Appalti

Ppp, dal decreto Semplificazioni uno stimolo all'iniziativa dei privati

Focus sulle novità del decreto 76/2020 in tema di partenariato pubblico privato e project financing

di Velia M. Leone (*)


La storia infinita delle modifiche normative che, direttamente o meno, coinvolgono la proposta ad iniziativa privata (Proposta), o, più correttamente, le procedure di affidamento dei contratti ascrivibili alla categoria tassonometrica del partenariato pubblico-privato (PPP), si arricchisce di un nuovo capitolo con la pubblicazione del Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76, ossia il c.d. "Decreto Semplificazioni".

In considerazione della straordinaria emergenza - sanitaria prima, ed economica, poi -, il Decreto Semplificazioni si pone il lodevole ed ambizioso obiettivo di "realizzare un'accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici…, operando senza pregiudizio per i presidi di legalità": parole sante, su cui non si può che essere d'accordo, in linea con le strategie suggerite, già da tempo, dalla Commissione Ue (si veda l'articolo dell'autore pubblicato su E&T il 3 aprile 2020, "Le indicazioni della Commissione Ue per snellire gli appalti") e dall'Anac (si vedano tutti i provvedimenti adottati dalla medesima nel corso del periodo emergenziale, disponibili a questo link).

La modalità operativa attuata con il Decreto Semplificazioni è quella, per così dire, dell'intervento chirurgico sulle prescrizioni procedurali, già contemplate nel D.lgs 50/2016 e ss.mm.ii. (Codice dei Contratti o anche Codice), al fine di ridurre, sostanzialmente, i tempi procedurali, anche stabilendo - per la prima volta nel sistema italiano dei contratti pubblici - il principio in base al quale il mancato rispetto delle tempistiche acceleratorie - ossia, la non aggiudicazione del contratto e, quindi, la mancata realizzazione dell'investimento - possano "essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale" oppure, ove tali ritardi dipendano dall'agere degli operatori economici (OE), questi "costituiscono causa di esclusione dell'operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante ed opera di diritto." (art. 2, comma 1). Queste poche parole invertono il consueto canone ermeneutico della Corte dei Conti, che, d'ora in poi, si troverà a dover stigmatizzare il "non fare", anzi, detto meglio, il "non aver fatto" entro i tempi prescritti ex lege, per fronteggiare la palpabile emergenza in cui versa in Paese. Tale intenzione acceleratoria è enfatizzata dalla valenza differenziata - tra azioni e omissioni - del "dolo" ai fini della responsabilità erariale, nonché dalla parziale riforma del reato di abuso di ufficio.

Tale azione - doverosa - presuppone il ricorso alle tipologie contrattuali contemplate nel Codice - ossia, appalti e concessioni -, che rappresentano gli indiscussi strumenti di regolamentazione, la cui essenza immanente è proprio quella di dare respiro all'economia - creando una spinta propulsiva sul mercato - e, contemporaneamente, migliorare il livello - in alcuni settori - depleto e fortemente carente dello stock infrastrutturale nazionale.
Peraltro, la Corte dei Conti, con particolare riferimento al settore sanitario, ha già intrapreso questo percorso, con l'adozione del "Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2020", con cui, nell'evidenziare la necessità di coniugare il controllo della spesa - "per evitare che, come accaduto in passato, inefficienze e cattiva gestione non consentano di tradurre l'aumento dei finanziamenti destinati al sistema sanitario in effettivi servizi al cittadino" - con il potenziamento della capacità di programmazione della stessa, ha individuato, tra le aree più critiche per la vulnerabilità del SSN, proprio il rallentamento degli investimenti.

Le nuove regole del Decreto Semplificazioni - che, tra le altre cose, estende la validità delle norme transitorie e "sperimentali" del precedente Decreto c.d. "Sblocca cantieri" -, unitamente ad un'impostazione più pragmatica della stessa Corte dei Conti, dovrebbero, auspicabilmente, riuscire a superare l'annoso problema della burocrazia italiana, romanticamente, definito "lo sciopero della firma" o la c.d. "burocrazia difensiva": ma difensiva rispetto a cosa? Non certo dell'interesse pubblico, il cui perseguimento dovrebbe ispirare l'organizzazione dell'intero apparato pubblico, quanto, piuttosto dell'interesse individuale del singolo agente pubblico - entro certi limiti, umanamente, comprensibile - a non finire nella maglie della responsabilità erariale, il quale, a propria tutela - fortunatamente, con le dovute e numerose eccezioni -, tende a piegarsi al noto - e triste - broccardo del "chi non fa non sbaglia".

