Personale

Le dimissioni del dipendente non possono essere respinte

L'eventuale successiva revoca è inidonea a eliminare l'effetto risolutivo già prodottosi

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di Pietro Alessio Palumbo

Lo statuto degli impiegati civili dello Stato del 1957 prescrive che l'impiegato può in qualunque momento dimettersi dall'ufficio; e che le dimissioni devono essere presentate per iscritto. L'impiegato che ha presentato le dimissioni deve proseguire nei doveri d'ufficio finché non gli venga comunicata l'accettazione delle dimissioni da parte dell'amministrazione di appartenenza. Accettazione che per motivi di servizio può essere ritardata o persino rifiutata. Con la sentenza n. 33632/2021 la Corte di cassazione ha chiarito che a seguito della revisione disciplinare del 1993 il rapporto di impiego pubblico privatizzato oggi è regolato non solo dalle norme sull'impiego pubblico ma anche dalle norme del codice civile e dalle leggi civili sul lavoro in quanto non incompatibili. Le dimissioni del dipendente pubblico contrattualizzato costituiscono un atto idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento stesso in cui vengono a conoscenza del datore di lavoro indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle: il "via libera" della Pa non è più necessario.

L'amministrazione non può respingere l'istanza di dimissioni del dipendente in regime di lavoro pubblico privatizzato; deve limitarsi ad accertare che non sussistano effettivi impedimenti legali alla risoluzione del rapporto. Le storiche disposizioni degli anni ‘50 vigono oggi solo con riguardo ai rapporti di lavoro pubblico non contrattualizzato rispetto ai quali peraltro sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

Proprio in ragione dell'effetto immediato di queste dimissioni l'eventuale successiva revoca è inidonea a eliminare l'effetto risolutivo già prodottosi. In applicazione del principio generale di libertà negoziale resta tuttavia in ogni caso salva la possibilità per le parti di porre nel nulla le dimissioni con la conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso. In questo caso con l'onere a carico del lavoratore di fornire la dimostrazione del raggiungimento dell'accordo contrario. Le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, ne consegue che una volta risolto il rapporto, per la sua ricostituzione è necessario che le parti stipulino un nuovo contratto di lavoro; non essendo sufficiente a eliminare l'effetto risolutivo prodotto la revoca delle dimissioni da parte del lavoratore; neppure se la revoca sia manifestata in costanza di preavviso. Quanto specificamente al citato preavviso - ha evidenziato la Suprema Corte – il mancato rispetto dello stesso può trovare compensazione in una misura indennitaria; purché adeguata.

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