Personale

Ispezioni, il datore di lavoro ha diritto a copia di verbali ed esposti dei dipendenti

Quando sia ravvisabile, quantomeno in astratto, l'utilità che intende trarre dell'acquisizione documentale

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di Pietro Alessio Palumbo

Il Tar Lazio (sentenza n. 8639/2022) ha chiarito che in caso di istanza di accesso agli atti dei procedimenti ispettivi presentata dal datore di lavoro, nel corretto bilanciamento tra i contrapposti interessi, quello alla difesa dei suoi interessi giuridici prevale rispetto alle finalità sottese alle disposizioni regolamentari interne adottate dalla singola amministrazione che prevedono la sottrazione di taluni documenti dall'accesso per tutelare la riservatezza dei dipendenti; in particolare l'identità e le dichiarazioni rese dai dipendenti in sede ispettiva allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, indebite pressioni, o ritorsioni da parte del datore di lavoro. Tutto ciò quando sia ravvisabile, quantomeno in astratto, l'utilità che il datore di lavoro intende trarre dell'acquisizione documentale in vista della tutela in giudizio di un proprio diritto o interesse.

In questo senso le necessità difensive, riconducibili ai principi tutelati in via prioritaria e fondamentale dalla Costituzione sono ritenute dal giudice romano prioritarie rispetto all'anonimato di terzi. In tal verso la disciplina tradizionale sull'accesso agli atti richiede che l'ostensione sia garantita "comunque" a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti. Il tenore letterale e la logica stessa della normativa sull'accesso agli atti impongono, in ogni caso, una attenta valutazione - da effettuare caso per caso - circa la stretta funzionalità dell'accesso alla salvaguardia di situazioni protette dalla legge; con ulteriore protezione, attraverso i limiti così imposti, degli altri interessi coinvolti, talvolta rispondenti a principi di pari rango costituzionale rispetto al diritto di difesa; con esclusione della acritica prevalenza di esigenze difensive genericamente asserite.

Nel caso posto all'esame del Tar capitolino, il ricorrente aveva correttamente motivato la propria istanza di accesso alla luce delle ragioni di difesa, considerando anche il rilevante importo delle somme di denaro contestate; facendo preciso riferimento all'esercizio del proprio diritto a sapere; e alla correlata necessità di visionare ed estrarre copia degli atti, eventualmente al fine di impugnare il verbale di accertamento notificatogli. L'orientamento del giudice romano favorevole al riconoscimento del diritto di accesso è costituito anche dal rilievo che, nonostante a prima vista i dipendenti appaiano quali soggetti deboli del rapporto lavorativo, nondimeno gli stessi hanno a loro disposizione idonei strumenti legali finalizzati a tutelarsi nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi indebitamente, e a loro danno, le dichiarazioni rese dagli stessi. Ragionando diversamente, laddove si negasse al datore di lavoro l'accesso ai documenti richiesti, si pregiudicherebbe irrimediabilmente il suo diritto di difesa. E ciò sarebbe in chiaro spregio dei principi primari per cui il diritto di difendersi in giudizio è in ogni caso inviolabile.

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