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Investimenti, il rischio-cassa: «Per evitare il flop serve una spesa di 50 miliardi nel 2021»

Intervento. Non serve correre dietro a progetti incompatibili con i tempi Recovery: mandiamo in gara i lavori con un avanzato stato progettuale

di Edoardo Bianchi (*)

L'altro giorno in tutti i Tg della sera è stato dato ampio risalto alla tragica notizia della chiusura dello stabilimento Whirpool di Napoli con la perdita del posto di lavoro per circa 400 lavoratori. Un dramma di proporzioni immani.

Vorrei ricordare a tutti che negli ultimi 10 anni nel settore della edilizia abbiamo assistito alla chiusura, in termini di perdita del posto di lavoro, di tre Whirpool a settimana in ognuna delle 520 settimane degli ultimi 120 mesi. Negli ultimi 10 anni abbiamo perso circa 600.000 uomini, abbiamo cioè lasciato per strada l'equivalente di 1.560 Whirpool in termini di lavoratori!

Nonostante questi dati fossero già rappresentativi di un pluriennale stato comatoso del settore, abbiamo dovuto registrare la fermata Covid di marzo e la possibile nuova contrazione determinata dalla attuale evoluzione della pandemia.
Fino ad oggi abbiamo retto l'urto della pandemia con l'impegno civico ed il senso di responsabilità di tutti. Anche il Governo ha fatto la propria parte utilizzando, ad esempio, risorse in ragione di circa 100 miliardi di euro (in deficit) per mitigare la crisi.
Non ci affascina la esegesi se è stato fatto tutto bene o poteva essere stato fatto qualcosa di più e di meglio, è troppo facile parlare e dare consigli ex post.

Una cosa però è certa, nelle prossime settimane inizieranno a farsi sentire rilevanti problemi di cassa; non serve essere indovini.

Non è pensabile ricorrere ad un ulteriore indebitamento infatti, oltre ai 100 miliardi sin qui spesi/impegnati, nella manovra di bilancio è previsto un ulteriore deficit di 24 miliardi con lo utilizzo aggiuntivo di 15 miliardi da attingere alla quota parte di fondo perduto del Recovery. Le risorse del Recovery, atteso anche le recenti turbolenze europee, non arriveranno prima del secondo semestre 2021 e dovranno essere impiegate quanto al 70 % nel 2021/2022 e la quota rimanente entro il 2023.
In questa fase la Europa non ci chiede di stringere la cinghia risanando i conti, sebbene nel 2020 avremo un rapporto debito/pil che sfiorerà il 160%, ma certamente nei prossimi anni ci dovremo porre il problema di riportare sotto controllo quel rapporto.

Serve una efficienza straordinaria nella spesa pubblica, la attrattività e gli investimenti richiedono un contesto favorevole, per questo viene ribadita l'importanza di riforme di accompagnamento al rilancio economico e produttivo che si basino, in primis, sulla digitalizzazione e l'efficienza della Pa.
Come Ance, per il comparto delle infrastrutture e dei lavori pubblici, una cosa ci sentiamo di dirla: si è perso troppo tempo, una volta usciti dal lockdown, inseguendo chimere e falsi obiettivi quali il Piano Colao, gli Stati Generali, il Piano Italia Veloce, il Piano Nazionale delle Riforme e così via.

Gentiloni e Gualtieri nel mese di settembre, intervenendo in Parlamento, hanno fatto chiarezza anche sulle aspettative destituite di ogni fondamento che erano state a più riprese ipotizzate sull'arrivo di risorse del Recovery nel 2020 facendoci buttare altro tempo prezioso. La vecchia disinformazione è apparsa come un dibattito rigoroso tra scienziati.
Per rispettare gli impegni contrattuali assunti non solo con la Europa (vecchio programma 2014/2020 e nuovo programma 2021/2027) ma anche da parte di Anas, Ferrovie, aree metropolitane, per i lavori di edilizia scolastica, sanitaria, per il rischio idrogeologico e comunque per la messa in sicurezza del territorio e per la manutenzione dell'esistente non servono meno di 50 miliardi di euro in termini di tiraggio di cassa nel 2021.
Senza questa cassa non vi è possibilità che la economia riparta e quindi che il Pil possa assurgere a numeri in linea con le esigenze. Le risorse per investimenti servono ora non tra qualche anno.

Come Ance in tempi non sospetti abbiamo formulato proposte articolate finalizzate alla ripartenza della economia nazionale. In primis abbiamo invocato l'intervento (questo si, istituzionale) di Cdp e della Bei perché anticipassero, ora non domani, alle committenti pubbliche la quota parte di finanziamenti pluriennali previsti in bilancio.
Queste risorse debbono essere immesse nel mercato con gare ad evidenza pubblica perché non è accettabile l'attuale calo dei bandi di gara avvenuto successivamente alla conversione del decreto Semplificazioni. Meccanismi premianti debbono facilitare, nell'accesso alle risorse, quelle committenti che dimostrino di avere eseguito (rectius, contabilizzato) lavori.

Non ci dobbiamo inventare nulla, non serve correre appresso a progettualità non compatibili con i tempi della crisi e del Recovery; mandiamo in gara i lavori con un avanzato stato progettuale e quelli finalizzati alla messa in sicurezza e manutenzione del territorio.
Un conto è la prudenza e tutto altro è l'attendismo, non confondiamoli; occorrono visione e prospettiva senza rifugiarci in un continuo rinvio ad un momento successivo.
Serve un radicalismo nelle scelte, senza che questo continuo rinvio possa nascondere la calata in scena di un deux ex machina (nuova Italstat ?) già individuato da tempo che, con un intervento risolutore, possa sciogliere una situazione già obiettivamente complessa ma i cui contorni si sono ulteriormente deteriorati a causa di non decisioni e rinvii.
Siamo tutti nella stessa barca ma dobbiamo vogare nella stessa direzione, come Ance abbiamo sempre remato formulando proposte e soluzioni pratiche lontani da uno specialismo senza nerbo.

Vorremmo essere ascoltati e non solo sentiti.

(*) Vice Presidente Ance con delega ai lavori pubblici

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