Personale

Doppio adeguamento per il fondo delle risorse decentrate

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di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Cambia il regime assunzionale nei Comuni e, come al solito, inizia la via crucis della corretta applicazione delle relative disposizioni, tra poche certezze e, in compenso, molte incognite interpretative.
Il tutto prende le mosse dall’art. 33, comma 2, Dl 34/2019, il quale introduce nuove disposizioni in materia di assunzioni presso le amministrazioni comunali, disponendo, al riguardo, che il limite al trattamento accessorio del personale previsto dall’art. 23, comma 2, Dlgs 75/2017, debba essere adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro-capite, riferito all'anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa, prendendo a riferimento, come base di calcolo, il personale in servizio al 31 dicembre 2018, nonché, successivamente, le premesse del relativo Dpcm attuativo 17.3.2020, nel fornire le corrispondenti istruzioni applicative, si curano di specificare che, attesa la necessità di adeguamento del fondo risorse decentrate, il limite iniziale del fondo calcolato con riferimento al 2018 è salvato, nella sua entità, qualora il personale in servizio risulti inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018.
Tale combinato di dettati normativi entra in vigore il 20 aprile 2020, termine iniziale degli effetti giuridici prodotti dalle norme specificamente indicato dall’art. 1, comma 2, del predetto Dpcm, il quale, infatti, testualmente afferma che le disposizioni introdotte dallo stesso decreto e quelle conseguenti in materia di trattamento economico accessorio del personale dipendente contenute all'art. 33, comma 2, Dl 34/2019, come sopra riportate, si applicano ai comuni con decorrenza dal 20 aprile 2020.
L’associazione normativa di cui sopra, nella sua scarna portata prescrittiva, sta originando, quindi, notevoli incertezze nella fase pratico-applicativa delle disposizioni dettate dalle ridette norme, che, al momento, possono ricondursi alle seguenti tre fattispecie:
- le modalità di calcolo dell’adeguamento del fondo risorse decentrate
- le modalità di determinazione dell’adattamento delle risorse destinate al finanziamento delle posizioni organizzative
- l’applicazione dell’allineamento al personale con qualifica dirigenziale.
Per quanto attiene alla prima delle questioni sopra indicate, l’adeguamento del fondo risorse decentrate, deve ritenersi effettuato sul totale delle risorse stabili e variabili appostate sul fondo relativo all’esercizio 2018, ovviamente considerate nella loro effettiva integrità, con l’applicazione, quindi, a regime, dei miglioramenti economici contrattuali e degli effetti da questi prodotti a seguito dell’entrata in vigore, nel corso del 2018, del rinnovo contrattuale 21.5.2018.
Il dato contabile, pertanto, non appare sufficiente per operare il calcolo corretto della dimensione delle risorse economiche da assumere a base di computo, in quanto occorrerà integrare tale dato con gli effetti di trascinamento a regime che il Ccnl 21.5.2018 ha prodotto con ricadute automatiche sul 2019, con particolare riferimento: al riallineamento delle progressioni orizzontali di cui all’art. 67, comma 2, let. b), del citato Ccnl , alla determinazione, a regime, dell’incremento prescritto dalla let. a) del citato art. 67, comma 2, dello stesso contratto con effetti dal 31.12.2018, ed, ancora, alle eventuali integrazioni del fondo avvenute, nel corso del 2018, a seguito di trasferimento di personale ai sensi della let. e), del ridetto comma 2 dell’art. 67, trattandosi, infatti, di componenti economiche le cui manifestazioni finanziarie, ancorché integralmente realizzatesi con effetti sul fondo 2019, in realtà sono già definitivamente acquisite al fondo risorse decentrate nel corso del 2018 e, pertanto, rientrano, a pieno titolo, nella misura del fondo stesso da adottare a fondamento di calcolo delle integrazioni qui considerate.
Sulla base dell’entità complessiva del fondo riferito al 2018, quindi, occorrerà determinare il valore medio pro-capite, ottenuto dividendo il valore complessivo del fondo 2018, definito come sopra indicato, per il numero dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed a tempo determinato - atteso che, per quanto attiene a tale ultima fattispecie, il fondo finanzia anche il trattamento economico accessorio del personale assunto a tempo determinato ed in assenza di specificazioni di segno opposto espressamente indicate dalle norme qui considerate - in servizio al 31 dicembre 2018. Tale quota media pro-capite, inoltre, deve essere computata rispettando, opportunamente, le proporzioni risultanti dalla sommatoria delle due partizioni del fondo riferite al 2018, cioè parte stabile e parte variabile delle risorse allocate sul relativo fondo.