Fatta questa premessa metodologica, vediamo ora dove si colloca la Proposta in questo quadro acceleratorio. Prima di affrontare l'analisi delle prescrizioni del Decreto Semplificazioni, si rammenta che la Proposta potrebbe essere considerata lo strumento acceleratorio per eccellenza, visto che l'onere di produrre la documentazione afferente la progettazione, la documentazione giuridica ed economico-finanziaria - comprensiva di gestionali dei servizi, piano economico-finanziario, bozza di convenzione e matrice dei rischi - ricade, in prima battuta, sugli Oe. Ciò consente un chiaro risparmio temporale alle amministrazioni, specie nella fase iniziale di congetturazione dell'intervento, visto che il Codice dei Contratti, a fronte della presentazione di una Proposta, richiede di valutarne la fattibilità - ossia la corrispondenza all'interesse pubblico - entro tre mesi dalla sua presentazione, per poi dar luogo alla c.d. gara a valle, atta a garantire la contendibilità dell'operazione anche da parte di altri Oe, nel pieno rispetto dei principi generali prescritti dallo stesso Codice. Ciò detto, la Proposta è ancora vista da alcuni - si spera sempre meno numerosi - come un'intromissione degli Oe nel regno della Pubblica amministrazione, stoltamente, confondendo il mero supporto alla gestione della cosa pubblica - unico ambito in cui si può esprimere l'attività dell'Oe - con l'effettivo controllo e potere decisionale sulle attività pubbliche che possono essere - e, tuttora, sono - nella piena ed esclusiva facoltà e capacità decisionale del soggetto pubblico.

Da questa considerazione empirica e di buon senso sarebbe dovuta derivare la logica conseguenza che nel Decreto Semplificazioni la Proposta rivestisse un ruolo centrale, con chiare indicazioni volte ad incentivarne la fruizione, proprio in una logica acceleratoria degli investimenti pubblici, così da poter dare vita ad una nuova stagione di effettiva collaborazione pubblico-privata, necessaria per la rinascita del Paese. In altre parole, ci si sarebbe attesi un intervento volto a fugare ogni dubbio sulla corretta fruibilità operativa della Proposta - il cui punto di approdo è la stipula di un contratto di concessione - e, più complessivamente, di tutti i modelli contrattuali ascrivibili alla categoria dei Ppp, stante la piena dignità giuridica degli stessi rispetto al contratto di appalto, come prescritto dalle Direttive UE del 2014, recepite, seppur con significative aporie interpretative, nel Codice dei Contratti.

Di converso, ritroviamo la Proposta nell'insieme della norme residuali, dettate dall'art. 8 - (Altre disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici) -, il cui comma 5, lett. d), punto 1) inserisce - con il bisturi - tre parole che consentono la presentazione di Proposte aventi ad oggetto iniziative "anche se presenti" negli strumenti di programmazione già approvati dall'amministrazione. Questa modifica comporta, di conseguenza, anche la successiva interpolazione testuale dell'art. 183, comma 15 del Codice dei Contratti, che contempla anche il progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE) tra i documenti essenziali di cui è composta la Proposta. Pertanto, nell'ipotesi in cui lo stesso intervento sia già in programmazione, il comma 5, lett. d), punto 2) dell'art. 8 del Decreto Semplificazioni prevede che l'intervento proposto debba essere integrato negli strumenti di programmazione, così da consentire l'indizione della gara a valle, "qualora non sia già presente" in tali strumenti.

Queste quattro parole rafforzano il concetto che la Proposta possa essere presentata anche - ma non solo - ove l'intervento e la relativa progettazione siano già in programmazione. Ciò pone una questione non banale: in tale ipotesi - ossia, qualora il Pfte sia già stato prodotto dall'amministrazione - l'Oe può prescinderne? O dovrà partire da quello stesso Pfte per elaborare la propria Proposta, poiché rappresenta l'enucleazione dei desiderata dell'amministrazione? Questa domanda scardina una delle certezze su cui si fonda(va) la logica della Proposta, ossia l'idea che, vista la carenza programmatoria dell'amministrazione, l'Oe potesse articolare la Proposta alla luce del proprio business case ed in considerazione del proprio specifico know-how, accettando il rischio imprenditoriale sia che la Proposta potesse essere modificata, sia che potesse non essere dichiarata fattibile dall'amministrazione.

