Il CommentoFisco e contabilità

Nuovi strumenti per stimolare i rapporti tra pubblico e privato

di Fabio Sattin

Nelle pagine di questo giornale abbiamo spesso parlato di quelle che possono essere le virtuose sinergie che si possono generare dalla collaborazione tra pubblico e privato. Ora la vera sfida è passare dalla teoria alla pratica.

C’è infatti da augurarsi che il nuovo anno sia caratterizzato dalla concreta implementazione di strumenti specifici che consentano di “scaricare a terra” la grande potenzialità che tale collaborazione può generare. Vediamo quali possono essere alcuni filoni specifici ove questo tipo di interventi potrebbe essere efficacemente declinato.

Partiamo da quelli che sono gli strumenti volti alla creazione di nuove imprese e soprattutto di nuove risorse imprenditoriali, con particolare riferimento ai giovani e ai settori del futuro. Su questo terreno gli strumenti potrebbero essere dei fondi misti pubblico-privati e/o accordi di co-investimento strutturati, che vadano a supportare la creazione di iniziative rivolte a settori ritenuti di particolare rilievo per il futuro del nostro Paese, anche in collaborazione con operatori industriali e/o professionisti con esperienza specifica. In sostanza, è necessario passare dal supporto tramite strumenti di tipo “generalista” a progetti di natura più verticale che possano sviluppare, in modo sistematico, profondo e continuativo, una specifica esperienza settoriale, difficilmente ottenibile nell’ambito di strutture di investimento di tipo generalista. Tra gli strumenti da studiare ci potrebbero essere anche quelli volti a stimolare lo sviluppo dei search funds, che rappresentano una validissima alternativa agli interventi “tradizionali” di venture capital in termini di supporto all’imprenditorialità giovanile, e quelli a sostegno all’attività dei business angels e degli incubatori che svolgono un ruolo fondamentale per l'avvio delle primissime fasi di sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.

Una seconda area è quella del supporto alla creazione di poli industriali e in generale all’aggregazione di imprese al fine di generale “campioni nazionali” aventi dimensioni e strutture organizzative e manageriali adatte a competere in un mercato sempre più competitivo e internazionalizzato. Considerati i (lunghi) tempi necessari alla realizzazione di tali progetti, lo strumento tecnico di intervento più opportuno parrebbero essere i fondi misti di permanent capital, quotati o meno, più adatti ad aderire alle tempistiche necessarie per porre in essere progetti di medio-lungo termine. Anche in questo campo, di esempi virtuosi per fortuna ne abbiamo anche nel nostro Paese. Si tratterà di identificare le competenze ed esperienze più adatte e di successo con cui progettare interventi e strumenti specifici, attraendo gli investitori più interessati a progetti improntati a una forte logica industriale e di medio-lungo termine.

Una terza area sarà necessariamente quella volta al salvataggio e rilancio delle imprese in difficoltà, ovviamente a patto che queste abbiano una ragione d’essere e chiare prospettive di sviluppo. Anche in questi casi gli strumenti di intervento ci sono e devono essere pensati e strutturati in stretta collaborazione con il sistema bancario. Probabilmente in Italia sarà ancora necessario agire a livello normativo per renderli maggiormente efficienti e concretamente applicabili. Mi riferisco in particolare alla nostra normativa fallimentare che ancora necessita di ulteriori affinamenti.

Arriviamo infine al tema delle grandi imprese aventi rilevanza strategica e strutturale per il futuro del nostro Paese. Qui il tema è più complesso considerate le grandi ripercussioni che l’andamento di queste aziende può avere in termini sociali e di occupazione. Le situazioni andranno valutate di volta in volta e la collaborazione tra pubblico e privato dovrà essere negoziata e strutturata nel modo più coerente con le specifiche tempistiche e necessità, prevedendo anche eventuali accordi con soggetti internazionali. L’importante è che tali soluzioni siano sempre improntate alla logica della “temporaneità” dell’intervento pubblico e quindi strutturate in modo tale che il mercato possa, con le tempistiche necessarie, sostituirsi all’intervento pubblico man mano che tali aziende raggiungeranno una loro sostenibilità strategica ed economico-finanziaria. Conseguentemente, se queste non presentano caratteristiche tali per poterne prevedere una sana e autonoma economicità nel lungo termine, bisognerà necessariamente interrogarsi sull’opportunità di effettuare tali interventi, che comunque dovranno sempre essere condotti in partnership con soggetti privati sostenenti la loro quota di rischio.

Per passare “dalla teoria all’azione”, è necessario fare delle scelte, assegnare delle priorità e delle responsabilità, assicurando la necessaria stabilità normativa, senza la quale nessuna partnership pubblico/privato di lungo termine sarebbe possibile. C’è quindi da augurarsi che il nuovo anno sia caratterizzato dall’azione, effettuata con strumenti di intervento pubblico/privato aventi obbiettivi chiari, temporalmente definiti e misurabili, dotati di adeguati meccanismi di verifica e di controllo per poterne misurare l’effettiva efficacia e consentire adattamenti correggendo prontamente i possibili errori.