Se, pertanto, nel 2018, si disponeva di un valore pari a 100 di risorse stabili e di un ulteriore valore pari a 25 di risorse variabili, per un totale complessivo del fondo 2018 pari ad un valore aggregato di 125, e la quota media pro-capite, calcolata sulla base del fondo complessivamente considerato del 2018 (pari a 125), risultasse di un valore pari a 6, il valore di 6 della quota media pro-capite così calcolata sul coacervo delle risorse (stabili e variabili) allocate sul fondo 2018, dovrà essere riproporzionato per rispettare il rapporto tra risorse stabili e variabili rilevato nel 2018, ovvero le stabili incideranno per l’80% (100/125) e le variabili per il restante 20% (25/125), per cui, nel caso esemplificato, l’incremento dovrà essere distribuito in modo tale da rispettare la proporzione tra le risorse stabili e variabili, ovvero, secondo il riportato esempio, il valore pro-capite pari a 4,8 quale integrazione a valere sulle risorse stabili ed il valore pro-capite pari a 1,2 quale incremento a valere sulle risorse variabili.
Tale scissione proporzionale degli incrementi da apportare al fondo, infatti, consentirà, alle amministrazioni, di scongiurare il rischio di un erroneo consolidamento di risorse variabili ad incremento di quelle stabili, che un calcolo complessivo ed indistinto delle risorse presenti sul fondo sarebbe in grado di produrre ad indebito beneficio della parte stabile, evitando, in tal modo, il rischio di stabilizzazione di risorse variabili che, in quanto tali, non possono certamente integrare la parte stabile del fondo.
Tale incremento complessivo a valere su entrambe le partizioni di composizione del fondo, tuttavia, opera sempre ammettendo che l’ente abbia necessità di integrare le risorse variabili nei limiti della relativa componente del valore medio pro-capite, diversamente, laddove non vi fosse alcuna esigenza incrementale di risorse a tale titolo, l’integrazione di che trattasi potrà essere limitata esclusivamente alle risorse stabili, atteso che le risorse variabili sono configurate, dal sistema contrattuale, alla stregua di un fabbisogno eventuale e non obbligatorio di ricorso ad ulteriori risorse economiche rispetto a quelle già presenti nella parte stabile del fondo e non, invece, quale mero automatismo di riporto, circostanza che, infatti, caratterizza le sole risorse stabili.
Va da sé, in ogni caso, che la parte variabile riferita alla quota media pro-capite d’incremento del fondo (pari ad 1,2 nell’esempio riportato) potrà essere prevista ed utilizzata, dall’amministrazione, solamente in applicazione delle vigenti disposizioni contrattuali, che, invero, non sono certamente superate dal meccanismo normativo d’adeguamento del fondo stesso e che, pertanto, proseguono a produrre i propri effetti integrativi, in applicazione, in particolare, delle ipotesi d’implementazione previste dall’art. 67, commi 3, 4 e 5, del Ccnl 21.5.2018, per le componenti non sterilizzate ai fini dell’osservanza dei limiti del fondo.
A tal riguardo, infatti, occorre osservare che l’entità delle componenti da assumere nel calcolo delle risorse stabili e variabili, per le finalità che qui interessano, deve risultare determinata al netto delle poste neutralizzate ai fini del rispetto del limite del fondo 2016 che, comunque, pur riferito, ora, al 2018, è da intendersi come ancora operante e presidiato sulla base delle disposizioni e degli orientamenti ad oggi ancora vigenti ed attuali.
È da presumere, altresì, che il calcolo del personale in servizio ai fini della determinazione della quota media pro-capite debba essere effettuato escludendo il numero di personale titolare di posizione organizzativa, il quale, infatti, viene assunto nell’ambito di una diversa dinamica di calcolo dell’integrazione delle risorse appostate a bilancio, non fondata sulla quota media pro-capite di trattamento accessorio, come genericamente previsto per il restante personale, bensì, conformemente a quanto espressamente previsto dalla fonte normativa, basata sull’invarianza delle risorse economiche destinate alla remunerazione dei relativi incarichi, che dà luogo, pertanto, ad una diversa formula definitoria
Si è già osservato, in precedenti contributi, che il metodo di determinazione dell’effettivo incremento del fondo che si ritiene maggiormente coerente con l’assunto introdotto dalle norme, sia il sistema pro-quota, che vede l’incremento del fondo per la parte di valore della quota media pro-capite, come sopra determinata, inerente ai mesi di servizio che, nell’anno, sono prestati per effetto dell’assunzione incrementale interessata rispetto al personale in servizio al 31.12.2018; valore pro-quota che, effettuata nell’anno di realizzazione dell’incremento del numero di personale e riproporzionata per il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale, andrà a regime l’anno successivo, allorquando l’integrazione pro-quota dovrà essere estesa ai 12 dodicesimi dell’intera annualità.
