Urbanistica

Le Sezioni Unite della Cassazione cancellano l'applicazione dell' Iva sulla tariffa per lo smaltimento dei rifiuti

di Pietro Verna

La Tariffa di igiene ambientale (Tia) di cui all' articolo 49 decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 («Decreto Ronchi») è un tributo, motivo per il quale non può essere assoggettata all'imposta sul valore aggiunto (Corte di Cassazione- Sezioni unite civili 15 marzo 2016, n.5078). Con l'enunciazione di questo principio il Supremo Collegio ha posto fine al contrasto interno insorto fra le Sezioni: la V Sezione aveva affermato che «la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani […] non è assoggettabile ad Iva, in quanto essa ha natura tributaria» ( sentenza 2 marzo 2012, n. 3293), mentre la I Sezione aveva stabilito che «l'applicazione dell'IVA all'importo corrisposto per smaltimento dei rifiuti prescinde dalla sua natura tributaria o meno» (da ultimo, sentenza 14 agosto 2014, n. 17994 ).

Cornice normativa
Il punto 127 sexiesdecies dalla tabella A - parte 3 - del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 633 («Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto») assoggetta all' aliquota Iva del 10% le prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo di rifiuti urbani e speciali previste, rispettivamente, dall' articolo 6, comma 1, lettere d), l) ed m) e 7, comma 3, lettera g) del «decreto Ronchi» .
L'articolo 1 del decreto del Ministero delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370 ( «Iva per gestori dei servizi Rsu, fognature e depurazione») prevede che per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972.

Il contenzioso
Il Giudice di Pace di Venezia, su ricorso di un contribuente, aveva ingiunto alla locale impresa affidataria del servizio di raccolta e di smaltimento rifiuti urbani il pagamento della somma di 67,36, oltre interessi e spese, a titolo di ripetizione dell'Iva applicata alla Tariffa di igiene ambientale, riconoscendo a quest'ultima la natura di tributo. Decisione che veniva confermata dal giudice di secondo grado «sia per l'assenza di una normativa specifica, sia per essere le relative entrate [ della DIA] riconducibili ai diritti, canoni e contributi percepiti nell'esercizio di pubbliche autorità». Quindi il ricorso in Cassazione che ha rimesso la questione alle Sezioni unite.

La sentenza
La pronuncia muove dalla ricostruzione del quadro normativo e, precisamente, dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 22/1997, che sopprime la tassa per lo smaltimento dei rifiuti (Tarsu) ed in forza del quale «i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico sono coperti dai comuni mediante l'istituzione di una tariffa» ( Tia) composta da una quota determinata «in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio».

Articolo dal quale si evince la totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico, l'assenza di volontarietà nel rapporto tra gestore ed utente e, soprattutto, la mancanza di uno scambio di prestazioni (sinallagma), quale presupposto necessario per l'applicazione dell' imposta sul valore aggiunto. Il che - argomenta la sentenza in narrativa- è quanto afferma da tempo la Sezione tributaria della Corte di Cassazione secondo cui l'IVA mira a colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo e non quando si paga un'imposta, anche se destinata a finanziare un servizio dal quale trae beneficio il medesimo contribuente (ex pluris, sentenza 13 aprile 2012, n. 5831). Senza trascurare, infine, che la Consulta ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 bis della legge 2 dicembre 2005, n. 248 ("Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria") nella parte in cui devolve alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti urbani, ritenendo che il prelievo presenti tutte le caratteristiche del tributo ossia una mera variante della TARSU (sentenza 16 luglio 2009, n. 238).

Di qui la conclusione degli «Ermellini» : il decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 ed il discendente decreto ministeriale n. 370/2000 non sono applicabili al caso in esame stante l'assenza del «corrispettivo», requisito essenziale ai fini dell'applicazione dell'Iva.

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