Le alienazioni patrimoniali precedenti alla deroga legislativa non possono finanziare riduzioni di mutui
Gli enti locali che non avessero utilizzato nel tempo i proventi da alienazioni patrimoniali, conservandoli nell'avanzo di amministrazione vincolato, non possono avvalersi della nuova normativa introdotta dalla legge di conversione del decreto semplificazioni (n. 12/2019) che, eliminando il ristretto riferimento «per gli anni 2018-2020», consente ora agli enti locali, senza limiti di tempo, di ridurre le quote di rimborso dei prestiti dando respiro alla spesa corrente. Conclusioni queste elaborate dalla Corte dei conti del Piemonte (deliberazione n. 23/2019) a causa sia della irretroattività della legge semplificazioni, sia del vincolo di destinazione dei proventi che, impresso dall'ente all'epoca dell'accantonamento, ha fatto si che si perdesse in via definitiva la possibilità di disporre dell'accantonamento in maniera differente.
Il dubbio del Comune
Un ente locale ha chiesto ai magistrati contabili riguardo alla possibilità, concessa a partire dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 866), di poter destinare i proventi delle alienazioni patrimoniali, realizzati in anni precedenti a quella legge di bilancio, conservati nella quota di avanzo di amministrazione vincolato, alla riduzione delle spese per quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari in ammortamento nell'anno o in anticipo rispetto all'originario piano di ammortamento.
L'evoluzione legislativa
La legge di bilancio 2018 ha consentito, in un ristretto ambito temporale (triennio 2018-2020), agli enti locali di destinare i proventi patrimoniali alla riduzione delle quote capitali di mutui. Tra i proventi patrimoniali vanno inclusi anche quelli derivanti da azioni o da piani di razionalizzazione delle partecipate (articoli 20 e 24 del Dlgs 175/2016) anche in questo caso di portata triennale. Questa possibilità è stata, tuttavia, soggetta a una serie di condizioni di virtuosità degli enti: possedere nel proprio bilancio consolidato un rapporto tra totale delle immobilizzazioni ed debiti di finanziamento superiore a due; non avere avuto nel bilancio di previsione incrementi della spesa corrente ripetitiva; essere in regola con gli accantonamenti al fondo crediti di dubbia esigibilità. La legge di conversione 12/2019 del decreto semplificazioni ha eliminato il riferimento triennale con la conseguenza che gli enti potranno utilizzare la facoltà senza più il limite temporale triennale.
La risposta negativa del Collegio contabile
Dall'esame complessivo della normativa, precisano i magistrati contabili piemontesi, si evince in via principale come la legge semplificazioni operi solo per il futuro, ossia senza possibilità di valore retroattivo. In secondo luogo, trattandosi di norma eccezionale, in quanto introduce una rilevante deroga alla regola generale sull'equilibrio di bilancio corrente degli enti locali, non consente una possibile sua estensione a fatti già avvenuti in costanza di altre disposizioni legislative. Non potendo l'ente, pertanto, avvalersi di una disposizione futura, il problema si sposta anche sulla una possibile utilizzazione della quota di avanzo vincolato in modo differente.
Il Collegio contabile ha ricordato che, in presenza di quote di avanzo vincolato provenienti da entrate soggette a vincoli di destinazione, l'ente locale perde qualsiasi potere discrezionale nel poter disporre di una differente loro utilizzazione in considerazione della rigorosa finalizzazione fatta all'epoca dell'accantonamento nel risultato.
La delibera della Corte dei conti del Piemonte n. 23/2019
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di Marco Castellani (*) - Rubrica a cura di Ancrel