Tale metodo di incremento, infatti, non solo consente di adattare l’assetto economico dello strumento di finanziamento del salario accessorio all’effettivo bisogno incrementale di risorse a fronte dell’aumento di personale rispetto a quello in servizio al 31.12.2018, bensì consente, ancor più, di decrementare il valore pro-quota del fondo al momento della riduzione di personale per cessazione, a qualsiasi titolo, dal servizio, posto che l’allineamento del fondo rappresenta una misura ad effetti dinamici, operando sia in linea incrementale, laddove il numero di personale sia maggiore rispetto al limite indicato dalla norma, sia, per converso, allorquando il numero di personale si riduca per effetto di cessazioni, sino all’inderogabile limite minimo costituito dalla dimensione del fondo calcolata con riferimento all’anno 2018.
Così, ad esempio, se nel 2021 l’amministrazione aumenta il numero di personale di due unità rispetto a quello in servizio alla data del 31.12.2018, dovrà integrare il fondo, riprendendo l’esempio di cui sopra, di un valore complessivo, assumendo, per semplificare, il totale delle risorse (stabili e variabili), di un valore pari a 12 (integrazione del valore corrispondente alla quota media pro-capite di 6 moltiplicato per le due unità) , mentre, ove, sempre nel corso del 2021, la stessa amministrazione dovesse subire una riduzione di una sola unità per cessazione dal servizio (a seguito di pensionamento, mobilità esterna, ed altre cause ancora) rispetto al predetto incremento, dovrà nuovamente intervenire sul fondo riducendolo del valore medio pro-capite relativo al periodo di cessazione e, dall’anno successivo, per l’intera annualità.
Ove, poi, la cessazione dal servizio riguardasse non una, ma tre unità di personale, in tal caso la previsione di garanzia sul minimo quantitativo finanziario del fondo recata dalle premesse del Dpcm 17.3.2020 produrrebbe i propri effetti, non consentendo un decremento del fondo oltre il limite del dimensionamento dello stesso calcolato con riferimento al 2018. Ciò sta ad indicare, pertanto, che la gestione del fondo risorse decentrate dovrà essere, necessariamente, dal 20 aprile del corrente anno, costantemente presidiata in termini di controllo della sua estensione in funzione del mutamento dell’entità del personale in servizio, al fine di consentire quel riallineamento adeguativo che il richiamato sistema normativo ha congegnato.
Tanto, quindi, per la gioia di tutti gli operatori delle risorse umane che, in tal modo, saranno chiamati ad impostare e ad operare ulteriori monitoraggi e puntuali controlli sullo stato di attuazione delle disposizioni normative, alla chiara insegna della semplificazione della gestione di questo istituto. Proprio per tale ragione, quindi, si suggerisce di impostare lo schema di costituzione del fondo in modo giuridicamente corretto, da un lato, e, dall’altro lato, con modalità che consentano un opportuno snellimento ed un doveroso e chiaro controllo delle dinamiche di composizione del fondo stesso. A tal fine, premesso che il fondo deve essere concretamente implementato delle risorse economiche necessarie al finanziamento del maggior bisogno di salario accessorio a seguito dell’aumento del numero di personale in servizio, posto che tale previsione finanziaria appare imprescindibile in ragione dei chiari presupposti che governano l’applicazione dell’istituto, si ritiene che il flusso integrativo del fondo al presente titolo debba essere inserito, per ragioni di utilità funzionale, anche in relazione alla verifica del rispetto dei permanenti limiti di spesa, in corrispondenza di un’apposita linea di composizione relativa sia alle risorse stabili che, all’occorrenza, come visto, alle risorse variabili, con eventuale rubricazione: “Adeguamento risorse parte stabile (o variabile) ai sensi dell’art. 33, comma 2, del Dl 34/2019”.
Tale autonoma previsione descrittiva del flusso di costituzione del fondo, infatti, consentirà, all’amministrazione, di gestire, al meglio ed in modo più razionale, la dinamica d’incremento/decremento del fondo, assecondando lo sviluppo del suo adattamento all’entità del personale in servizio e conservando immutato lo zoccolo di base dello stesso, costituito dal suo dimensionamento immodificabile calcolato con riferimento all’anno 2018.

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