Niente visione, opere e investimenti: così si liquida il mercato dei lavori pubblici e si danneggia il Paese
L'INTERVENTO. Tutte le decisioni della politica a favore della deregulation e contro l'iniziativa privata
Oramai è evidente e manifesta la volontà di liquidare il mercato dei lavori pubblici perché ritenuto non più centrale nella vita del Paese, troppi ed inequivocabili segnali vanno in questa direzione. Rappresenterò una serie di dati oggettivi, senza dare loro una priorità in termini di importanza o scansione temporale, che letti assieme ci forniscono un totale disallineamento tra quanto la Politica predica e quanto invece attua.
Siamo tutti d'accordo della rilevanza in termini di volano delle infrastrutture, sia occupazionale che economico, per la messa in sicurezza, per la rigenerazione, per il progresso del Paese; non occorre dilungarsi oltre. A questi presupposti non seguono i fatti, le decisioni della Politica vanno esattamente nella direzione contraria. Le regole sono saltate e le previsioni del Semplificazione determineranno una tale deregulation che temiamo potranno registrarsi fenomeni di rilevanza giudiziaria nei prossimi mesi.
Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana sono scomparsi i bandi di gara e la totale assenza di pubblicità non consente più di avere contezza delle procedure ad evidenza pubblica per la parte più grande del mercato, quello cioè entro i 5,5 milioni di euro. Unica eccezione in questo contesto è Anas che continua pubblicare incessantemente gare con il massimo della evidenza pubblica.
Oramai è tutto una deroga della deroga, il Semplificazioni deroga allo Sblocca cantieri, lo Sblocca cantieri deroga al Codice; alcune deroghe dello Sblocca cantieri a mezzanotte di fine anno verranno meno perché erano a tempo. Il tutto ci ricorda tanto una favola a lieto fine di quando eravamo bambini ma invece per gli operatori economici e le stazioni appaltanti è solo un triste dramma tragico. Tutte le deroghe possono essere derogate purché si rispetti la norma penale e quella europea (non per il subappalto però).
A breve (si fa per dire considerato che da 18 mesi li aspettiamo) avremo anche i commissari che a loro volta, rappresentano una ulteriore deroga alla norma base. Per finire vi è un Regolamento pronto ad essere esaminato e la legge europea 2021 di prossima emanazione.
Non vorremmo che risultasse vero quanto sostenuto recentemente da un valente amministratore locale, Fulvio Bonavitacola, quando disse che «per fare qualcosa in questo Paese serve una deroga mentre per non fare vi è la norma ordinaria». Anche l'impiego delle risorse testimonia il favor verso la spesa corrente (più comoda e facile) ed una pluriennale idiosincrasia per gli investimenti.
Mi sia consentita una riflessione sul tema: ma quale è stata la qualità di questa spesa corrente se tutte le amministrazioni (centrali e/o periferiche) denunciano un deficit di risorse umane? Se non abbiamo assunto professionalità come abbiamo speso questi danari, in bollette ed utenze ?
La Legge di Stabilità 2020 (approvata nel 2019), prevedeva 19,7 miliardi di euro per nuovi investimenti, ma ad ottobre di questo anno non erano stati prodotti i Decreti attuativi e quindi tali risorse sono rimaste sulla carta. Le risorse comunitarie del Programma 2014/2020 (circa 54 miliardi di euro) stanziate nel 2014, ad oggi sono state impegnate solo per 24 miliardi e di queste solo 6 miliardi sono stati effettivamente spesi; addirittura 30 miliardi non sono stati neppure impegnati.
Ricapitolo: in sei anni, disponibili 54 miliardi ma spesi 6 miliardi !
Marc Lemaitre, Direttore Generale delle Politiche Regionali della Commissione Europea, ha ricordato che «l'Italia continua a spendere male i fondi europei, impiegandoli di fatto come sostitutivi e non aggiuntivi rispetto agli investimenti pubblici nazionali». È stato varato il Piano Italia Veloce (un vero e proprio libro dei sogni in larga parte incompatibile con le tempistiche del Recovery) per circa 200 miliardi di euro ipotizzando un supporto di 130 miliardi di euro quali risorse già disponibili. In realtà le uniche risorse disponibili nel triennio 2020/2022 non superano i 5 miliardi di euro.
