Urbanistica

La legislazione veneta in materia urbanistica e di governo del territorio

Piani deduttivi e tentativi induttivi nella transizione epocale

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di Piero Pedrocco

La legislazione veneta, deduttiva per gli standard e tradizionale per i piani di area vasta e del doppio livello comunale, tenta modifiche in deroga tramite crediti edilizi, premialità ed aree di atterraggio, per conformare insediamenti e paesaggio, rigenerandoli e restituendo spazi all'agricoltura.

La legislazione regionale della Regione del Veneto, come quella di molte altre Regioni italiane, è ancora impostata su una logica di carattere deduttivo, incentrata sulla definizione degli standard di diritto, a partire dal dimensionamento dei cittadini esistenti e di nuovo avvento, che era un modello nato in relazione a logiche di espansione. Il controllo dei modelli di sviluppo studiati all'inizio del Novecento per logiche architettoniche e sociali pensate a partire dagli anni '20 e '30, e soltanto dopo incentrati sul ciclo economico conseguente alla Seconda Guerra Mondiale, hanno caratterizzato la legge Inglese del 1932 e 1937 e quella italiana del 1942. Ma mentre la prima è stata cambiata ben 4 volte nel 1947 (1957, 1960), 1968, 1990 e 2004, allorquando il Town and compulsory purchase act istituiva un modello non più basato sul dualismo tra Structur Plan (direzionale e informativo) e Local Plan (cogente per lo jus aedificandi e prescrittivo) ma su un modello induttivo, basato sul framework e su atti di pianificazione e progetti urbani integrati al framework di pianificazione (per citare nuovamente logiche da Town and country planning nel 2015), la seconda, ovvero quella italiana, è rimasta bloccata in una logica di controllo dello sviluppo spaziale anziché di implementazione del progetto, dell'attrattività speculativa, sociale e della forma urbana (Legge Ponte 765/1967 e DM 1444/1968).

Le legislazioni regionali, come appunto quella del Veneto, hanno tentato di aggiornare la struttura del piano secondo le logiche a doppio livello della ormai vecchia legislazione inglese degli anni '60 e '90, sempre a carattere comunque deduttivo. In un altro caso si sono tentate formule vagamente esplorative di fenomeni di induzione, come con il Piano di governo del territorio (comunale) della Regione Lombardia, con la nota distinzione tra Piano delle regole e Piano dei servizi, con a monte il Documento di piano e a valle e i Piani attutivi, ma pur sempre rimaneva il vulnus insuperabile della legislazione nazionale e della Carta Costituzionale, in particolare per il Titolo V, fortemente incentrate su principii del Novecento e delle espansioni demografiche dell'epoca industriale.

Nell'attuale fase, in cui evidentemente non vi è più espansione del ciclo economico e sociale (Kondratiev per tutto il mondo, Juglar deflazionistico per i paesi più industrializzati e alternanza di cicli di Kitchin per il finanziario), la Regione del Veneto, pur operando nel quadro deduttivo e di controllo descritto per i livelli regionali e nazionale in Italia, evidentemente obsoleto, sta cercando forme di attualizzazione del modello vigente. Ciò avviene al fine di ricomporre per quanto possibile la diffusione insediativa (spread), la dispersione (sprawl) e l'aspersione degli edifici (sprinkling) degli ultimi 6 decenni, che in questa regione sono state forti e politicamente appoggiate. Sembra che secondo il legislatore veneto questa ricomposizione, agendo appunto sugli spazi consentiti dal Titolo V della Carta costituzionale per quanto di competenza degli enti locali, possa avvenire attraverso pratiche incentrate su crediti edilizi da rinaturalizzazione o di altro genere, e attraverso premialità edilizie, per ottenere rilocalizzazione con miglior concentrazione in apposite aree di atterraggio urbano e miglioramento ambientale e strutturale degli edifici.

Soprattutto sulla logica culturale della forma delle aree di atterraggio, dei tempi di atterraggio e della forma complessiva degli insediamenti, anche sulla base delle attuali leggi venete, sovrapposte e talvolta confuse nei combinati disposti con le leggi e i decreti nazionali, sembra si stiano aprendo comunque interessanti spazi di dibattito per la disciplina ed un ampio spazio e possibilità di invenzione e rivisitazione formale e concettuale per la città e i borghi minori. Sta a noi coglierle e rilanciarle come spunti di rivisitazione possibili anche per il modello nazionale, oppure rifiutarle sulla base di più valide argomentazioni: lo spettro delle possibilità appare vasto.

