Il CommentoAmministratori

L'emergenza sanitaria impone più protagonismo ai sindaci

di Ettore Jorio

La tavola dei colori del rischio non funziona affatto. Peggio le ultime decisioni. Un arancione diffuso è rappresentativo di due fenomeni: a) l'abdicazione della politica di fronte a una (comprensibile) protesta economica dei ristoratori che urla la propria sofferenza; b) l'inadeguatezza sistemica ad affrontare un Covid-19 in netta avanzata, a causa di una campagna di vaccinazione che peggio non si poteva. Due limiti che la dicono lunga sulla inefficienza del sistema della salute a generare una efficiente macchina difensiva. Oggi emergenziale, che ha tuttavia necessità di essere strutturata. Dai vaccini che si fa fatica ad avere disponibili, alle inoculazioni che non riescono a divenire il doveroso patrimonio sociale anti-pandemia, per arrivare ad avere una assistenza territoriale inesistente che impone, oltre ogni ragionevole capienza, i posti letto ospedalieri necessari, rappresentano le cause di una ulteriore degenerazione della lotta al Coronavirus.

Si profilano istanze forti
Una preoccupazione generale nei confronti della quale, data la inadeguatezza dei preposti, esplode il dissenso tanto da suggerire la generazione di comprensibili azioni di responsabilità, non affatto campate in aria, attesi i ritardi, gli errori di ipotesi e le campagne vaccinali che fanno flop ovunque.
Invero, il sistema pubblico sta dimostrando la sua generale debolezza nei confronti della lotta alle emergenze, abdicando ai suoi doveri alla protezione civile, sino a ieri autentico riferimento contro i guai sociali, che nella vicenda sta invero dimostrando una qualche debolezza. Nel Mezzogiorno, più che altrove.

I primi cittadini devono fare un passo in avanti
Anche i sindaci, autentici baluardi dell'amministrazione pubblica di prossimità, hanno perso il loro ruolo di comprimari lottatori, per divenire oggi come interpreti dei disagi generalizzati e non delle proposte occorrenti. Dal loro doppio compito di primi cittadini, protagonisti delle amministrazioni locali, e di massime autorità sanitarie locali ci si sarebbe, francamente, aspettato un po' di più. Ma, sono sicuro, arriveranno di qui a poco a esercitare bene il loro ruolo. Oggi più di sempre, specie laddove diventa verosimile i trasferimento fuori regione degli ammalati per assoluta assenza dei posti letto.
Insomma, è tutto il sistema pubblico a dovere fornire una migliore prova di sé. Uno Stato che dovrà impegnarsi ad assicurare alle Regioni l'assistenza necessaria per fare sì che la sua competenza esclusiva di «profilassi internazionale» (Corte costituzionale n. 37/2021) rintracci ivi l'adeguata collaborazione attuativa, uniformemente e unitariamente. Le Regioni che sappiano fare il loro dovere mettendo da parte i troppo frequenti rilanci promozionali del proprio operato, ovunque discutibile, sino ad arrivare a scenografie finanche improprie. Le Città metropolitane e i Comuni da considerarsi, francamente, i grandi assenti di questa difficile guerra che colpisce e decima sensibilmente le loro collettività, ree di non avere mai preteso le giuste barriere protettive che la Repubblica non è stata capace neppure di imporre attraverso un piano pandemico, obsoleto perché fermo al 2006.

Class action al palo
In contrapposizione a ciò, si diceva, sono tanti i problemi possibili e potenzialmente destabilizzanti. Non ultimi quelli di fare partire class action ovunque e contro chiunque. Le conseguenze sarebbero notevoli: la negativa esposizione mediatica, con ricadute pesanti sulla credibilità del sistema della salute in generale, ma soprattutto il pericolo di subire decisioni amministrative e provvedimenti ordinari con a valle risarcimenti multi milionari.