Leggendo la previsione contenuta all'interno del Capitolo n. 8000 del Mef del Disegno di Legge di Stabilità 2021, relativa alle risorse ancora disponibili del Programma comunitario 2014/2020, emerge che stiamo di fatto chiedendo alla Europa la possibilità di utilizzare quota parte delle risorse in precedenza non spese (relative cioè al Programma 2014/2020) nel Programma 2021/2027.
Infatti rispetto ad una disponibilità residua per competenza di circa 30 miliardi ipotizziamo una previsione di spesa per cassa (quella reale, cioè) nei prox tre anni di soli 7,5 miliardi.
Quanto all'impiego delle risorse del Recovery ad un iniziale impegno del Governo ad utilizzare tutti i 209 miliardi per investimenti al fine di far ripartire il Paese siamo transitati ad un impiego per gli investimenti riservato alle sole risorse a fondo perduto per poi apprendere una nuova e sconvolgente realtà contenuta nel PNRR esaminato nel recente Consiglio dei Ministri.
Il Governo ha ufficialmente sancito che la quota parte del Recovery destinata ad investimenti risulterà per il triennio 2021/2023 sostitutiva rispetto ai finanziamenti già stanziati, mentre per il triennio 2024/2026 sarà aggiuntiva rispetto ai finanziamenti programmati. In sintesi nel prox triennio non vedremo alcuna risorsa nuova atterrare nel comparto delle infrastrutture, potremo cioè contare sempre e solo sulle medesime risorse (ossia quelle allocate nei bilanci ante covid).
Nel triennio 2021/2023 le risorse già programmate da tempo rientreranno, quindi, nel calderone più ampio del bilancio dello Stato sperando che tra tre anni siano ancora disponibili senza essere state risucchiate nel buco nero della spesa corrente. Le opere per il triennio 2021/2023 meritevoli di attenzioni sono prevalentemente macro interventi e solo quelle già avviate da tempo; ben poco vi è relativamente alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio così come chiesto da Ance.
È dal 15 novembre che la Europa ha espresso le proprie preoccupazioni per il ritardo con cui stiamo affrontando la istruttoria del Recovery, ci è stata richiesta una accelerazione per centrare l'obiettivo del possibile utilizzo delle risorse disponibili. Ci viene chiesta una visione di crescita, una visione di Stato, di Economia, di Società, di cui i singoli progetti costituiscano il tramite per realizzarla, non un assemblaggio di vecchie idee impolverate da anni e anni di soffitta. Occorre aumentare la produttività riducendo le diseguaglianze in un contesto di sostenibilità ambientale, problemi che affliggevano il nostro Paese già ante Covid.
Il PNRR non ha questo respiro, è un genere a metà strada tra il documento di visione ed un elenco di progetti; il tutto permeato da un paternalismo statalista sterile.
Ancora non è chiaro: Chi deciderà sul Recovery. Come sarà attuato il Recovery. Cosa conterrà il Recovery.
D'altra parte, siamo sicuri che allargare il perimetro dell'intervento dello Stato nell'economia sia la strada giusta ? Aziende pubbliche che non rischiano nulla perché sempre e comunque garantite dallo Stato hanno lo stesso stimolo delle aziende private ad intercettare la nuova domanda ? Di certo potranno partecipare alle gare in condizioni di miglior favore. Incentivare gli investimenti privati e abbassare le tasse sulle imprese sembrerebbero una strada migliore.
Come Ance ribadiamo per le Infrastrutture ed opere pubbliche una centralità vitale per il progresso del Paese. La nostra proposta continua ad essere quella di mettere in sicurezza e manutenere il patrimonio esistente che necessita maledettamente di cura ed attenzione. Senza dimenticare, ovviamente, le grandi opere infrastrutturali, materiali ed immateriali, che aiutino il Paese ad essere interconnesso in adesione alle moderne esigenze.
Chi pensa di farci sparire non perpetra un danno alla categoria, poco importerebbe, ma al Paese perché qualcuno quei lavori li dovrà pur realizzare e senza imprese chi si farà carico della loro esecuzione?
Basta spargere ottimismo di maniera e rinviare le decisioni elargendo un piccolo sussidio a tutti, così non si va da nessuna parte, il declino del Paese non si arresterà e le tensioni sociali saranno di difficile componimento.
* Vicepresidente Ance con delega alle Opere pubbliche