Fisco e contabilità

Manovra, sbloccato il 32% della dote legata a decreti

Il monitoraggio di Palazzo Chigi: risultato migliore dei due precedenti governi. Dopo quattro mesi dal decollo della legge di bilancio 2023 adottato il 24,6% degli atti

di Marco Rogari

In quattro mesi il governo Meloni ha sbloccato il 32% delle risorse della legge di bilancio 2023 vincolate a decreti o altri provvedimenti attuativi: 1,26 miliardi sui 3,975 in ballo. A fotografare quella che appare un’andatura abbastanza sostenuta nella tradizionalmente complicata fase di “messa a terra” della manovra è il monitoraggio del dipartimento per il Programma di palazzo Chigi in cui si evidenzia come questo risultato sia migliore di quello conseguito dall’esecutivo Draghi e dal “Conte 2”. Al termine dello stesso periodo gennaio-aprile di due anni fa risultava utilizzabile il 17% della dote della manovra 2021 collegata ad adempimenti vari (poco più di un miliardo su 5,953 miliardi complessivamente da sbloccare). E la percentuale saliva a non oltre il 25% per la legge di bilancio 2022: 1,549 miliardi su 6,227.

L’esecutivo, insomma, sta cercando di accelerare il più possibile, anche se la strada non si presenta in discesa. In totale fino al mese scorso palazzo Chigi e i ministeri hanno adottato il 24,9% dei 118 provvedimenti attuavi previsti dalla prima manovra targata Meloni. Un dato sicuramente migliore di quello del governo “Conte 2”, che con la legge di bilancio 2021 ha raggiunto quota 13,2%, ma distante dalla performance dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Che ha raggiunto il 45,1%. Nel report del dipartimento per il Programma di governo si fa però notare che l’ultima manovra economica, approvata dal Parlamento con una corsa contro il tempo a fine 2022, poggia su non più di 118 testi attuativi: «il minor numero registrato negli ultimi tre anni», visto che gli adempimenti ai quali erano appese le due precedenti leggi di bilancio per il 2021 e il 2022 erano. rispettivamente, 151 e 153. Una scelta, quella di Palazzo Chigi, che - si legge ancora nel dossier - «evidenzia l’impegno del governo a rendere quanto più possibile autoapplicative le disposizioni legislative emanate e comunque a non eccedere nel rinvio a provvedimenti attuativi». E la stessa strategia è stata utilizzata dal governo per evitare il più possibile di subordinare l’effettiva fruibilità delle risorse stanziate all’emanazione di decreti o di altri atti. E, almeno sulla carta, i numeri lo confermano: la legge di bilancio per il 2023 colloca appunto all’interno della fase attuativa 3,97 miliardi contro i 6,22 della manovra Draghi e i 5,95 miliardi di quella targata “Conte 2”. Non a caso nel report si sottolinea che per rendere realmente disponibili gli stanziamenti la Presidenza del consiglio e i vari ministeri «hanno posto particolare attenzione a dare priorità all’adozione di quei provvedimenti di maggior rilievo e ai quali sono legate le maggiori risorse finanziarie».

Una rotta che il governo è intenzionato a tenere anche nei prossimi mesi. Ma non sarà facile. Dei 118 testi per rendere pienamente operativa l’ultima manovra ne restano ancora da emanare 89. E per circa un terzo di questi provvedimenti (33) il termine per l’adozione è già scaduto. Ma nel documento del dipartimento per il Programma di governo si fa notare che gli stanziamenti dell’ultima legge di bilancio ancora «”da rendere disponibili” a seguito dell’adozione dei provvedimenti attuativi sono inferiori ai corrispondenti stanziamenti “da sbloccare” delle leggi di bilancio per il 2021 e il 2022». In valore assoluto le risorse finanziarie della manovra-Meloni ancora in “lista d’attesa” sono pari a poco più di 2,71 miliardi. E il governo tiene a evidenziare che il “conto” è inferiore del 42% e del 45% a quello lasciato in sospeso a quattro mesi dall’entrata in vigore dai provvedimenti di bilancio dal governo “giallorosso” in carica a cavallo tra il 2021 e il 2022 e da quello di salvezza nazionale che gli è succeduto.

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