Il livello generale regionale e provinciale-metropolitano
La regione del Veneto ha sempre avuto, fin dall'origine(1) una discreta produzione legislativa in materia urbanistica e di governo del territorio. In particolare, ricordiamo la Legge Regionale 2 maggio 1980, n. 40, "Norme per l'assetto e l'uso del territorio", espressamente abrogata dalla LR 27 giugno 1985, n. 61, sempre intitolata "Norme per l'assetto e l'uso del territorio", a sua volta sostituita dalla vigente LR 23 aprile 2004, n. 11, "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio"(2) .

Oltre alle leggi quadro sull'assetto, l'uso e il governo del territorio, vanno ricordate alcune leggi storiche di specie, anche se ormai decadute, per il portato culturale che hanno avuto sulla pianificazione regionale, ed in particolare:
- quelle sulle zone agricole, come la LR 13 settembre 1978, n. 58, "Edificabilità e tutela delle zone agricole", sostituita dalla LR 5 marzo 1985, n. 24, oggi sostituita da appositi articoli del dettato della LR 23 aprile 2004, n. 11 citata;
- quelle sui parchi e riserve naturali, come la LR 31 marzo 1980, n. 72, espressamente abrogata dall'art. 31 della LR 40/84;
- quelle sulle foreste, a partire dalla LR 13 settembre 1978, n. 52, "Legge forestale regionale";
- quelle sulle "Norme par la conservazione e il ripristino dei centri storici nel Veneto", come la LR 31 maggio 1980, n. 80, che porterà alla istituzione dell'Atlante dei CS del Veneto, alla quale farà seguito la LR 1.02.2001, n. 2, "Interventi regionali a favore dei centri storici dei Comuni minori";
- quelle sui trasporti, che tanto incidono sulle trasformazioni territoriali e sulla vita quotidiana delle città e del territorio, come la LR n. 25/98, che prevede sia la procedura per la formazione del Piano regionale dei trasporti che la sua modalità approvativa a cura del Consiglio regionale;
- quelle sulla sicurezza del territorio, come la LR 27 novembre 1984, n. 58, "Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile", e la LR 27 febbraio 1990, n. 17, "Norme per l'esercizio delle funzioni di competenza regionale per la salvaguardia e il disinquinamento della Laguna di Venezia e del bacino in essa scolante".

Per quanto riguarda la pianificazione territoriale, la Regione del Veneto si è dotata sia di Piani territoriali regionali di coordinamento che di Piani territoriali dei trasporti e di strumenti Paesaggistici comunque parziali e non coincidenti necessariamente con lo stesso PTRC. In particolare, l'ormai vecchio PTRC, approvato con Provvedimento del Consiglio Regionale n. 382 del 1992, rispondeva all'obbligo, «emerso con la legge 8 agosto 1985, n. 431, di salvaguardare le zone di particolare interesse ambientale, attraverso l'individuazione, il rilevamento e la tutela di un'ampia gamma di categorie di beni culturali e ambientali. Il Piano si pone(va) come quadro di riferimento per le proposte della pianificazione locale e settoriale sul territorio, al fine di renderle tra di loro compatibili e di ricondurle a sintesi coerente.

Il PTRC si articola(va) per piani di area - previsti dalla prima legge regionale sul governo del territorio (L.R. 61/85) - che ne sviluppa(va)no le tematiche e approfondivano, su ambiti territoriali definiti, le questioni connesse all'organizzazione della struttura insediativa ed alla sua compatibilità con la risorsa ambiente.» Il PTRC approvato nel 1992 è stato sostituito dal nuovo PTRC, approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 62 del 30/06/2020. Questo nuovo strumento definisce gli ambiti per:
a) i Piani Paesaggistici Regionali d'Ambito (PPRA) da redigersi congiuntamente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turismo e con il coordinamento del Comitato Tecnico per il Paesaggio
b) i Piani di area e Progetti Strategici regionali.

È stato comunque evidente al legislatore, fin dalla LR 11/2001, come sia «necessario operare per un riordino dei troppi Piani sovracomunali esistenti, assicurando piena coerenza fra i diversi strumenti che incidono sul medesimo territorio. Il nuovo PTRC, dunque, rappresenta cornice e trama di fondo nella quale inserire organicamente i Piani Paesaggistici Regionali d'Ambito, i Piani di Area, i Piani dei parchi, i Piani ambientali, i Piani di settore e i Progetti Strategici.»

