Urbanistica

Otto milioni di edifici in cerca di incentivi per la riqualificazione

È una stima a cui si arriva incrociando i dati dell’Istat con l’archivio Siape dell’Enea

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

Sono quasi otto milioni le case colabrodo in Italia. Oltre 4,55 milioni di edifici residenziali in classe energetica G e 3,17 in classe F: i due livelli peggiori. È una stima a cui si arriva incrociando i dati dell’Istat con l’archivio Siape dell’Enea, che raccoglie gli attestati di prestazione energetica rilasciati quando si vende, si affitta, si costruisce o si riqualifica un’abitazione.

Si tratta di una cifra enorme, che fa impallidire i risultati ottenuti con il superbonus per il miglioramento energetico: 385mila riqualificazioni asseverate tra condomìni, villette e unità indipendenti al 28 febbraio scorso.

Finita l’epoca del 110% e della cessione a tappeto dei crediti d’imposta, c’è da chiedersi come potrà essere incentivata la riduzione dei consumi energetici nell’edilizia residenziale, anche in vista delle prossime indicazioni in arrivo dall’Unione europea. Senza dimenticare la sicurezza antisismica necessaria a gran parte del patrimonio abitativo.

Dallo stop al restyling

La “droga” delle cessioni (Giancarlo Giorgetti dixit) ha portato a trasferire o scontare in fattura 110,8 miliardi di euro di bonus casa tra il 2020 e il 1° marzo scorso, di cui 48,5 miliardi riferiti al superbonus energetico e 13,4 a quello antisismico. Valori non sostenibili per il bilancio pubblico, che hanno spinto il Governo a bloccare le cessioni dallo scorso 17 febbraio, con il decreto legge 11/2023.

È come se l’Esecutivo avesse azionato un freno d’emergenza in un treno in corsa. L’effetto sarà quello di ridurre gli investimenti dei privati. Già nel tavolo di confronto con le categorie aperto il 20 febbraio scorso, però, si è accennato a nuovi incentivi. Se ne discuterà dopo aver risolto il nodo dei crediti incagliati, ma il tema è sul tavolo. Lo stesso disegno di legge delega per la riforma fiscale – atteso nei prossimi giorni in Consiglio dei ministri – prevede un riordino delle agevolazioni «con particolare riguardo (...) alla tutela del bene casa».

La leva della cessione

In attesa del restyling, resta confermato l’impianto delle detrazioni uscito dall’ultima manovra, ma senza la possibilità della cessione e dello sconto per i nuovi lavori. Ed è chiaro che non basta, come sottolineano gli amministratori di condominio. Secondo il presidente dell’Anaci, Francesco Burrelli, si è tornati alle criticità precedenti al 2020: delibere frenate dai condòmini incapienti e da chi non può o non vuole anticipare le spese. «Molti dovranno rinunciare alla sostituzione della centrale termica o anche alla manutenzione di ascensori e impianti, visto che la cessione è negata per tutti bonus, incluso il 50 per cento».

Quanto al ritmo dei lavori, il centro studi Ance osserva che «prima del 2020 si facevano 3mila ristrutturazioni complesse all’anno. Con il 110% e la cessione si era arrivati invece a 180mila-200mila: grosso modo ciò che richiederà la direttiva Ue (che prevede di intervenire innanzitutto sul 15% degli edifici più energivori, pari a circa 1,8 milioni, ndr)».

Come riscrivere gli aiuti

Per l’Ance bisogna impostare un sistema di incentivi che parta da ciò che ha funzionato con il superbonus: «qualificazione delle imprese, prezzari, rispetto del contratto collettivo dell’edilizia». È sicuro che le nuove agevolazioni non arriveranno più al 110 per cento. I costruttori suggeriscono allora di «modulare la percentuale in funzione dell’obiettivo che si raggiunge, sia per la classe energetica sia per l’antisismica».

Servirà anche la cessione del credito. E per renderne sostenibile il costo per lo Stato, l’Ance propone di «ragionare su agevolazioni variabili in base al reddito dei beneficiari». Una proposta su cui concordano gli amministratori di condominio: «Differenziare gli aiuti per fasce di reddito – dice ancora Burrelli dell’Anaci – lasciando qualche possibilità di cessione o sconto in fattura».

Dal canto loro, i proprietari riconoscono che «gli incentivi non sono un diritto – come sottolinea Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia –, ma si tratta di capire dove concentrare le eventuali risorse disponibili. Tra le soluzioni, si potrebbe lasciare la cessione solo ai condomìni o solo agli incapienti». In alternativa, o in abbinata, si possono studiare misure specifiche per evitare che le rate di detrazione vadano sprecate: «Ad esempio – continua Spaziani Testa – permettere al beneficiario di trasformare la detrazione in un credito d’imposta che lui stesso può usare nel modello F24 per pagare l’Imu. Oppure consentirgli di sfruttare negli anni successivi le rate inutilizzate».

Tutti gli operatori chiedono regole stabili, con un orizzonte decennale. E senza privilegiare l’efficienza energetica a scapito dell’antisismica. «Circa il 70% dei nostri edifici è stato costruito prima del 1974 – ricorda Burrelli – cioè prima della legge 64/74 che ha parlato di norme tecniche antisismiche. D’accordo la transizione ecologica, ma nella sicurezza delle abitazioni». Sicurezza antisismica che è in testa anche alle priorità indicate da Confedilizia, «seguita dalla riqualificazione energetica e dall’abbattimento delle barriere architettoniche».

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