Infrastrutture, bene i commissari ma servono interventi anche su caro-materiali e credito
INTERVENTO. Sarebbe un controsenso preoccuparsi di far partire nuovi cantieri e non consentire a quelli in corso di avanzare con regolarità
Salutiamo favorevolmente il parto definitivo della lista delle 57 opere, per 150 lotti, e dei 29 Commissari che dovrebbero far atterrare risorse per 83 miliardi. Dovremmo aprire 20 cantieri nel 2021, 50 cantieri nel 2022, 37 cantieri nel 2023 e via procedendo con un picco della produzione che dovrebbe raggiungersi nel 2025/2026. Per i lavori di competenza di Rfi ed Anas è prevista una occupazione media annua nel decennio di oltre 68.000 unità.
Ottimo era ora!
Il Paese aspettava questo giorno sin dal Decreto Sblocca cantieri dell'estate 2019, sono tutte opere strategiche per l'ammodernamento sostenibile del Paese e di cui avevamo bisogno da anni. Dai macro dati esposti emerge che il lotto medio dei lavori è di circa 550.000.000 e che vi sarà una sinergia tra risorse provenienti dal Recovery e risorse interne, con le prime che fungeranno da volano alle seconde.
Il ruolo ed i compiti dei Commissari sono strettamente connessi, per la scelta delle opere, alle disponibilità che avremo dal Recovery, per lo meno nella fase iniziale.
Come Ance auspichiamo che il dosaggio tra risorse aggiuntive e risorse sostitutive privilegi sempre gli investimenti, in qualsiasi settore il Governo lo ritenga opportuno, perché solo così potrà ripartire il Pil ed abbattere il debito pubblico.
Ci auguriamo, come Ance, che l'importo dei lavori dei vari interventi, tutti caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, non sia affetto da uno sfrenato gigantismo regalando, di fatto, questi lavori a 5/6 operatori e relegando tutto il resto del settore al ruolo di subappaltatori e cottimisti; laddove compatibile pretendiamo che le previsioni europee dello «small business act» vengano effettivamente rispettate e che comunque il decisore pubblico si faccia garante di un equilibrato sviluppo del Paese come è avvenuto in occasione della ricostruzione post-bellica.
In questo breve tempo che manca alla presentazione definitiva in Europa del nostro Pnrr, come Ance avanziamo alcuni suggerimenti, dettati dalla esperienza di tutti i giorni sul campo, affinché nessuna energia per la ripresa del Paese vada persa o impiegata disutilmente.
Nelle schede che costituiranno il Pnrr riteniamo essenziale che siano contemplate anche opere di messa in sicurezza e manutenzione del territorio in aderenza a quanto esaurientemente rappresentato dal ministro Giovannini nella audizione in Parlamento di metà marzo.
Il Paese dopo anni di noncuranza necessita sia di opere complesse (straordinarie) che di opere di salvaguardia del patrimonio esistente (ordinarie); con i Commissari si fornisce una risposta alle prime ma il Pnrr deve contemplare anche la risposta alle seconde. Ambedue, anche se in maniera diversa, sono strategiche.
Mentre le prime potranno atterrare con il coinvolgimento delle grandi stazioni appaltanti centrali le seconde potranno diventare operative con il coinvolgimento dei territori ed avendo una minore complessità progettuale potranno più facilmente raggiungere l'obiettivo temporale. Come detto, il treno dei Commissari necessiterà di qualche anno per raggiungere la velocità di punta ipotizzata dal Governo, nel frattempo dobbiamo preoccuparci di farci trovare pronti per ripartire nei prossimi mesi.
Ci sono alcuni temi, già portati alla attenzione del Governo, che rivestono altrettanta importanza e che necessitano di risposte immediate altrimenti non ci sarà nessuna classe imprenditoriale pronta ad affrontare le sfide ambiziose dei prossimi tempi.
Si badi bene sono temi trasversali a tutte le dimensioni di imprese perché affliggono tutti senza distinzione di censo e/o azionariato. Tra le tante in primis serve una risposta al problema del "caro prezzi" che ha già determinato, e determinerà sempre più nelle prossime settimane, non solo un blocco delle forniture.
