Ponte sullo Stretto, legge in Gazzetta: parte il lavoro su costi, contenzioso, Spa, espropri e progetto
I provvedimenti attuativi, il superamento dei contenziosi, l'attualizzazione del progetto, il nuovo Pef: per la maxi-opera il cantiere continuerà a essere «di carta», almeno fino all'ok del Cipess
Il lavoro vero sul Ponte sullo Stretto di Messina inizia ora. Pubblicata la legge di conversione del Dl proposto dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, si entra ora nella fase attuativa. Un cantiere che per ora continua a essere di carta. I fronti di lavoro sono vari ma tutti complessi e impegnativi, a iniziare dalla questione molto pratica degli espropri. Entro 30 giorni un apposito decreto del Mit dovrà definire i meccanismi operativi che regoleranno questa attività, una "macchina" che prevede apposite piattaforme per gestire sia l'aspetto amministrativo sia quello della trasparenza. C'è poi tutto il fronte della società operativa Stretto di Messina Spa: andranno selezionati vertici e componenti e sottoscritti numerosi atti per gestire i rapporti amministrativi ed economici sia tra i soci, sia tra la Spa e il governo. C'è infine la complessa questione tecnica dell'attualizzazione del progetto del 2011, con tutte le implicazioni sul costo dell'opera, per ora solo stimato (in 13,5 miliardi). Un progetto che rappresenta un'opera unica nel suo genere, visto che è stata confermata la campata unica di oltre tre chilometri di lunghezza. Senza dimenticare il maxi contenzioso, al momento ancora pendente, anche se il Dl pone le premesse per una ripresa del rapporto contrattuale con l'allora aggiudicatario (che appare ancora oggi l'unico operatore italiano dimensionalmente in grado di realizzare l'infrastruttura).
La società stretto di Messina
Per la società Stretto di Messina Spa cambiano composizione, struttura e governance. Dall'iniziale controllo Anas (81,5% circa) si passa al controllo del Mef che avrà il 51% delle azioni, con però una sorta di coabitazione con il Mit cui il decreto legge attribuisce funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa sulla Spa: tutte le decisioni dovranno passare per l'intesa con il ministero delle Infrastrutture. Dopo la revoca dello stato di liquidazione della società dovrà concretizzarsi la cessione delle quote di Anas al Mef. Il cda della nuova Stretto di Messina Spa avrà cinque membri di cui due (presidente e ad) designati dal Mef (d'intesa con il Mit), e uno ciascuno designato da Regione Calabria, Regione Sicilia e Rfi-Anas.La convenzione con la società dovrà essere approvata con Dm, sentiti i Cda di Fs, Anas e previo parere del Consiglio di Stato. In caso di inerzia è prevista la possibilità di nominare un commissario di governo, con Dpcm, su proposta del Mit. La Spa si avvale della Struttura tecnica di missione del Mit e della consulenza di un Comitato scientifico di nove membri, da nominare. C'è poi la necessità, per il Mit e il Mef, di sottoscrivere un apposito accordo di programma con la Spa e i singoli soci. Il Dl prevede la possibilità per il Mit di sottoscrivere atti aggiuntivi alla concessione. Questi atti sono necessari per ridefinire gli impegni amministrativi e finanziari relativi al riavvio delle procedure di progettazione e realizzazione dell'opera.
Il superamento del contenzionso
Il decreto legge traccia il percorso per ritornare alla situazione pre-caducazione, riattivando la convenzione con l'allora aggiudicatario, previa l'integrale rinuncia alla prosecuzione del contenzioso una volta che il progetto aggiornato ha ricevuto l'approvazione finale da parte del Cipess. Come è noto, alla caducazione, nel 2012, della convenzione firmata a valle della gara del 2004 vinta dal consorzio Eurolink (quidato dall'attuale Webuild), sono seguite due distinte azioni legali di fronte al giudice ordinario. Il contenzioso principale è quello promosso dal consorzio aggiudicatario la cui domanda di risarcimento ammonta a circa 700 milioni di euro (oltre a rivalutazione e interessi). Distinto ricorso è stato promosso in un secondo tempo anche dal project manager Parsons Transportation Group) con una richiesta di risarcimento di 90 milioni di euro. Quanto al primo contenzioso, l'ufficio studi del Senato informa che è attualmente pendente il giudizio di appello e «l'udienza di precisazione delle conclusioni è prevista per il 18 settembre 2023». Quanto al secondo contenzioso, si è in attesa della sentenza del Tribunale di Roma (dopo una rimessa alla Corte Costituzionale, che però ha dichiarato la questione inammissibile, rinviando nuovamente la decisione al Tribunale). Sotto il profilo giuridico, al momento l'orientamento emerso nel corso del giudizio è quello di considerare legittima la caducazione, salvo equipararla a una rescissione contrattuale unilaterale da parte del committente, con conseguente riconoscimento di un indennizzo.
L'aggiornamento del progetto
Il progetto del 2011 dovrà essere aggiornato sia sotto il profilo economico - con la rideterminazione dei prezzi e dei costi (secondo un meccanismo indicato dal Dl) - sia tecnico, attraverso l'adeguamento alle nuove norme tecniche. Il progetto definitivo sarà passato al vaglio per verificarne la rispondenza alle prescrizioni indicate all'epoca e poi integrato con tutta una serie di nuove prescrizioni da sviluppare nel progetto esecutivo. Tutta la componente innovativa del progetto sarà descritta in una apposita relazione che dovrà essere approvata dal Cda della Stretto di Messina Spa. La tappa finale e definitiva - soprattutto sul fronte del costo (attualmente aggiornato nel Def a 13,5 miliardi di euro) - sarà l'approvazione del progetto da parte del Cipess. Prima però, sempre sul piano tecnico, l'iter prevede la conferenza di servizi con l'ok del ministero dell'Ambiente e del ministero della Cultura.
Definizione dei costi e dell'equilibrio economico
A valle della esatta quantificazione dei costi - necessariamente legata all'attualizzazione del progetto ma soprattutto alla nuova metodologia di calcolo prevista dal Dl - sarà possibile definire il nuovo Piano economico e finanziario dell'infrastruttura. Già durante il governo Draghi, il ministro delle Infrastrutture Giovannini aveva ricordato che il precedente Pef si componeva di tre fonti di finanziamento: equity (34,4%), debito (52,3%) e contributo pubblico (13,3%) per complessivi 10 miliardi di euro; e che «i costi del capitale di debito e dell'equity appaiono elevati rispetto ad altri schemi di finanziamento analoghi» e poi ancora che «il modello di project financing proposto appare non adeguato a causa di un probabile significativo canone di utilizzo a carico di Rfi e Anas che si tradurrebbe, sia pure in forma indiretta, in un finanziamento dell'intervento a carico del bilancio pubblico». Alla nuova stima dei costi, che si potrà leggere solo nel prossimo nuovo Pef, è legata anche una questione normativa, ben evidenziata dall'ufficio bilancio del Senato. I tecnici hanno infatti segnalato che gli effetti finanziari derivanti dal nuovo meccanismo di calcolo con le eventuali nuove voci di costo non contemplate precedentemente potrebbe avere conseguenze sul rispetto della norma comunitaria recepita nel codice appalti «che consente la modifica dei contratti di appalto, senza una nuova procedura di affidamento, a condizione che l'aumento del prezzo dell'appalto non ecceda del 50 per cento il valore del contratto iniziale».