Non possiamo omettere come al PTRC sia affiancato nel Veneto anche il nuovo Piano Regionale dei Trasporti (PRT) intitolato "Veneto 2030 - Mobilità sostenibile per un Veneto connesso e competitivo", che sostituisce il pre vigente piano del 1990, in una regione storicamente dotata di Piani di trasporto perché ponte tra diversi corridoi marittimi e terrestri tra Italia e resto d'Europa, oggi investita come ieri dalle connessioni della parte meridionale del continente con il Corridoio Pan europeo n. V e ben 3 dei 4 corridoi trans europei TEN-T(3) che interessano l'Italia, investendo pesantemente il sistema autostradale, ferroviario e portuale della regione, con evidente coinvolgimento anche degli aeroporti, incentrati sul sistema Veneziano (formato dagli aeroporti Marco Polo e di Treviso) e su Verona. Il Piano si presenta anch'esso come un Piano programmatico più che strategico, composto di 8 obiettivi, 8 strategie e 37 azioni, rendendo efficaci soprattutto obiettivi e azioni che in parte sono già in essere ma non costituendosi come cornice previsionale forte per un futuro desiderato né per gli aspetti insediativi, né per quelli infrastrutturali e forse nemmeno per quelli ambientali.

Su questo quadro regionale di Pianificazione si innesta la Pianificazione provinciale e Metropolitana, anch'essa informata al coordinamento. La legge prevede che questo livello, quando giunto ad approvazione, porti il sub-procedimento di approvazione dei Piani regolatori comunali, oggi divisi in Piano di Assetto del Territorio (strutturale) e Piano degli Interventi (operativo), dalle mani della Regione a quelle degli enti intermedi (Province e CM di Venezia). In particolare risultano oggi approvati tutti i sette Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali (PTCP) delle Province del Veneto, con il PTCP di Venezia sussunto dalla CM, che in futuro diventerà Piano Territoriale Generale Metropolitano (PTGM)(4). Pertanto, la conformità dei Piani comunali ai piani di ordine superiore, per la approvazione degli stessi nel classico imbuto top down della pianificazione tradizionale, avviene oggi per controllo degli organi provinciali o metropolitani preposti e non della Regione. Questo modello top-down, che è comunque ridotto alla pura verifica di conformità, anche se non si rinuncia del tutto alla cancellazione di aree con relative aree bianche e alla richiesta di modifiche, è rotto da tentativi bottom-up che irrompono sia sul livello pianificatorio del Piano degli Interventi che su quello dei Piani attuativi, dei Programmi integrati di intervento e nei Programmi integrati di riqualificazione urbanistica e ambientale (PIRUeA), fino alla ricerca di semplificazioni più spedite in campo edilizio (crediti e premialità).

Il livello comunale
Va subito detto che il modello pianificatorio a doppio livello(5), dettato dalla LR 11/2004, si è attuato in una Regione in cui i Comuni erano già quasi tutti dotati di un Piano regolatore comunale(6). Essendo tale la situazione, con uno strumento prescrittivo nei confronti dei limiti dell'urbanistica e dello jus aedificandi già efficace ed operante, la soluzione è stata in molti casi quella di trasformare i PRG vigenti in Piani degli Interventi (PI), magari con varianti al vecchio PRG per alcune Aree a standard e Zone territoriali omogenee o per alcune infrastrutture in adeguamento agli strumenti sovraordinati, redigendo il solo Piano di assetto del territorio (PAT) come piano di indirizzo. Questa operazione è stata garantita da un apposito disposto di legge. In tutti gli altri casi o si è pianificato ex novo, redigendo sia il PI che il PAT, fatto raro anche se il numero dei Comuni dotati di entrambi gli strumenti redatti ex novo è in crescita, o si è mantenuto lo stesso PRG con un accordo di pianificazione futura per il PAT con l'ente controllore dello stesso (è il caso del Comune di Chioggia e di un suo accordo con la CM di Venezia: Chioggia è un medio-grande Comune che, appunto, è attualmente dotato di vecchio PRG ma non ancora di PAT). Varrà appena ricordare che al fine di coordinare i principali servizi molti Comuni minori si sono coordinati con dei Piani di assetto del territorio intercomunali (PATI), in una logica paritaria e non alla francese (dove per questo tipo di pianificazione intermedia è previsto un comune capofila o coordinatore). Del resto, i PI del Veneto erano concepiti per poter coprire parti del territorio e non necessariamente l'intero territorio comunale, e a maggior ragione ciò può avvenire tra più Comuni, con un PATI unico e molti PI.

