La selezione dei migliori nella Pa inizia da commissari competenti e di valore
L'aggiornamento professionale continuo è uno dei pilastri della riforma della Pubblica Ammnistrazione così come la necessità di selezionare nelle assunzioni «le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro».
Lo si legge nel patto per l’Innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale firmato lo scorso 10 marzo dal presidente del Consiglio e dal ministro per la pubblica amministrazione, con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.
Il documento condivisibilmente pone l’accento su tre valori decisivi in una fase in cui la nostra pubblica amministrazione ha urgente bisogno di dotarsi di un organico in grado di rispondere in maniera adeguata, ai bisogni della collettività, incalzata dalla triplice emergenza, sanitaria, economica e sociale.
Finalmente, lasciato alle spalle il blocco delle assunzioni, gli enti pubblici potranno disporre di ingenti risorse per reclutare nuovo personale. Ma gli attuali strumenti di selezione, impiegati per reclutare personale pubblico, rispondono alle caratteristiche, sottolineate dal patto, di velocità, efficienza e sicurezza? La risposta è fin troppo scontata, i concorsi durano mesi, talvolta anni, e sono basati su tecniche obsolete, che privilegiano dati formali e procedurali. Eppure, deve aggiungersi, non v’è bisogno di particolari rivolgimenti sul piano normativo per avvicinarsi, quantomeno, al modello prefigurato dal patto.
Anzitutto, le Pa devono essere in grado di individuare le competenze di cui abbiano realmente bisogno: in questo ambito, il superamento delle dotazioni organiche grazie alla riforma Madia, mette il datore di lavoro pubblico nelle condizioni di fare una programmazione dei fabbisogni guardando realmente alle proprie attuali esigenze, senza essere condizionati da vincoli legati alla situazione pregressa.
Se, come si legge nel Patto, tra le sfide più importanti, vi sono la transizione digitale e la sostenibilità ambientale, v’è necessità di reclutare figure in possesso di profili tecnici, dotati di competenze trasversali. Senza necessità di modifiche normative, occorre aggiornare gli strumenti di selezione, per renderli realmente idonei a identificare competenze e attitudini dei candidati.
D’altra parte la strada è stata già tracciata: dal decreto Cura Italia (Dl 18/20), che prevede l’utilizzo di procedure concorsuali volte a valorizzare e verificare il possesso di requisiti specifici e di competenze trasversali tecniche e attitudinali nonché dalle linee guida sulle procedure concorsuali, già adottate ad aprile 2018 dal dipartimento della Funzione pubblica, che indirizzano le Pa verso il reclutamento di figure in possesso di conoscenze teoriche ma soprattutto di competenze pratiche. Il vero e proprio salto di qualità va compiuto nel gestire la fase di costituzione delle commissioni di concorso: è necessario interpretare in senso ampio la disposizione del Tu sul lavoro pubblico (articolo 35), che impone la presenza di «esperti» nelle materie oggetto del concorso. Per selezionare i migliori non basta essere esperti solo nelle aree oggetto delle procedure, ma occorre conoscere le tecniche di selezione, prendendo come modello le migliori metodologie utilizzate nel settore privato. Anche lasciando invariato l'attuale quadro legale, potrà essere prevista la costituzione di un albo che, diviso per materie, preveda l'iscrizione di soggetti esperti nell'impiego delle tecniche di selezione, imponendo periodiche fasi formative per insegnare e aggiornare le procedure. Occorre concentrarsi su strumenti che puntino realmente alla selezione dei migliori, con l’inserimento di professionalità adeguate, per far sì che nel binomio imparzialità/buon andamento si riesca ad attribuire prevalenza e centralità al secondo, inteso come bisogno vitale di individuare le migliori professionalità da mettere al servizio della macchina amministrativa.