Urbanistica

Immobili, non basta l'autocertificazione per interventi di frazionamento e cambio di destinazione

Il Tar Sardegna sposa la tesi del Comune che aveva bocciato la possibilità di procedere con una dichiarazione unica a zero giorni

di Davide Madeddu

Per il frazionamento di un edificio con conseguente cambio di destinazione d'uso da commerciale a residenziale non si può procedere con un'autocertificazione (ossia una semplice Dua a zero giorni) «ma ci deve essere un adeguato titolo edilizio (Dua a 30 giorni)» previa corresponsione degli oneri connessi. È quanto ha stabilito, con la sentenza n. 705/2021, il Tar di Cagliari.

La vicenda riguarda il ricorso presentato dal proprietario di un immobile (di dimensioni inferiori ai 500 metri quadrati) adibito ad attività commerciale. La Dua, prevista in Sardegna dalla normativa regionale del 2016 fa parte del pacchetto delle procedure (autocertificazione a zero giorni, autocertificazione a 20 giorni, conferenza di servizi, sanatoria) previste dal Suape (lo sportello unico per le attività produttive per l'edilizia istituito dalla Regione nel 2016) cui si rivolgono professionisti e cittadini che devono svolgere attività edilizia. Procedimenti assimilabili alla Cila e alla Scia.

Nel luglio del 2020 il proprietario, attraverso un tecnico di fiducia, presenta all'ufficio una Dua (Dichiarazione Unica Abilitativa), a zero giorni e senza oneri, «avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso dell'immobile (da commerciale a residenziale) non rilevante ai fini urbanistici all'interno della categoria funzionale "residenziale, compresi servizi connessi", e frazionamento con opere non modificanti la sagoma dell'unità immobiliare».

Poco meno di venti giorni più avanti il Comune rende noti al proprietario i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta. Per il Comune il cambio di destinazione d'uso richiesto è di «tipo "verticale" e non "orizzontale", giacché implicante una variazione di categoria funzionale urbanisticamente rilevante, da "commerciale" a "residenziale, compresi i servizi strettamente connessi alla residenza"». Da questo il Comune fa «discendere la richiesta di oneri concessori (che in caso di cambio di destinazione d'uso orizzontale non sono dovuti), nonché altri adempimenti».

Dopo le osservazioni del proprietario, il provvedimento dell'amministrazione comunale. Quindi il ricorso in Comune poi al Tar che, dopo aver respinto l'istanza cautelare di sospensione proposta dal ricorrente, si pronuncia il 15 settembre. Per il Comune l'immobile non ha la destinazione urbanistica di «servizi strettamente connessi alla residenza» ma ha una destinazione commerciale, con la conseguenza che il ricorrente non può procedere al mutamento di destinazione d'uso richiesto e alla trasformazione dell'immobile commerciale in due unità abitative con una semplice Dua a zero giorni.

Il mutamento di destinazione d'uso «deve considerarsi di tipo verticale e non orizzontale avendo l'immobile di proprietà del ricorrente una (precedente) destinazione d'uso "commerciale" (anche se con una superficie di 395mq, inferiore ai 500 mq)». Una lettura che il Tribunale ritiene corretta. I giudici rimarcano anche che in sede cautelare era stato ricordato che «la destinazione d'uso di un immobile è quella impressa dal titolo edilizio in base al quale lo stesso è stato realizzato" (nella specie "direzionale, commerciale e sociosanitaria")». E inoltre «ogni mutamento di destinazione d'uso di tipo verticale (come nella specie, da "commerciale" a "residenziale, compresi i servizi strettamente connessi alla residenza") richiede necessariamente un adeguato titolo edilizio (come indicato dall'amministrazione, una Dichiarazione Unica Autocertificativa a 30 giorni), previa corresponsione degli oneri connessi».

I giudici sottolineano anche che «un'automatica trasformazione della qualificazione urbanistica degli immobili potenzialmente interessati dalla novità normativa non si può peraltro ricavare nemmeno in via interpretativa anche perché si porrebbe in aperto contrasto con il complesso delle vigenti disposizioni di carattere urbanistico e con gli strumenti di pianificazione urbanistica». Questo perché «gli strumenti di pianificazione urbanistica prevedono per un determinato territorio la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e di servizi (scuole, ospedali etc.) che sono evidentemente tarati sulle necessità delle diverse aree nelle quali il territorio comunale è articolato, sulle destinazioni ad esse impresse e sui rapporti fra i diversi insediamenti residenziali, commerciali, artigianali o diversi».

Risultato? «Il provvedimento di diniego deve ritenersi corretto poiché, stante la destinazione impressa dal titolo edilizio in base al quale è stato realizzato l'immobile, il mutamento di destinazione d'uso richiesto dal ricorrente è di tipo verticale e non poteva essere oggetto di una Dua a 0 giorni». Con la conseguenza che «non si può escludere che la conversione comporti l'obbligo di corrispondere al Comune il contributo di costruzione qualora la nuova destinazione sia idonea a determinare un aumento quantitativo e/o qualitativo del carico urbanistico della zona, inteso come rapporto tra insediamenti e servizi che aveva trovato un determinato livello di soddisfacimento con l'atto edilizio originario».

Non è tutto. I magistrati amministrativi sottolineano che «la disciplina urbanistica, si fonda, infatti, sulla necessità di consentire un ordinato ed equilibrato sviluppo edilizio delle aree urbane e non può ritenersi superata da disposizioni come quella di cui all'art. 11, comma 1, della L.r. n. 23/1985, nel testo introdotto dalla legge regionale n. 8 del 2015. Tali nuove disposizioni non possono, infatti, essere interpretate, come ritiene il ricorrente, nel senso che un immobile – possedendone i requisiti - muterebbe "automaticamente" destinazione d'uso, passando da quella "commerciale", impressa dal titolo edilizio, a quella "residenziale - servizi strettamente connessi alla residenza"». Per il Tar la « Dua a zero giorni, che era stata presentata dal ricorrente, appare un titolo comunque inidoneo a legittimare l'intervento, perché riguardante non solo il mutamento di destinazione d'uso ma anche il frazionamento dell'immobile (già a destinazione commerciale) con opere, e quindi un intervento verosimilmente inquadrabile in una ristrutturazione di tipo pesante che non appare realizzabile con una Dua a zero giorni». Ricorso respinto, spese compensate.

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