Per questo livello va infine segnalato che con provvedimento n. 669 del 15 maggio 2018 la Giunta regionale del Veneto ha approvato Linee guida e suggerimenti operativi rivolti ai Comuni per l'adeguamento al Regolamento Edilizio-Tipo (RET), di cui all'Intesa sancita in sede di Conferenza Governo-Regioni e Comuni il 20 ottobre 2016, recepito con DGR 22 novembre 2017, n. 1896. Naturalmente la particolarità degli insediamenti sia in montagna che in laguna richiede forti interpretazioni locali dello stesso.

Il livello attuativo di pianificazione, i crediti edilizi e altri disposti premiali
Gli Ambiti di territorio definiti nei PAT vengono declinati localmente dai PI e trovano attuazione tramite le consuete modalità dell'attuazione diretta per le Z.T.O. di completamento o della attuazione differita per le Z.T.O. di espansione o di recupero, secondo Piani urbanistici attuativi (PUA) che riassumono le caratteristiche specialistiche dei PdiL, dei PEEP, dei PdiR e dei PIP di vecchia natura in base all'occorrenza. Ad essi si associano pianificazioni speciali e complesse come Programmi Integrati di Intervento e di Riqualificazione urbana o PIRUeA secondo le logiche del partenariato pubblico-privato sperimentate nei decenni scorsi, con quanto ne è conseguito in termini di tagli della Corte Costituzionale e di interventi cofinanziati dallo Stato o dall'Unione Europea tramite PRU, PRUSST, Progetti Urban e Contratti di quartiere. Naturalmente in molte di queste fattispecie la concertazione e negoziazione si esplica con accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti ed iniziative di rilevante interesse pubblico. L'Accoro di programma di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" e successive modificazioni fa si che i rapporti con i privati siano, nel Veneto come altrove, disciplinati da un atto unilaterale d'obbligo o da una Convenzione da allegare all'Accordo di programma stesso che viene approvato in Conferenza di servizi.

La vera novità della legislazione veneta in materia urbanistico-edilizia si trova però, se così si può dire, ad un livello ancor più sussidiario di decisionalità. I Crediti edilizi di cui alla LR11/2004, Art. 36, Riqualificazione ambientale e credito edilizio, ne sono un esempio. Nel 2020 sono state emanate le regole e le misure applicative ed organizzative per la determinazione dei crediti edilizi e i criteri attuativi e le modalità operative per attribuire i crediti edilizi(7). Questi crediti sono introdotti oltre che dalla LR 11/2004, anche dalla Legge Regionale 6 giugno 2017, n. 14, "Disposizioni per il contenimento di consumo di suolo e modifiche della L.R. 11/2004", che introduce "crediti da rinaturalizzazione". In essa si trovano i principi per la rigenerazione urbana attraverso la riduzione e restituzione alla natura del "consumo di suolo". «Il modello diffuso, che caratterizza il sistema insediativo dell'area centrale veneta, ha generato situazioni complesse e avanzate di consumo di suolo, di illogica sottrazione di aree all'attività agricola e ambientale e di disordine insediativo, determinando un'usura eccessiva delle risorse naturalistiche non riproducibili … promuovere da subito il passaggio dall'urbanistica dell'espansione, all'urbanistica della riqualificazione e della rigenerazione del tessuto insediativo esistente, dal consumo di suolo agricolo e naturale, al suo recupero e valorizzazione, nella consapevolezza delle funzioni ecosistemiche che lo stesso garantisce e del suo essere una risorsa limitata e non rinnovabile» rappresenta fondamento per questa legge.

In breve, grazie a questa legge si ipotizzano azioni di riqualificazione edilizia ed ambientale con demolizione di opere incongrue o di elementi di degrado nonché di manufatti ricadenti in aree a pericolosità idraulica e geologica, con ripristino del suolo naturale o seminaturale. Parte dei volumi demoliti verrebbe quindi valutata secondo parametri di valore contenuti nell'ampio regolamento esplicativo dei crediti edilizi di cui si è detto, con registro dei crediti per poterli commercializzare, per ora a livello comunale (ed è un limite perché bisognerebbe agire almeno a livello provinciale, ma ciò lederebbe l'autonomia dei Comuni)(8), e per poterli trasferire in ambiti degradati di riqualificazione urbana ed in ambiti di rigenerazione urbana. Soprattutto in questo secondo caso si immaginano anche interventi a scala elevata, atti a rigenerare parti significative della città, senza finalizzare gli interventi solo per le proprie finalità ma rendendoli trainanti per il riordino e ammodernamento dei sistemi infrastrutturali, della mobilità e dei servizi, il che implicherebbe dei Programmi di rigenerazione.

