Dal punto di vista processuale le conseguenze sono state queste. Da una parte la contestazione del danno patrimoniale, ossia il danno ingiusto che ha colpito direttamente la sfera economico-patrimoniale dell'ente danneggiato. Il danno patrimoniale è stato quantificato sulla base delle risultanze presenti negli archivi informativi dell'agente della riscossione. In particolare, è stato possibile ricostruire, anche in via induttiva, l'ammontare complessivo dei versamenti irregolarmente dichiarati come effettuati e più compiutamente quantificati rispetto alla notizia di illecito erariale originariamente trasmessa.
Dall'altro lato, vi è stata la contestazione del danno reputazionale (o danno all'immagine) che rientra nella categoria del danno non patrimoniale (articolo 2059 del codice civile ) che secondo la regola generale del codice civile deve essere valutato in via equitativa dal giudice. La Procura erariale, al riguardo, dopo aver evidenziato l'esistenza di un clamor fori, comprovato da articoli sulla stampa locale e da un servizio televisivo su emittente, del pari, locale, lo ha determinato sulla base dei criteri oggettivi e soggettivi seguendo i canoni tradizionalmente applicati nella giurisprudenza contabile.
Infine, la Procura erariale ha agito anche per il risarcimento del danno patrimoniale da disservizio, in relazione alle retribuzioni percepite, ritenute in parte indebitamente versate per il periodo in cui il dipendente pubblico ha tenuto una condotta illecita, in forza dell'interruzione del nesso sinallagmatico determinato dalla distrazione delle energie lavorative. Il ristoro è stato calcolato in via equitativa nel dieci per cento della retribuzione percepita nel periodo interessato dalla condotta illecita