Obbligo di pensionamento a 65 anni per chi ha raggiunto l'anzianità contributiva sul trattamento anticipato
La Funzione pubblica ribadisce il principio escludendo margini di discrezionalità
I dipendenti pubblici che hanno raggiunto l'anzianità contributiva prevista per il collocamento in pensione anticipata devono essere collocati in quiescenza al raggiungimento dei 65 anni di età e le amministrazioni non possono trattenerli in servizio. Lo ribadisce il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 54733/2021. Il principio riprende le indicazioni contenute nella risposta n. 14638 (si veda NT+ Enti locali & locali 6 maggio) e nella circolare n. 2/2015 fornite dallo stesso dicastero. Occorre sottolineare l'assenza di margini di discrezionalità.
Si deve in primo luogo ricordare che attualmente si applica ai dipendenti degli enti locali la stessa disposizione dettata per i dipendenti dello Stato sulla determinazione del limite ordinamentale per il collocamento in quiescenza a 65 anni di età. Tale limite, è bene ricordarlo, non è stato in alcun modo modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia. Di conseguenza, un dipendente che raggiunge i 65 anni di età e che ha già maturato il requisito contributivo per l'accesso alla pensione anticipata, deve essere immediatamente collocato in quiescenza o, meglio, ciò deve essere fatto «salva la decorrenza della finestra mobile» che è stata introdotta nel nostro ordinamento.
Ricordiamo che al raggiungimento di tale limite di età il dipendente ha diritto al trattenimento in servizio solamente per consentirgli di conseguire i requisiti per il collocamento in quiescenza. E che, se i requisiti di anzianità contributiva maturano prima del raggiungimento della età per il collocamento in pensione di vecchiaia, il dipendente resterà in servizio fino alla maturazione di tali requisiti e alla decorrenza della finestra mobile.
Si deve ribadire conclusivamente che le amministrazioni pubbliche non hanno, neppure attraverso i propri regolamenti, alcuna autonomia in questa materia e che la stessa non appartiene alla sfera delle scelte che rientrano nella disponibilità del dipendente. Per cui, al maturare di questi requisiti, il dipendente deve necessariamente essere collocato in quiescenza.