Personale

Pa, padri ancora senza congedi per un ritardo di dieci anni

Palazzo Chigi ribadisce l'inapplicabilità delle regole - Incognita sulla direttiva Ue

di Gianni Trovati

L’estensione a 10 giorni del congedo parentale maschile decisa con l’ultima legge di bilancio ha animato dibattiti alati sulla parità di genere e sul ruolo del padre nei primi giorni di vita dei bambini. Troppo alati, evidentemente, per il pubblico impiego. Dove infatti il congedo paterno non esiste.

Lo ha ribadito la presidenza del Consiglio in risposta agli interrogativi sollevati dai sindacati del pubblico impiego a partire dalla Flp. Per applicare l’assenza retribuita al 100% anche ai padri che lavorano nella Pubblica amministrazione, ha ricordato Palazzo Chigi, serve un’«armonizzazione» con le regole previste per il mondo privato. Ma «l’attività necessaria per realizzare la prevista armonizzazione non è stata ancora portata a termine e, pertanto, la disposizione contenuta nel citato articolo 24 non è, allo stato, applicabile ai lavoratori pubblici».

L’articolo 24 citato nel documento della presidenza è in realtà un comma 24. Ma non è questo il problema. L’articolo è il 4, e soprattutto la legge è la n.92 del 28 giugno 2012. Dieci anni fa. Il problema è questo.

Quella legge, di «riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» come la volle intitolare l’allora governo Monti, introdusse anche in Italia il congedo obbligatorio per i padri: un giorno solo, accompagnato da altri due giorni facoltativi, e solo per tre anni (2013, 14 e 15), in via «sperimentale». La sperimentazione è stata poi prorogata, la manovra per il 2017 ha portato i giorni obbligatori a due e a quattro dal 2018. Fino a quando, con la spinta soprattutto di Elena Bonetti (Iv), ministra per le Pari opportunità e la Famiglia nel governo Conte-2 confermata nello stesso ruolo da Mario Draghi, i giorni sono diventati appunto 10.

Ma a tutto questo lavorìo i dipendenti delle pubbliche amministrazioni centrali e locali hanno assistito da spettatori. Perché nei 10 anni che ci separano dal governo Monti, che avviò la pratica con la ministra con la ministra del Lavoro Elsa Fornero, nessuno dei ministri che si sono avvicendati alla Funzione pubblica ha firmato il decreto con l’«armonizzazione».

Ma la contemporaneità, almeno nella sua versione italiana che ai padri resta meno attenta rispetto alle migliori esperienze europee, potrebbe ora arrivare anche negli uffici pubblici. Merito di un decreto legislativo che attua la direttiva 2019/1158 dell’Unione europea (perché qualche volta il famoso «vincolo esterno» non è così male), e che dopo il passaggio alle commissioni parlamentari per il parere vedrà il via libera definitivo in consiglio dei ministri. Con le nuove regole, tra l’altro, il congedo di paternità potrà essere utilizzato non solo nei primi cinque mesi di vita del figlio, ma anche nei due che precedono la «data presunta di parto». Perché qualche volta i figli nascono prima del tempo. E ora finalmente se ne accorgono anche le norme.

Ma anche qui c’è un’incognita: la relazione del decreto legislativo calcola i costi solo per il settore privato: non è esattamente la premessa migliore, vista l’esperienza di questi 10 anni.

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