Personale

Pa, arriva il «lavoro da remoto» con vincolo di orario e di sede

Lo Smart Working senza orari predefiniti sarà possibile solo quando c’è un sistema di misurazione degli obiettivi

di Gianni Trovati

Nell’organizzazione del pubblico impiego entra anche il «lavoro da remoto»; una forma meno evoluta di lavoro agile, che potrà essere effettuata da casa o da un’altra sede (per esempio spazi di coworking) individuata nell’accordo individuale senza però modificare gli obblighi legati all’orario di lavoro. Questa opzione si affiancherà allo Smart Working vero e proprio, che potrà essere svolto «con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro», ma solo dove le amministrazioni saranno in grado di fissare in modo puntuale i target individuali. E di misurarli.

Il doppio modello di lavoro a distanza prende forma nella nuova bozza di contratto delle Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici) che l’Aran ha presentato ieri ai sindacati. L’introduzione del «lavoro da remoto», nel pacchetto delle norme ordinamentali che nei prossimi mesi saranno riprese anche dai contratti nazionali degli altri settori della Pa, serve nelle intenzioni del governo a venire incontro alle esigenze di molte amministrazioni e dei loro dipendenti. Perché archiviata il 15 ottobre la fase emergenziale dello Smart Working generalizzato, l’ambizione del nuovo contratto è quello di legare il lavoro agile a un meccanismo il più possibile strutturato di obiettivi da assegnare e risultati da misurare a livello individuale. Ma un sistema del genere richiede un ripensamento organizzativo profondo: con il rischio che tra resistenze dirigenziali e impossibilità pratica in molti settori lo Smart Working finisca per inciampare in un eccesso di ostacoli. Di qui la disciplina del «lavoro da remoto», che cambia la sede dell’attività ma non gli altri obblighi classici dell’ufficio; facilitando le verifiche che saranno affidate a «controlli automatizzati».

Una verifica fisica dovrà riguardare solo l’idoneità del luogo scelto in termini di sicurezza: in caso di lavoro da casa, amministrazione e dipendente dovranno concordare tempi e modi per l’accesso al domicilio. Smart Working effettivo e «lavoro da remoto» si differenziano anche per una possibile ricaduta in busta paga, perché la presenza del vincolo di orario permette l’eventuale riconoscimento dello straordinario che non può rientrare invece nelle regole del lavoro agile senza orario predefinito.

Per il resto, le due forme viaggeranno su binari identici in quel che riguarda le garanzie su riposi, pause e permessi. La novità incontra un’apertura da Cgil, Cisl e Uil, mentre la Flp parla di «proposta addirittura meno attuale di quelle oggi vigenti su telelavoro e coworking».

Nella nuova bozza entrano poi le modifiche già al centro del confronto con i sindacati sui criteri per riconoscere i nuovi «differenziali stipendiali», cioè gli aumenti di stipendio destinati a sostituire le attuali progressioni orizzontali: con la differenza, sostanziale, che l’attribuzione dei differenziali, ora chiamati «di valorizzazione», non passerebbe da procedure selettive.

Il perno dei criteri con cui attribuire i differenziali resta quello della «valutazione individuale», che però nel testo di ieri abbandona il rigido ancoraggio alla media aritmetica triennale. Accanto alla pagella entra poi in gioco l’«esperienza professionale», per superare le obiezioni sindacali sui rischi di un eccesso di discrezionalità dirigenziale; soprattutto con la difficoltà diffusa di fissare obiettivi precisi, certificata appunto dalla proposta sul lavoro da remoto.

Nel nuovo set di parametri non c’è un riferimento esplicito ai titoli di studio, che potranno però essere previsti negli integrativi.

Alla contrattazione di secondo livello toccherà anche il compito di attribuire i pesi ai diversi criteri, in un sistema nel quale la valutazione individuale dovrà però incidere per almeno il 50% sul punteggio finale e l’esperienza non potrà superare il 40%, per non legare troppo aumenti e anzianità di servizio. Per chi è rimasto a secco di premi per almeno 6 anni si potrà prevedere un piccolo punteggio bonus, non superiore al 3% del totale.

Un terzo elemento di novità riguarda poi le «indennità per specifiche professionalità», accessoria e finanziata dal fondo delle risorse decentrate, che potrà essere attribuita anche nell’area degli «assistenti», cioè la seconda area a cui si può accedere con diploma. Le «posizioni organizzative», vale a dire gli incarichi a tempo (fino a tre anni) legati a compiti particolari, riguardano invece i funzionari, cioè l’area terza che impone la laurea.

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