Pa, dal welfare aziendale una spinta al nuovo lavoro
Sono sempre più convinto che un ruolo importante nella futura contrattazione nel pubblico sarà svolto dal welfare integrativo.
Un passo importante in questo senso è stato fatto con il «Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e della coesione sociale» sottoscritto da Governo e sindacati nel 2021, che ha previsto l’esigenza di sviluppare forme di welfare contrattuale nel pubblico impiego con particolare attenzione al sostegno alla genitorialità, espandendo anche a questo settore le agevolazioni previste nel privato, alla previdenza complementare e a sistemi di premialità con un un rinnovato incentivo allo smartworking.
Ma cosa è il welfare aziendale? Si tratta di un insieme di benefit e prestazioni non monetarie erogate a favore dei dipendenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e il benessere dei lavoratori e dei loro familiari.
Agisce sul potere d’acquisto delle famiglie senza aumentare il loro reddito imponibile e il peso dell’Erario sul datore di lavoro. Nella Pa è ancora poco utilizzato anche se in realtà una ventina di anni fa con i Cral lo strumento del welfare era molto diffuso. Poi i vari interventi di spending review ne hanno di fatto limitato gli effetti positivi.
Il welfare aziendale è uno strumento prezioso per migliorare il clima lavorativo e il benessere dei dipendenti e può costituire un’integrazione degli strumenti contrattuali, soprattutto in un periodo in cui le risorse finanziarie per i rinnovi contrattuali scarseggiano. Può anche essere uno degli incentivi per attrarre i giovani e trattenerli facendo leva su istituti che concilino il lavoro con la vita privata (Smart Working). È un valido strumento per l’innovazione dell’organizzazione del lavoro nelle Pa.
Quanto si spende nelle Pubbliche amministrazioni per il benessere organizzativo? L'ultimo dato a disposizione è quello del conto annuale della Rgs che per la voce «Benessere del personale» del 2020 riporta 196 milioni, lo 0,11% della massa salariale complessiva.
Forse la voce non comprende altre spese inerenti al welfare aziendale, ma la percentuale resta molto bassa.
Gli interventi di welfare aziendali possono essere svariati: sanitari, con l’offerta di servizi e polizze aziendali; conciliazione famiglia-lavoro, tramite vari servizi come borse di studio per i figli, baby sitter, asili nido o assistenza per famigliari anziani; mobilità, con l’organizzazione di servizi di trasporto per i lavoratori per supplire alle carenze dei trasporti pubblici. La lista è lunghissima.
Il welfare aziendale potrebbe essere un fattore da considerare nei contratti nazionali e, a cascata, negli integrativi, con benefici sia per le Pa sia per i lavoratori e con un costo complessivo ridotto rispetto a un aumento contrattuale. La proposta può essere di stanziare specifiche risorse finanziarie nei rinnovi contrattuali destinate al welfare, affiancandole a quelle degli incrementi stipendiali.
I lavoratori, oltre ai benefici retributivi, potranno valutare l’ambiente di lavoro nel suo complesso, in termini sia di opportunità di crescita sia di flessibilità offerta negli orari e luoghi di lavoro e di conciliazione tra esigenze personali e professionali. Le amministrazioni potrebbero avere tra le mani un’ulteriore leva, a un costo inferiore, per migliorare la vita dei lavoratori (e contribuire al rilancio delle politiche del personale) con conseguenti benefici sulle attività.