La centrale a biomassa si può realizzare anche in zone classificate agricole dal Prg
Anche se gli impianti a energie rinnovabili hanno un carattere «oggettivamente produttivo», dice Palazzo Spada
Anche se gli impianti di energie rinnovabili hanno un «carattere oggettivamente produttivo» possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai piani urbanistici di carattere generale, e ciò per espressa previsione dell'art. 12, comma 7, del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387 e dell'articolo 15.3. del Dm Mise 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili». Lo ha affermato il Consiglio di Stato (Sezione VI, n.41/2021) pubblicata il 4 gennaio scorso. «Non soltanto - spiegano i giudici - la relativa attività produttiva, ma anche la destinazione dell'area restano agricole, ed ovviamente il regime delle attività in esso esercitabili rimane appunto riconducibile in senso stretto all'agricoltura». Più esattamente, ai sensi delle citate norme, «debbono considerarsi agricole le attività correlate alla realizzazione e all'esercizio
di un impianto situato in zona a destinazione agricola, dedicato alla trasformazione in energia e fertilizzanti di biomasse originate dall'esercizio di attività agraria».
La pronuncia prende le mosse da un contenzioso promosso da un'azienda agricola nel bresciano che aveva chiesto e ottenuto dalla provincia l'autorizzazione unica per realizzare un impianto di digestione anaerobica alimentato da scarti delle coltivazioni agricole. Una volta realizzato l'impianto, il comune ha contestato una difformità rispetto al progetto assentito, consistente in uno scavo più profondo di 40 cm dell'intero impianto di biogas rispetto al piano campagna. L'ente locale ha considerato un abuso questa difformità (all'art. 34, comma 2, del Dpr 380) irrogando una sanzione per 182mila euro in totale. La tesi è stata accolta dai giudici del Tar, nonostante che la modifica progettuale «di modestissimo rilievo urbanistico», richiesta dal proponente con Dia in variante, fosse stata assentita dal comune in conferenza di servizi ed espressamente approvata dalla Provincia.
Di diverso avviso i giudici di Palazzo Spada, secondo i quali «può pertanto escludersi ogni ipotesi di difformità dei manufatti dal titolo edilizio, che doveva considerarsi aggiornato per effetto della presa d'atto, da parte delle autorità competenti, in sede di conferenza di servizi dedicata all'aggiornamento dell'autorizzazione unica». «Se tali impianti dunque possono essere realizzati e messi in esercizio in zone classificate come agricole dai piani urbanistici generali - argomentano i giudici del Consiglio Stato - , ne consegue anche che il relativo esercizio è considerato dal legislatore perfettamente equiparabile alle attività riconducibili all'agricoltura. Tant'è vero che il punto 15.3. del D.M. 10 settembre 2010, qualora la destinazione del terreno interessato dall'impianto alimentato da fonti rinnovabili sia agricola, come appunto nella specie, non richiede affatto che l'autorizzazione unica debba necessariamente comportare variante urbanistica dell'area interessata dall'impianto stesso».