Personale

Le progressioni in deroga possono dribblare i tetti se coperte dallo 0,55%

Il budget calcolato sul monte salari 2018 permette l’esclusione

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di Gianluca Bertagna

Le progressioni verticali in deroga finanziate con lo 0,55 % del monte salari 2018 esulano dalle ordinarie capacità e vincoli assunzionali, in quanto «speciali»; e gli enti possono disporne esclusivamente al fine previsto dall’articolo 13, comma 8 del contratto del 16 novembre 2022, al di fuori delle dinamiche connesse al reclutamento ordinario e per un periodo temporale transitorio ben definito che si concluderà al 31 dicembre 2025.

Sono queste le conclusioni a cui giunge la Corte dei conti del Piemonte con la delibera 184/2024 nella quale viene fatto il riassunto di questa modalità di reclutamento finalizzata alla valorizzazione del personale interno delle amministrazioni pubbliche.

In attesa di scoprire se il contratto nazionale di prossima stipula confermerà lo spostamento del termine per dar corso alle verticalizzazioni, le considerazioni espresse dai magistrati contabili vanno lette come il tirare le somme di un istituto che eccezionalmente permette di inquadrare nelle categorie superiori anche dipendenti non in possesso del titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno.

Proprio su quest’ultimo aspetto, in questi anni, si sono concentrati i dubbi degli operatori alla ricerca del giusto equilibrio tra le progressioni verticali e i concorsi. È infatti noto il principio costituzionale per il quale alla Pa si accede tramite concorso codificato, poi, nel nostro ordinamento come il garantire sempre almeno il 50% dell’accesso dall’esterno nella provvista di personale.

Le progressioni previste dal contratto e realizzate utilizzando il budget generato dallo 0,55% del monte salari 2018, hanno avuto una forte apertura nella lettura fornita dall’Aran nell’Orientamento applicativo Cfl 209 laddove viene precisato che non scontano la regola del 50% dell’accesso dall’esterno, che continua, invece ad essere obbligatoria nel caso di utilizzo di proprie capacità assunzionali diverse.

Se, quindi, questi processi sono stati finanziati “a parte” con lo 0,55% del monte salari 2018, è possibile escludere la spesa sia dal comma 557 della legge 296/2006 (spese di personale in valore assoluto) e dai conteggi della sostenibilità finanziaria per nuove assunzioni di cui all’articolo 33 del Dl 34/2019 a cui devono riferirsi Comuni e Province?

È questo il dubbio che è stato sottoposto ai magistrati contabili, i quali sono chiarissimi nelle conclusioni: quel budget è uno stanziamento specifico, assegnato a un determinato fine, il quale, proprio per questo motivo, esula dai vincoli delle ordinarie regole assunzionali; diversamente opinando, infatti, si otterrebbe l’effetto, paradossale che, pur concesso lo spazio assunzionale “speciale”, lo stesso potrebbe non risultare utilizzabile.

Nel solo caso, quindi, in cui la procedura “in deroga” sia realizzata con propri ordinari finanziamenti e quindi non attingendo allo 0,55% del monte salari 2018, si dovrà, come per qualsiasi altro reclutamento, verificare la sostenibilità del maggior onere di spesa che ne deriva rispetto ai parametri di virtuosità di cui al Dm 17 marzo 2020, oltre che al limite complessivo di spesa di personale.

Da ultimo la Corte dei conti ricorda che «il consumo di risorse da imputare allo 0,55% del monte salari 2018 è dato dalla differenza tra i valori annuali di stipendio tabellare più la quota dell’indennità di comparto a carico del bilancio dell’area di destinazione e stipendio tabellare e la quota dell’indennità di comparto a carico del bilancio dell’area di appartenenza».

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