L’orologio fermo della Pa che va contro la costituzione
Uno degli ostacoli allo sviluppo viene indicato nella «burocrazia». Un rinvio generico a qualcosa di patologico, che e impedisce l’operato del soggetto privato.
Si fa riferimento a dipendenti pubblici, leggi, procedure o mancanza di innovazioni, come se costituissero un’entità non facilmente individuabile e quindi difficilmente responsabile. Conoscere alcuni fenomeni può aiutarci a capire.
La pluralità di soggetti che intervengono in un procedimento e nell’adozione di un provvedimento genera ritardi. L’accumulo di norme e provvedimenti rende l’intervento pubblico inutile oltre che costoso. La reticenza nel prendere decisioni guida i dirigenti, tranquillizzati solo dalla comfort zone del «precedente», che fanno fatica a trovare in un mondo più complesso. Il «tempo», così, è importante solo per cittadini e imprese, mentre per le istituzioni è una risorsa infinita. Per questo sarebbe utile che chi scrive le norme e chi le deve applicare (non di rado i due soggetti coincidono) ogni tanto facesse un giro in un’impresa o parlasse con una partita Iva per conoscere il valore del tempo.
Il «ritorno dello Stato» oggi invocato non si scontra in Italia con posizioni neoclassiche e liberiste, ma con l’inefficacia dell'intervento pubblico, con l’approccio giuridico dell’azione pubblica
e con un’incapacità amministrativa diffusa.
Quest’ultima emergenza, soprattutto in certe aree del Paese, non si combatte riempendo scrivanie di personale, ma di competenze.
Nella pandemia abbiamo invocato un maggiore intervento dello Stato. Tanti i decreti legge, sostegni, aiuti, che sono stati deliberati per dare un supporto tempestivo. Ma spesso la norma del Dl doveva trovare attuazione con un decreto interministeriale. E spesso per i decreti ci sono voluti sei mesi, più i pareri e le Faq di chiarimento, non di rado in contrasto con il decreto. È successo con il reddito ultima istanza, con l’esonero dai contributi, il prolungamento dell’indennità di maternità per i professionisti, ma anche per tanti altri interventi.
Eppure, come diciamo da tempo, facendo parlare le banche dati più importanti della Pa molte misure non avrebbero bisogno di tutto questo tempo.
I tempi incerti di erogazione di alcuni sostegni hanno aumentato nei beneficiari l’incertezza, che lo Stato dovrebbe invece ridurre specie durante i periodi di crisi, per favorire l’economia. Così i bonus e gli aiuti perdono di valore rispetto ai beneficiari, ma aumentano comunque il deficit economico e di fiducia.
Anche il coinvolgimento di corpi intermedi (Casse, fondi di solidarietà), in una logica sussidiaria, poteva rivelarsi più efficace, se la Pa avesse rinunciato al solito approccio burocratico e alla scarsa cooperazione con i partner privati. Soggetti delegati dal legislatore a erogare gli aiuti, ma non coinvolti per definire correttamente target e requisiti.
In base alla Costituzione, la Pa deve essere lo strumento per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. Ma spesso si rivela l’ostacolo
che rallenta e impedisce l’accesso ai servizi e le opportunità di crescita.
Così le istituzioni aumentano i costi di transazione invece di diminuirli.