Assieme a questi concetti si è fatto strada quello di "riuso temporaneo" di volumi dismessi o inutilizzati ubicati in zona diversa da quella agricola, con esclusione di ogni uso ricettivo. Il fine sarebbe quello di orientare questi progetti all'interazione tra la creatività, l'innovazione, la formazione e la produzione culturale in tutte le sue forme, creando opportunità di impresa e di occupazione, anche tramite start up. Parallelamente ai crediti da rinaturalizzazione si sono fatti strada nel Veneto altri crediti edilizi di tipo per così dire "premiale". A partire dalle leggi a durata temporanea sul cosiddetto Piano casa (LR 14/2009, LR 13/2011 e LR 32/2013 Primo, Secondo e Terzo Piano Casa)(9) si è giunti a stabilizzare la materia con la Legge regionale 4 aprile 2019, n. 14, "Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio". Con essa si cerca di promuove una politica non temporanea ma duratura per ottenere una certa densificazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, mediante la demolizione di manufatti incongrui e la riqualificazione edilizia ed ambientale, contemplando specifiche premialità e incrementi volumetrici connessi all'utilizzo di crediti edilizi da rinaturalizzazione. Va da sé che tali incrementi possano però essere conseguiti anche in aperta campagna ove si intendano mantenere ed implementare i manufatti esistenti, sulla base di loro miglioramenti energetici ed ambientali che sommati possono portare, secondo numerosi parametri che non si possono qui riassumere per brevità, anche a notevoli incrementi e talora fino al raddoppio dei volumi in essere.

Conclusioni e prospettive
Il fondamentale problema della definizione e progettazione delle aree di atterraggio dei crediti edilizi è ancora aperto in termini di riconformazione architettonica dello spazio urbano. Se da un lato lo strumento sembra innovativo e in grado di scardinare dal basso la logica deduttiva della pianificazione di controllo, riportandola ad una logica conformativa dello spazio urbano più adatta a tempi lunghi di attuazione e a giustapposizioni e varianti che la portino ad integrarsi e assomigliare di più ai valori umanistici della città tradizionale e dei borghi della nostra penisola, dall'altro mancano criteri di atterraggio che sappiano veramente ridisegnare parti di città e di paesi per il futuro, in un processo di lenta morfogenesi che sembra appena iniziato. Planivolumetrici ad attuazione diretta invece dei tradizionali Piani attuativi o delle schede norma, generazione di nuove centralità per aree periferiche agorafobiche, riequilibrio di città sbilnciate da direttrici di sviluppo eccessive o non desiderabili, sono tutti strumenti e temi che, anche in variante sostanziale alle logiche dimensionali e di controllo poliziesco dettate con ritardo da decreti del Ministero della Salute (1975) o dei Lavori pubblici (1444/'68), fanno ancora fatica a vedere la luce. Ad essi andrebbe sostituita nuovamente, per quanto possibile e non in contrasto con Codice civile e norme costituzionali, una logica di civiltà proattiva, e non costrittiva, che a nulla è valsa per impedire gli scempi della seconda metà del Ventesimo secolo.

E sullo sfondo si fa strada un disegno di legge regionale teso ancor più a potare le decisioni al livello dell'utenza e del singolo tecnico incaricato di asseverare i progetti. Al Decreto legge 16/07/2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11/09/2020 n. 120 Art. 10 Semplificazioni e altre misure in materia edilizia, che si può agganciare altresì al Decreto legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), convertito con modificazione con la legge n. 77/2020 (Superbonus 110%) e con i Bonus facciate (90%) e gli altri bonus nazionali in corso, si unirebbe un Progetto di legge veneto(10) che, traendo spunto dalla pandemia in corso di Covid 19, estenderebbe l'applicabilità della Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) agli interventi di manutenzione straordinaria, agli interventi di restauro e di risanamento conservativo ed agli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1 lettere b), c) e d)(11), del DPR 380/2001, ed estenderebbe la Segnalazione Certificata di inizio Attività (SCIA), in alternativa al Permesso di Costruire, agli interventi ricadenti nelle zone B e D di cui al DM 1444/68 di completamento o comunque denominate, soggette ad intervento edilizio diretto per le quali nelle Norme Tecniche dello strumento urbanistico generale siano definiti almeno 4 dei seguenti parametri:
a) Superficie coperta o Superficie impermeabile massima;
b) Volume o superficie lorda di pavimento massima;
c) Altezza massima o numero dei piani;
d) Distanza minima dai confini;
e) Distanza minima dai fabbricati,
così intendendo tali interventi, secondo l'art. 23, comma 01, lettera c) del DPR 380/2001, in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche(12). In sostanza, non essendoci da tempo leggi nazionali al passo coi tempi, ci si inventa quel che si può, anche sfiorando i limiti della anticostituzionalità.

