Urbanistica

Illegittimo negare la verifica della compatibilità paesaggistica della tettoia

Il Tar Salerno ricorda che questo intervento produce una superficie accessoria e non una superficie utile e occorre valutare l'impatto sul paesaggio caso per caso, anche in base alle dimensioni

di Massimo Frontera

In adiacenza alla sua casa di Amalfi un residente ha realizzato due tettoie di modesta dimensione, chiedendo poi al comune di avviare il procedimento di autorizzazione postuma paesaggistica. Il rifiuto dell'Ente locale è stato impugnato al Tar Campania (Salerno) dall'interessato. Il Tar ha accolto il ricorso (dopo avere precedentemente accolto l'istanza cautelare contro l'ordinanza comunale di rimessa in pristino).

I giudici della II Sezione del Tribunale amministrativo - con la sentenza n.654/2023 pubblicata il 22 marzo scorso, hanno prima di tutto ricordato che la tettoia produce una superficie accessoria e non una superficie utile. Solo nel secondo caso - stando alle definizioni del regolamento edilizio unico nazionale del 2016 - viene prodotta una volumetria, un carico urbanistico ed è dunque necessario un titolo edilizio. Nel primo caso invece si resta nel campo dell'edilizia libera. Tale premessa serve ai giudici per inquadrare la vicenda - e l'opera oggetto del contenzioso - esclusivamente sotto il profilo edilizio, per poi spostarsi sul piano paesaggistico. Diversa è invece la valutazione paesaggistica, perché alcuni interventi edilizi inquadrati come opere accessorie, potrebbero comunque incidere sul paesaggio. Tale eventuale incidenza va dunque valutata da parte della Soprintendenza. Pertanto, concludono i giudici, il diniego del comune sull'accertamento della compatibilità paesaggistica è illegittimo.

Il giudici del Tar dichiarano di aderire in pieno all'orientamento del Consiglio di Stato, il quale (con la sentenza n.3352/2021) ha ricordato che il codice dei beni culturali (articolo 167) «ha riguardo, quale causa generale ostativa alla sanatoria alle sole superfici utili, considerato che tali superfici escludono quelle accessorie»; e pertanto «deve ritenersi che l'ampliamento di superfici accessorie esterne (qualificabili come balconi o ballatoi o terrazze), sebbene sussumibili sotto la nozione di superfici utili lorde ai sensi di quanto previsto dalla normativa urbanistica comunale citata, non integrava gli estremi della superficie utile ai sensi dell'art. 167 D. Lgs. n. 42 del 2004, non potendo, dunque, ritenersi di per sé come ostativo all'avvio del procedimento di autorizzazione postuma paesaggistica, comunque necessario facendosi questione di opere comportanti un mutamento dello stato dei luoghi esterni, in relazione alle quali occorre, dunque, verificare la sua compatibilità con i valori paesaggistici espressi dall'area in cui l'intervento edilizio è stato realizzato».

Tornando alla vicenda specifica, i giudici del Tar concludono che «le opere in contestazione, per le quali si nega la sanatoria, sono certamente di modesta entità ed hanno natura accessoria, e, come tali, non sono incluse dal glossario tra le superfici utili. Già, peraltro, in sede cautelare, si è rimarcato che per queste tipologie di opere non opera il divieto automatico di sanatoria, ma occorre sempre una valutazione in concreto del merito paesaggistico».

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