Serve oggi, come già avvenuto in condizioni analoghe nel 2008, un provvedimento che fornisca una risposta, al recente (eccezionale) impazzimento dei prezzi.
Deve essere un provvedimento privo di bizantinismi che metta a disposizione, nelle situazioni scrupolosamente accertate, le risorse per il riequilibrio del sinallagma contrattuale. Le imprese sono afflitte dal «credit crunch» e, senza chiedere prestiti, vorrebbero avere la disponibilità delle proprie risorse che una strabica regolamentazione dello "split payment" gli nega. Tutte le forze politiche si sono espresse concordemente sulla iniquità di questa previsione: bene, sarebbe ora di metterci mano.
Una previsione del decreto Semplificazioni (articolo 8) imponeva alle stazioni appaltanti di aprire i cantieri relativi a tutte le procedure di gara che ante pandemia avevano visto gli operatori economici formulare le relative offerte. Con la crisi pandemica, ed il conseguente ricorso allo smart working, queste procedure sono state "congelate", senza concludersi con la individuazione di un aggiudicatario.
Sono gare per un controvalore economico di quasi due miliardi che, non di poco conto, sono state bandite nel pieno delle massime garanzie sia sotto il profilo della pubblicità che della trasparenza, senza ricorre ad alcuna "procedura di urgenza" e norme eccezionali.
Tutte queste gare non solo hanno già copertura finanziaria - perché altrimenti non avrebbero potuto essere bandite- ma, in attesa della aggiudicazione, tengono fermi tutti gli impegni fideiussori delle imprese partecipanti che continuano a rimanere vincolati finché la stazione appaltante non procederà alla definitiva aggiudicazione. È possibile che, in una fase dove la priorità è da tutti individuata nella ripresa economica con la occupazione di manodopera (che non dovrà così fare affidamento su alcuna forma di sussidio a carico della collettività) nessuno si sia fatto carico di verificare se le previsioni ex articolo 8 comma 2 e 3 abbiano avuto attuazione?
Lo stallo, sopra ricordato, blocca rilevanti affidamenti (castelletti) incidendo ulteriormente sulla autonomia delle imprese.
Occorre inoltre , oggi più che mai, un provvedimento che ridetermini il quadro della garanzie delle obbligazioni contrattuali per renderlo più aderente ai tempi che viviamo.
Si chiede, giustamente, al settore sempre maggiore professionalità, continuando però di questo passo saranno le disponibilità finanziarie (che nulla centrano con il cantiere) a determinare gli affidamenti; è un controsenso che apre peraltro la porta a fenomeni distorsivi pericolosi.
I temi sopra accennati necessitano di una risposta oggi non domani, si rischia di accentuare una spirale di default e blocco dei lavori di cui forse non ci si rende puntualmente conto.
Costituirebbe un controsenso preoccuparsi di far partire nuovi cantieri e non consentire a quelli in corso di avanzare con regolarità.
Vorremmo uscire come Ance dai canoni retorici caratterizzati dal semplicismo e dalla iperbole e parlare con una elementarità dettata dai sacrifici compiuti in questi anni, assieme alla nostra gente, per continuare a rimanere operativi senza aiuti da parte di alcuno ma facendo affidamento esclusivamente sulle nostre forze.
Non ci appassiona, perché non vera, la diatriba tra grandi imprese da una parte e piccole e medie imprese dall'altra, ogni imprenditore è tale proprio perché rischia quotidianamente il proprio patrimonio per mandare avanti la sua struttura. Continuare ad affrontare il nuovo mondo che si sta delineando post covid con gli stessi archetipi di prima ci sembra qualunquistico, perché riduttivo, e testimonianza di inadeguatezza o di mala fede.
Dobbiamo ricostruire un Paese, una società interpretando lo stesso spirito con cui i nostri Padri hanno, nella seconda metà del secolo scorso, fatto rinascere l'Italia.
Oggi, come allora, svolga la mano pubblica un ruolo di indirizzo e di arbitro senza giocare alcuna partita che altrimenti risulterebbe falsata a vantaggio di pochi eletti.
Se non ricorressero queste due pre condizioni saremo inevitabilmente costretti ad una definitiva posizione di retroguardia; Domineddio non voglia.