Urbanistica

Paesaggio, l'urbanizzazione dell'area non legittima la piscina a meno di 300 metri dal mare

Il Tar sardegna boccia il ricorso di una struttura alberghiera

di Davide Madeddu

No alla piscina nella struttura alberghiera a meno di 300 metri dalla battigia. E il fatto che l'area sia urbanizzata, non è un motivo che può giustificare un passo indietro rispetto alle norme di protezione del paesaggio. La vicenda, finita davanti ai giudici del Tar Sardegna (sentenza n. 762/2021 pubblicata il 9 novembre) riguarda un'azienda proprietaria di vasta area nella Sardegna sud orientale con circa 75 mila metri quadrati suddivisa in due lotti di 60 mila il primo e poco meno 15 mila il secondo. Nel primo c'è un resort di 14 mila metri cubi mentre il secondo è inedificato.

Nel 2018 la proprietà decide di riqualificare il complesso e presenta un progetto per la realizzazione di una piscina pertinenziale al servizio dei propri ospiti. Presenta quindi al Suape la Dua. Seguono due conferenze di servizi: la prima in modalità asincrona che finisce senza un provvedimento definitivo, e la seconda in modalità sincrona che finisce parere sfavorevole. A fine ottobre del 2018 arriva il provvedimento definitivo che dà parere negativo: nessuna autorizzazione. Parte il ricorso al Tar, si costituiscono il Ministero per i beni e le attività culturali e la regione autonoma della Sardegna chiedendo il rigetto del ricorso.

Dalla documentazione prodotta emerge che il progetto non può essere approvato perché la struttura vorrebbe essere realizzata a una distanza di 240 metri dalla battigia. Un fatto che va a contrastare con la norma regionale che vieta la realizzazione di opere a meno di 300 metri dal mare. Nella nota l'Ufficio tutela del paesaggio della Regione, riporta una descrizione del contesto e dei relativi caratteri paesaggistici, insieme a una descrizione dell'intervento e del suo inserimento nel paesaggio; «in quest'ultima parte - si legge nel dispositivo del tar - si afferma che la nuova piscina andrebbe a realizzarsi «oltre il fabbricato esistente destinato a ristorante, verso il mare a circa 240 m dalla battigia, su un'area attualmente sistemata a prato inglese, ma fino alla data di realizzazione della struttura con specie autoctone non particolarmente fitte».

Nel ricorso poi viene evidenziato il fatto che nella fascia tra i 250 e i 300 metri dalla linea di battigia «anche a distanza molto inferiore dal mare rispetto a quella dell'intervento in esame sono presenti numerosi fabbricati e diverse piscine, appartenenti a privati». Poi una serie di altri dettagli relativi proprio a questo caso e a costruzioni realizzate alla stessa distanza dalla battigia. Per i giudici però «ogni progetto va valutato nel suo contesto e il vizio di disparità di trattamento è sinonimo di eccesso di potere solo quando vi sia un'assoluta identità di situazioni oggettive, che valga a testimoniare dell'irrazionalità delle diverse conseguenze tratte dall'amministrazione».

I giudici amministrativi, ricordano alcuni passaggi della relazione impugnata in cui si scrive che «potrà eventualmente essere presa in considerazione una nuova proposta progettuale che preveda il posizionamento della piscina al di fuori della fascia dei 300 metri dalla battigia come, preferibilmente mediante una rimodulazione dell'esistente piscina o mediante previsione di un nuovo manufatto in prossimità dell'esistente che impegni un tassello delimitato dall'attuale costruito e da una strada di lottizzazione». E inoltre rimarcano il fatto che «ciò risulta coerente con le disposizioni che, nella Regione Sardegna, non consentono più l'edificazione né la trasformazione urbanistica del territorio nella fascia di 300 metri dalla battigia».

E poi un altro elemento: «Occorre da ultimo osservare che l'avvenuta urbanizzazione di un'area non rappresenta una ragione sufficiente per recedere dall'intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati ». Ricorso respinto, e condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

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