LA SCHEDA SULLA LEGGE URBANISTICA VIGENTE E I DATI DELLA REGIONE a cura di Piero Pedrocco

DOSSIER URBANISTICA. Le 21 leggi regionali a confronto, con testi aggiornati, i commenti degli esperti e le schede di sintesi

Note:
(1) La Legge elettorale regionale per le regioni a statuto ordinario, avvenuta nel 1968, ha consentito l'istituzione delle Regioni a Statuto ordinario previste nella Carta Costituzionale del 1948. La Regione del Veneto, per la quale le prime elezioni regionali si sono svolte nel 1970, si era dotata del suo Statuto, approvato con Legge Regionale n. 340 del 22 maggio 1971, poi sostituito nel 2012 a seguito delle riforme del titolo V della costituzione, avvenute tra il 1999 e il 2001.
(2) In attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137" e successive modificazioni e della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112" e successive modificazioni.
(3) A) il Corridoio Mediterraneo attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; B) il Corridoio Baltico Adriatico collega l'Austria e la Slovenia ai porti del Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; C) il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma con i principali centri urbani del sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina e Palermo.
(4) Padova, Treviso, Belluno e Venezia nel 2010, Rovigo e Vicenza nel 2012 e Verona nel 2015. L'attuale amministrazione, con Delibera del Consiglio metropolitano n. 3 del 01.03.2019, ha approvato in via transitoria e sino a diverso assetto legislativo, il Piano Territoriale Generale (P.T.G.) della Città Metropolitana di Venezia con tutti i contenuti del P.T.C.P., con il quale continua a promuovere, azioni di valorizzazione del territorio indirizzate alla promozione di uno "sviluppo durevole e sostenibile", e vuol essere in grado di rinnovare le proprie strategie, continuamente, e riqualificare le condizioni che sorreggono il territorio stesso.
(5) Ricordiamolo, già vecchio e poco efficace in Inghilterra, e già in corso di sperimentazione, con ritardi evidenti, in altre regioni italiane: Umbria, Toscana, eccetera.
(6) Non sono purtroppo riuscito a stabilire con certezza se alla data odierna esistano ancora nel Veneto piccoli comuni dotati di solo Programma di Fabbricazione (PdiF). Se mai vi fossero sarebbero comunque pochissimi.
(7) DGR n. 263 del 2 marzo 2020 – BUR n. 30 del 10 marzo 2020, Regole e misure applicative ed organizzative per la determinazione, registrazione e circolazione dei crediti edilizi. Articolo 4, comma 2, lettera d) della legge regionale n. 14/2017 e articolo 4, comma 1 della legge regionale n. 14/2019. Deliberazione/CR n. 132 del 29 novembre 2019.
(8) Il Registro Comunale Elettronico dei Crediti Edilizi (RECRED) di cui alla lett. e), del comma 5, dell'articolo 17, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 rappresenta il documento nel quale il Comune iscrive i crediti edilizi (CE) di cui all'art. 36 della L.R. 11/2004 e i CER di cui all'art. 4 della L.R. 14/2019.
(9) LR 14/2009, "Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla L.R. 16/ 2007 in materia di barriere architettoniche"; LR 13/2011, "Modifiche alla L.R. 14/2009 Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla L.R. 16/2007 in materia di barriere architettoniche"; LR 32/2013, "Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia".
(10) Progetto di legge n. 20, "Semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia ... Veneto cantiere veloce", presentato alla Presidenza del Consiglio il 20 maggio 2020, d'iniziativa dei Consiglieri Valdegamberi e Rizzotto.
(11) Diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c), del DPR 380/2001.
(12) Come diceva Cetto La Qualunque nel film Qualunquemente, diretto da Giulio Manfredonia nel 2011 e interpretato da Antonio Albanese: "Più pilu per tutti" ... "ma bon, ostregheta!", come per gli antichi Veneti. Il problema è aperto.

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