Posizioni organizzative alla prova del nuovo contratto ma con pochi margini sugli aumenti
Il Dl 80/2021 prevede la possibilità da parte dei prossimi contratti nazionali di superare il vincolo
La possibilità di aumentare lo stanziamento per le posizioni organizzative è sempre più di attualità. Dopo l'innalzamento degli importi massimi da parte del contratto 21 maggio 2018, il vincolo del trattamento accessorio ha reso quasi inapplicabili i nuovi valori. Ci ha provato l'articolo 11-bis del Dl 135/2018 a metterci una pezza, dando la possibilità, negli enti senza la dirigenza, di imputare i maggiori costi alle capacità assunzionali, ma si trattava di una possibilità una tantum collegata strettamente alle Po assegnate al 21 maggio 2018, come più volte ribadito dalle sezioni regionali della Corte dei conti (si veda ad esempio la deliberazione n. 1/2021 della Toscana) e come confermato anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica in un recente parere in risposta al quesito posto da un Comune.
Se tutto, quindi, appare bloccato, uno spiraglio, seppure lieve, giunge dall'articolo 3 del Dl 80/2021, il quale prevede la possibilità da parte dei prossimi contratti nazionali di superare il vincolo al trattamento accessorio che al momento attuale è ancorato al livello dell'anno 2016 così come indicato dall'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017. Le stime, però, sembrano dire che l'impatto sarà davvero di poco conto (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 30 novembre).
Il punto fondamentale risiede nel fatto che per rispettare la norma restrittiva è necessario considerare non solo il fondo delle risorse decentrate bensì alcune voci che trovano allocazione tra gli stanziamenti di bilancio. Un caso su tutti: le somme per la retribuzione di posizione e di risultato dei dipendenti incaricati di posizione organizzativa, per le quali i contratto hanno previsto incrementi sui valori massimi che, però, di fatto non possono essere riconosciuti a causa del limite. Il conto annuale predisposto dalla Ragioneria generale dello Stato, poi, ha richiesto quest'anno alle amministrazioni di inserire anche il trattamento accessorio del segretario comunale e provinciale, andando a rompere gli equilibri sul rispetto complessivo del limite. Da ultimo: che senso ha porre un limite sulle indennità che vengono erogate, per obbligo contrattuale, sulla base di specifiche attività o modalità lavorative come il turno, la reperibilità o il servizio prestato in giornata festiva?
Se proprio non è possibile giungere all'eliminazione totale dell'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017, si potrebbe, quantomeno, ragionare sull'esclusione dal limite almeno di queste tipologie di erogazioni. Il meccanismo, peraltro, sarebbe davvero semplice. Per le posizioni organizzative si potrebbe concedere autonomia di stanziamento alle singole amministrazioni in base alla graduazione e ai criteri stabiliti autonomamente nei propri sistemi interni. Naturalmente, occorrerebbe prevedere un sistema che imponga, in caso di nuovi incarichi di Po a personale attualmente remunerato a carico delle risorse del fondo, una compensazione tra le due voci, "congelando" temporaneamente le somme relative sul fondo per evitare comportamenti elusivi della norma (quali la nomina indiscriminata di Po negli enti). Per le attività correlate a turno e reperibilità dei dipendenti, basterebbe invece cristallizzare l'importo dell'ultimo esercizio e ridurre di pari importo le risorse stabili dei fondi; da quel momento in poi quelle stesse indennità verrebbero finanziate liberamente dagli enti, in funzione delle loro esigenze organizzative, con stanziamenti di bilancio derogatori al tetto 2016.
Di fatto, in questo modo, si creerebbe un limite non più sul totale dell'accessorio, ma solamente su quella parte delle retribuzioni, quali progressioni orizzontali, indennità varie e performance, che sono oggetto di discrezionalità nelle fasi della contrattazione integrativa e che hanno maggior ragione di essere contenute.