Pnrr, a Roma il doppio di Milano - I sindaci protestano: poche risorse
Alla capitale vanno 1.747 milioni dei 108 miliardi per le infrastrutture calcolate da Ance
Torna il partito dei sindaci e attacca sul Pnrr: ci sono poche risorse per le città. Mentre i singoli sindaci cercano una interlocuzione con il governo per avere più fondi. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, è andato a parlarne a Palazzo Chigi mercoledì scorso con Mario Draghi. I due candidati sindaco di Roma, Enrico Michetti e Roberto Gualtieri, su una cosa vanno d’accordo: la Capitale avrebbe diritto a più soldi e più poteri. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, nell’intervista pubblicata qui a fianco sostiene che le risorse del Pnrr sono del tutto insufficienti per sostenere i progetti di rilancio della città. E il presidente dell’associazione nazionale dei sindaci italiani (Anci), Antonio Decaro, lamenta la scarsa attenzione alle città italiane e rilancia, appunto, il partito dei sindaci contro la politica nazionale.
La lettura dei sindaci ha un qualche fondamento oggettivo se si guardano i numeri del Pnrr. Il Sole 24 Ore, prendendo a riferimento alcuni dati forniti dal Rapporto Ance (costruttori edili) sulla «territorializzazione» delle risorse del Recovery Plan (si veda il giornale di domenica 10 ottobre), ha fatto un conto sui fondi destinati alle principali aree urbane e le ha messe in correlazione con i dati nazionali.
Partiamo dai dati Ance che aiutano anche a capire come ci sia una notevole differenza da città a città nelle risorse destinate al territorio. Il Rapporto Ance (elaborato da Romain Bocognani, Flavio Monosilio, amalia Sabatini, Assia Leoni e Beatrice Ranieri) prende a riferimento i 108 miliardi destinati dal Pnrr alle infrastrutture materiali che più hanno attinenza al settore dell’edilizia.
Al momento sono stati distribuiti sul territorio («territorializzati», appunto) la metà di questi fondi. Un approfondimento del Rapporto evidenzia i fondi destinati alle tre più grandi città italiane: Roma al momento ha ricevuto fondi per 1.747,5 milioni, Napoli ha avuto poco più della metà (980,8 milioni), Milano ha avuto fra un terzo e metà, fermandosi a 677,9 milioni. Se facciamo riferimento al dato pro capite (ottenuto dividendo cioè per la popolazione residente) ogni cittadino romano ha 647 euro, quello napoletano circa 980 euro, quello milanese 484 euro. La media di queste tre città fa 667 euro pro capite. Messa in questo modo cambiano le carte ma restano le differenze, visto che un cittadino napoletano riceve il doppio di un cittadino milanese.
Il confronto con le medie nazionali dà un’ulteriore prospettiva, svelando che il Pnrr non ha certo puntato su un modello di sviluppo urbano e non ha privilegiato le città nella ripartizione delle risorse. Se si prende in considerazione il complesso dei 108 miliardi considerati dal Rapporto Ance a ogni cittadino italiano vanno per le sole strutture materiali 1.800 euro (sarebbero 3.250 euro se considerassimo per intero i 196 miliardi del Pnrr). Quindi quasi tre volte quello che hanno i cittadini delle tre grandi città.
Si può muovere l’obiezione che le somme distribuite finora sono soltanto 56 miliardi e che quindi il calcolo andrebbe fatto su quella cifra. Anche in questo caso, però, la media metropolitana è lontana dalla media nazionale: i 667 euro vanno confrontati con 933 euro nazionali. Nelle risorse non ancora ripartite può esserci la possibilità di recupero per le città italiane ma non fanno ben sperare piani come quello sulle risorse idriche o per il dissesto idrogeologico, due dei programmi più rilevanti che aspettano ancora la ripartizione.
Al di là dei giochi matematici, il Pnrr non è stato certamente costruito sullo sviluppo urbano: la corsa all’assegnazione delle risorse è stata fin dal primo minuto - c’era ancora il governo Conte - una corsa ministeriale, a base di piani nazionali.
Anche l’esercizio della «territorializzazione» svolto dal Rapporto Ance, molto significativo sul piano statistico, lo è molto meno sul piano reale perché le risorse destinate a Roma, Milano e Napoli non sono espressione di un piano di sviluppo coerente (e sostenibile) delle città ma solo la ricaduta locale di piani pensati a livello nazionale. Gli unici piani già partiti come locali sono quelli per il trasporto rapido di massa e per gli autobus elettrici.
Non sorprende. È l’ennesima conferma per un Paese che ha abbandonato la rappresentanza delle politiche urbane nel governo nazionale dagli anni ’90.