Urbanistica

L'impianto sportivo diventa la carta vincente per rigenerare la città

Palazzetti, ex lidi o piscine diventano centri polifunzionali che integrano lo sport con con negozi, food e cultura

di Paola Pierotti

(Nell'immagine il Pala Alpitour di Torino)
Salute e benessere, ridisegno di città a misura d'uomo, occasioni di intergenerazionalità, attività con ricadute dirette sulla componente sociale. C'è una carta vincente per tenere insieme tutti queste sfide ed è quella dello sport. Non solo nelle grandi città o nel cuore dei centri urbani, ovunque la "prossimità" diventa occasione di riqualificazione per integrare negozi, attività culturali e servizi. E gli impianti sportivi potrebbero giocare un ruolo centrale nella metamorfosi urbana.

Strutture multi-funzionali
Sport ibridato con il settore produttivo, ma anche con spazi per il co-working, la formazione e la ristorazione. Questa la tesi oggetto di una ricerca promossa da Sda Bocconi con Piero Almiento e deamicisarchitetti, con l'intento di sfruttare le potenzialità del patrimonio edilizio e sociale esistente, offrendo scenari per la riqualificazione. E più in generale per promuovere uno scarto culturale e andare oltre l'attuale formula di semplice fornitura di servizi racchiusi entro un recinto invalicabile. «Siamo partiti dall'osservazione che a Milano sono operativi 136 centri sportivi comunali, quasi tutti in aree periferiche – racconta Giacomo De Amicis, fondatore deamicisarchitetti – che complessivamente occupano più di due milioni di mq, quanto il centro storico della città. In gran parte sono proprietà pubbliche e in condizioni di avanzata obsolescenza e molti potrebbero essere ben più di semplici luoghi di sport». De Amicis elenca le criticità ad oggi: l'amministrazione vede sgretolarsi il proprio patrimonio, i titolari delle concessioni raramente riescono a fare investimenti mirati, i cittadini usufruiscono di servizi con livelli minimi, non ultime le conseguenze sul lavoro precario (con l'appello al volontariato per garantirne la sostenibilità). Per rompere questo circolo vizioso si guarda alla leva del valore sociale ed economico delle attività insediabili. Da qui l'idea di "oratori laici" o di "community center" basati sulla socialità e il tempo libero: piazze a cui aggiungere un forte attrattore funzionale che ne costituisca il presidio e la linfa vitale. Così il patrimonio immobiliare e sociale trainato dallo sport potrà essere un plus per la cosiddetta Sport Industry.

I progetti avviati e in partenza
«C'è un tesoro nascosto per il mondo del real estate – conclude De Amicis – si possono costruire nuovi business model che tengano conto delle esigenze pubbliche, ma che consentano ai privati di valorizzare le aree». Lo sa bene Rocco Comisso che ha portato in cantiere il Viola Park di Bagno a Ripoli al confine con Firenze, 90 milioni di euro di investimento per un campus sportivo all'avanguardia, mixed use in un'area di 25 ettari, firmato dallo studio Archea Associati guidato dall'architetto Marco Casamonti. Per il Lido di Milano, meta storica della balneazione popolare con un'ampia piscina all'aperto, quattro campi da tennis, due da calcio a cinque, un minigolf e una palestra ricavata nella Rotonda, è scesa in campo la Ingesport Health and Spa Consulting, una società spagnola specializzata nella creazione e gestione di centri sportivi, con una concessione per 42 anni per la realizzazione di un nuovo impianto. E ancora, dopo anni di abbandono e degrado, l'ex piscina coperta di Sesto San Giovanni, in disuso dal 2015, nella primavera 2022 inizierà una nuova vita, grazie alla completa trasformazione del precedente lido estivo Carmen Longo. La nuova struttura promossa da The Village, che sorgerà su una superficie di 11.500 mq, andrà a completare e potenziare l'esistente: sarà un villaggio sportivo turistico cittadino con piscine, ampie zone verdi, palestra aperta tutto l'anno, bar e ristorante.

Investimento dell'ordine dei 6,5 milioni, progetto a cura di Fabric Integrated Architecture, in cantiere il consorzio Sesto Costruzioni Scarl.Tra le sperimentazioni citate nella ricerca (che vede tra gli autori anche Rossella Destefani e Raoul Duca) anche quella promossa nella città di San Paolo in Brasile dove è in corso la valorizzazione di 43 edifici di proprietà sindacale (cosiddetti Sesc) dell'area metropolitana: edifici multifunzionali costruiti negli anni 20 e oggi immaginati come strutture a libero accesso, con centri per le arti performative, aree ristoro, cliniche, anche attirando capitali privati. «Per essere pervasivi, è fondamentale la volontà politica pubblica – si legge nella ricerca –, ma per la realizzazione va attivato il partenariato pubblico/privato».Almiento, docente della SDA Bocconi dell'area Marketing Management e direttore degli online program SDA Bocconi Marketing Immobiliare e Sport Marketing & Sponsorship, mette in evidenza l'approccio della ricerca teso a proporre modelli sostenibili di crescita delle società sportive che tengano conto dell'offerta di spazi e servizi, della comunità attuale e potenziale (quindi anche facendo crescere la domanda). «Oggi la principale remunerazione – racconta – deriva dalle tessere e dall'uso dei campi, è necessario integrare un'attività di marketing, puntando su merchandising e sponsorship; e soprattutto estendere le attività "core" integrandone altre non prettamente sportive (legate ad esempio alla medicina o alla fisioterapia) piuttosto che servizi coerenti con le esigenze della comunità (come gli spazi per formazione e smartworking)". Il target non è più il cliente ma la comunità, con ricadute dirette sull'offerta immobiliare.

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