Appalti

La stazione appaltante non può imporre il rinnovo del contratto anche se previsto nella legge di gara

Serve l'accordo tra le parti e quindi una rinnovata manifestazione di volontà di proseguire con il rapporto

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di Stefano Usai

Il rinnovo del contratto non può essere, unilateralmente, imposto dalla stazione appaltante ma esige un previo accordo tra le parti e quindi una rinnovata manifestazione di volontà di proseguire con il rapporto. In questo senso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio n. 5816/2022.

La vicenda
Il giudice civile affronta, quindi, una tematica tra le più rilevanti in tema di contratti pubblico ovvero la configurazione giuridica della clausola del rinnovo e delle conseguenti prerogative della stazione appaltante.
Nel caso di specie (in causa una convenzione del servizio di tesoreria che riportava la clausola del rinnovo) viene in considerazione la richiesta della stazione appaltante di azionare il rinnovo, con richiesta da effettuarsi alla controparte entro 6 mesi dalla scadenza del contratto.
La stazione appaltante ha inteso il rinnovo come autentico diritto con conseguente richiesta di condanna della controparte «all'adempimento delle obbligazioni assunte in sede di stipula, con riferimento al servizio di Tesoreria» e statuizione delle sanzioni pecuniarie per inosservanza di tali disposizioni «ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione>> della convenzione. Alle richieste della stazione appaltante, la controparte ha opposto l'impossibilità di proseguire il servizio di tesoreria e quindi di aderire al rinnovo, "a causa della sopravvenuta onerosità di alcune clausole pattizie>> dichiarando di essere disposta a proseguire il servizio in «forza di un nuovo contratto (…) a condizioni da concordare».
In via subordinata, si richiedeva anche di dichiarare la nullità del contratto di appalto vigente «a causa della sua contrarietà alle norme imperative» per difformità tra la clausola del rinnovo dedotta in contratto rispetto a quella originariamente prevista nel disciplinare.

La sentenza
Il giudice si è soffermato, dapprima, sulla configurazione del rinnovo del contratto come fattispecie eccezionale, rispetto agli ordinari principi in tema di contratti pubblici che impongono la classica regola dell'evidenza pubblica. In tema, in sentenza si ricorda che «la Pubblica Amministrazione, ogni qualvolta debba procedere alla scelta di un operatore economico nell'ambito dell'attività contrattuale, finalizzata alla realizzazione di lavori o opere, ovvero alla prestazione di un servizio, nonché alla fornitura di beni, è tenuta ad osservare le regole procedimentali dell'evidenza pubblica». Avendo, pertanto, il rinnovo una natura eccezionale e derogatoria dei suddetti principi si impone l'esigenza che il rinnovo (così come la proroga del contratto o la stessa ripetizione) sia espressamente previsto «in seno sia al disciplinare di gara che al contratto di appalto, ma che debbano essere anche precisate in modo esplicito le condizioni della stessa».
Questa posizione giuridica, si legge in sentenza, non può essere qualificata in termini di diritto potestativo e quindi di un potere che consenta di imporre la rinnovazione a prescindere. Lungi dal conferire un diritto potestativo in capo al Comune, evidenzia il giudice «la clausola richiamata, difatti, attribuisce all'Ente la mera facoltà di valutare di proseguire i rapporti con l'attuale contraente in alternativa a indire una nuova gara».
Non può ritenersi, pertanto, che la conclusione del rinnovo sia rimesso esclusivamente «alla unilaterale iniziativa dell'amministrazione». Da una clausola in parola, infatti, non può desumersi né un diritto di opzione in capo all'ente, ma neppure un obbligo o una posizione di soggezione della parte privata. In pratica, rimarca la sentenza, il rinnovo non può essere azionato senza il consenso legittimamente «prestato» dalle parti interessante. Occorre, quindi, l'accettazione dell'appaltatore. Né considerazioni diverse, del resto, risultavano desumibili dalla scrittura della legge di gara in cui si è rimarcata una facoltà dell'amministrazione di chiedere il rinnovo del contratto/convenzione.
Dallo stesso Codice dei contratti, prosegue il giudice, non è dato desumere «la sussistenza di previsioni normative che esplicitamente» connotino il rinnovo «quale negozio unilaterale».
Non può che, anche per il caso di specie, «applicarsi il principio generale, che esige, tanto per l'ipotesi di reiterazione delle medesime condizioni contrattuali quanto per il caso di modifica dell'accordo originario, l'accordo delle parti». E questo è ciò che emerge anche dalla giurisprudenza che richiede, per il rinnovo una «nuova negoziazione»> tra le parti intendendosi una nuova manifestazione di volontà.

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