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Pa, concorsi unici sul portale con nuove tutele di genere

Ok al consiglio dei ministri sul Dpr che riforma il testo unico del 1994 e mette a regime gli interventi Pnrr. Procedura unica aperta anche agli enti locali. Anche psicologi nelle commissioni

di Gianni Trovati

Anche la riforma che cambia in modo strutturale i meccanismi dei concorsi pubblici taglia il traguardo del consiglio dei ministri con il via libera al Dpr che modifica il Testo unico del 1994. Il nuovo decreto mette a regime gli interventi avviati nell’ultimo anno e mezzo con il fitto reticolo normativo costruito intorno al Pnrr, e blinda quindi uno degli obiettivi cruciali del Piano con la riforma della Pa. Lo fa con un impianto snello di 14 pagine divise in due articoli: il primo riscrive il vecchio Testo unico, il secondo abroga le norme non più in linea con il nuovo sistema. Dopo il passaggio in consiglio dei ministri, il decreto andrà in Unificata e al Consiglio di Stato per i pareri.

L’architrave è rappresentato da «InPa», il Portale del reclutamento costruito dal ministero per la Pa guidato da Renato Brunetta con l’obiettivo di digitalizzare integralmente il processo burocratico del concorso e soprattutto di raccogliere in un’unica sede telematica tutte le offerte e le domande di lavoro e di mobilità nel mondo pubblico. Il decreto che estende l’utilizzo del Portale anche a regioni ed enti locali ha appena ottenuto l’intesa in Conferenza Unificata (NT+ Enti locali & edilizia del 28 settembre), passaggio determinante per un impiego davvero universale del Portale.

Con queste premesse, il Dpr spiega nella parte sostitutiva del vecchio articolo 4 che «alle procedure di concorso si partecipa esclusivamente previa registrazione nel Portale unico del reclutamento». L’iscrizione, ovviamente gratuita, può avvenire tramite Spid, carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi. Con la registrazione, l’aspirante candidato inserisce dati anagrafici, curriculum formativo e documentazione sulle esperienze professionali maturate. E tramite il portale riceverà anche tutte le comunicazioni su procedure del concorso, date e sedi delle prove ed esito.

La spinta a far convergere in un cervellone universale tutto il reclutamento pubblico si traduce anche nella possibilità di estendere a Regioni ed enti locali i «concorsi unici» che fin qui hanno interessato le Pa centrali. Per gli enti territoriali l’adesione è opzionale, e naturalmente non comporta le procedure autorizzative che aprono le porte alle assunzioni dei ministeri. Gli enti potranno però partecipare alla ricognizione dei fabbisogni che disegnano i confini dei concorsi unici; e in quel caso dovranno prendere da quelle graduatorie il loro nuovo personale.

Il passaggio non è banale perché prova a rafforzare quel collegamento fra centro e periferia già sperimentato in più occasioni nell’opera di «rafforzamento amministrativo» per il Pnrr, ad esempio nella selezione dei mille esperti inviati ad affiancare la partecipazione ai bandi negli enti locali per il tramite delle regioni. La vicenda parallela del «concorso Sud» mostra che questa impostazione è condizione necessaria ma non sufficiente per il successo, che passa da una maggiore attrattività della Pa. Ma limitare la polverizzazione dei concorsi è una mossa importante per rendere più efficace il reclutamento in una Pa piena di buchi nelle competenze. In quest’ottica il Dpr va letto insieme a un altro decreto che ha appena ottenuto l’intesa in Unificata con gli enti locali, quello dell’Anagrafe unica (Nt+ Enti locali & edilizia del 29 settembre) che raccoglierà tutte le informazioni su curriculum, competenze e carriere dei dipendenti pubblici. La sfida, in sintesi, è quella di fare della Pa un datore di lavoro “normale”, che decide quantità e profili da assumere sulla base delle carenze che individua nei propri organici.

Nella sostanza delle procedure, il capitolo più innovativo è quello delle tutele, di genere e non solo, che provano a tradurre in chiave un po’ più contemporanea il principio costituzionale della parità d’accesso alla Pa. Per garantire l’equilibrio i bandi dovranno indicare la rappresentatività attuale di genere nell’amministrazione, e dove la distanza è superiore al 30% aprirà una corsia preferenziale al genere meno rappresentato. Insieme a questa norma, che in molti casi andrà in futuro probabilmente a tutela dei candidati maschi in una Pa semprepiù femminile in tanti settori, ci sono misure di civiltà dedicate alle donne: come quella che chiede di assicurare la partecipazione alle prove alle candidate che non possono rispettare il calendario del concorso per ragioni di gravidanza o allattamento. «Nella valutazione relativa al servizio prestato - si legge poi nel nuovo articolo 3 - le assenze per maternità, per allattamento e per paternità sono equiparate al servizio effettivamente prestato e non possono in alcun modo comportare la decurtazione dei relativi punteggi». Importante anche la tutela per i soggetti con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), che potranno «utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo», e anche vedersi sostituire lo scritto con un orale.

Cambiano poi le commissioni. In cui siederanno anche psicologi ed esperti di risorse umane per provare a orientare le selezioni verso quelle capacità trasversali, organizzative e personali appena indicate come cruciali dalle Linee guida della Sna.

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