Il CommentoAmministratori

Per rinforzare il Ssn non servono più fondi ma organizzazione

di Americo Cicchetti

Ci troviamo in un momento certamente significativo per la vita del nostro Servizio sanitario nazionale sul quale si è riacceso il dibattito sulla sua sostenibilità.

A mio avviso i dati in proposito sono chiari. L'iniezione finanziaria garantita al Ssn tra il 2019 e il 2022 è stata inedita (+16 miliardi) e l'ulteriore incremento per il 2023 (+3,8%) non potrà che irrobustire l'azione delle Regioni che già possono contare sulla più ampia dotazione di alte tecnologie (Tac, Rmn, Pet, ecc.) di tutto il continente europeo. I sistemi sanitari regionali, inoltre, hanno ben sfruttato le opportunità date dai provvedimenti emergenziali durante il Covid-19 per riportare il personale ai livelli del 2012. L'Ssn è tornato a poter contare su 670.000 unità di personale, ben 21.000 in più rispetto al 2019.

In buona sostanza, non ci sono le condizioni né forse le motivazioni per un'ulteriore iniezione finanziaria se non dopo aver messo mano al sistema con alcuni interventi profondi.

A questo proposito lo stesso ministro della Salute, Orazio Schillaci, nell'intervento inaugurale ieri alla 28° Conferenza Annuale dell'European health management association ospitata a Roma da Altems, Università Cattolica del Sacro Cuore, ha sostenuto che è necessario avere il «coraggio di attuare una riforma sanitaria che vada oltre singoli interventi tampone, a partire dalla revisione dei modelli assistenziali», suggerendo che l’attenzione non andrà posta sulla quantità di risorse, umane, tecnologiche o finanziarie ma sul come queste saranno utilizzate. Le nuove tecnologie, il nuovo personale e la nuova finanza al momento sarebbero inserite in un modello assistenziale di fatto “obsoleto”, che non ha ancora beneficiato delle innovazioni introdotte dal DM 77/2022 sul territorio e dell'auspicata trasformazione digitale legata agli investimenti del Pnrr.

In questo scenario sarà cruciale ri-progettare l'Ssn su basi culturali totalmente nuove: smettendo di disegnare le nostre organizzazioni nella prospettiva di chi offre i servizi, ma mettendoci nei panni di chi ne usufruisce, pazienti e cittadini.

Infatti, quando entriamo in un ospedale non ci chiediamo se la Regione che governa la sanità è di destra o di sinistra o se la città è amministrata dallo stesso colore politico della Regione, e neppure se l’ospedale sia pubblico o privato (accreditato). Al paziente non interessa a quale sigla sindacale appartiene il medico che sta facendo l’anamnesi e la diagnosi; non interessa a quale associazione professionale infermieristica è iscritto, o il tipo di contratto che ha (Ssn, Aris, Aiop…). Tutte queste cose sono rilevanti per il “sistema”, non per i pazienti.

I pazienti si chiedono altre cose: si chiedono se quel medico e quell’infermiere hanno le competenze necessarie (sono aggiornati?), se in quella struttura ci sono le migliori tecnologie disponibili (è stato fatto un Hta?), se e chiaro chi è responsabile di cosa e chi comanda (sono ben organizzati?), sei medici tra loro si parlano su ciò che mi accade (lavorano insieme? Sono un team?) e se davvero sono interessati alle persone che hanno di fronte (si prendono in carico del mio problema?). In buona sostanza, il paziente si chiede se si trova nel posto giusto per il problema di salute che in quel momento sta affrontando (il “sistema” la chiamerebbe appropriatezza organizzativa).

Per fare questo dobbiamo assolutamente «cambiare verso al Ssn: da verticale a orizzontale». Dobbiamo costruire le organizzazioni assegnando le responsabilità sui processi e non sulle strutture; promuovendo i talenti che lavorano in team e non gli specialisti solitari; distribuendo le risorse in relazione all'intensità delle cure, ai volumi e agli esiti e non più pagando le singole prestazioni.

Per fare questo dobbiamo cancellare il Dm 70/2015 sull’ospedale, lavorando su nuovi standard che leghino le piattaforme dedicate alle cure primarie del Dm 77/2022 (territorio, domicilio, telemedicina), con quelle che assistono i pazienti sugli altri livelli di intensità (acuzie, area critica, riabilitazione, assistenza a lungo termine e cure palliative) e con la prevenzione.

Appare evidente che nei prossimi anni non potremo contare su risorse significativamente superiori rispetto a quelle che oggi già investiamo per la salute pubblica. Sono convinto che ci sia spazio per utilizzarle ancora meglio, e che i tre giorni che ci aspettano alla Conferenza annuale Ehma 2023 saranno preziosi per comprendere quali traiettorie di innovazione organizzativa dovremo intraprendere per garantirci la sostenibilità del Ssn.