In buona sostanza, con solo otto parole, il Decreto Semplificazioni scardina la ratio che, nel tempo, aveva portato all'elaborazione delle prescrizioni normative e dei relativi arresti giurisprudenziali sulla Proposta, rischiando di creare ulteriore confusione sul suo utilizzo, invece che velocizzarne la diffusione. Detto ciò, per rispettare l'obiettivo propulsivo del Decreto Semplificazioni e superare questa potenziale difficoltà, si suggerisce, nei casi in cui i lavori, o i servizi, siano già presenti negli strumenti programmatori delle amministrazioni, che quest'ultime stimolino gli Oe, potenzialmente interessati a presentare Proposte identificando e pubblicizzando - dandone, ad esempio, evidenza sul proprio profilo internet - quegli interventi su cui auspicano la presentazione di possibili Proposte.

Questo accorgimento dovrebbe essere perseguito dalle amministrazioni al più presto, ossia già dai prossimi giorni, per il seguente ordine di motivi:
a)il Decreto Semplificazioni è già in vigore, essendo stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 16 luglio u.s., ed essendo entrato in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione;
b)ai sensi del comma 6 dell'art. 8 del Decreto Semplificazioni, le prescrizioni del comma 5 dello stesso articolo sono applicabili a tutte le procedure per cui non sono stati ancora pubblicati i relativi bandi e a quelle per cui, non essendo prevista tale pubblicazione, non siano stati ancora inviati gli inviti a presentare offerte o i preventivi;
c)è necessario prevenire la presentazione di Proposte su interventi rispetto ai quali l'amministrazione già intende operare in autonomia, in modo da far risparmiare risorse agli Oe, che potranno meglio convogliarle su quelle attività rispetto alle quali l'amministrazione è interessata a ricevere Proposte;
d)incrementare il livello di trasparenza dell'agere dell'amministrazione, a tutto vantaggio di un fecondo clima di fiducia e rispetto reciproco tra il settore privato e quello pubblico.

In tal caso, si potrebbe dar seguito alle indicazioni dell'Anac, articolate nelle linee guida n. 14, recanti "Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato", approvate con la Delibera numero n. 161 del 6 marzo 2019 (LG 14). Pertanto, nel caso in cui l'intervento che potrebbe essere oggetto della Proposta sia già in programmazione, si potrebbero adottare gli accorgimenti suggeriti nelle LG 14 per le "consultazioni preliminari di mercato" - ossia il c.d. "dialogo tecnico" -, previste dall'art. 66 del Codice dei Contratti, che auspicano una fruttuosa interlocuzione tra amministrazione e Oe proprio per superare eventuali asimmetrie informative, che potrebbero generarsi anche nel caso di specie. Sul punto, vale precisare che l'art. 66 del Codice dei Contratti non menziona espressamente i contratti di concessione - in cui si traducono le Proposte - solo perché rappresenta il testuale recepimento della Direttiva 24/2014, in tema di appalti, e non della Direttiva 23/2014, in materia di concessioni, che non fornisce indicazioni in tema di procedure per evidenziare la maggiore libertà procedurale delle amministrazioni, che possono, liberamente, scegliere la procedura più appropriata al caso di specie. Le LG 14 riconoscono, espressamente, l'utilizzabilità delle consultazioni anche ai rapporti concessori. Pertanto, a valle della summenzionata modifica introdotta dal Decreto Semplificazioni in relazione alla presentazione di Proposte - che possono essere, effettivamente, una modalità di accelerazione degli investimenti pubblici per i lavori ed i servizi pubblici, o di pubblico interesse -, il ricorso al dialogo tecnico sia da parte delle amministrazioni (top down), che degli Oe (bottom up) rappresenta un utile strumento, perfettamente fruibile ed in piena cOerenza con le indicazioni dell'ANAC, atto a prevenire eventuali sovrapposizioni tra le scelte dell'amministrazione e le Proposte degli Oe.

Superato questo potenziale rischio di mancata fruizione dello strumento acceleratorio volto a consentire la presentazione del maggior numero possibile di Proposte, le stesse, una volta dichiarate fattibili, nell'ambito della relativa gara a valle - a patto che, in cOerenza con le disposizioni dell'art. 2, comma 1 del Decreto Semplificazioni, "la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021" -, potranno usufruire del regime acceleratorio, che, sempre lo stesso articolo, impone e secondo il quale "l'aggiudicazione o l'individuazione definitiva del contraente" deve avvenire "entro sei mesi dalla data di avvio del procedimento". Di queste tempistiche - peraltro, accompagnate dallo stigma del danno erariale e/o dell'esclusione dalla procedura, già commentate - potranno, ragionevolmente, giovarsi, principalmente, le Proposte che sono già state presentate alle amministrazioni e, in prima battuta, quelle che sono già state dichiarate fattibili. Ciò in quanto, nella logica di incrementare il ricorso alla Proposta per nuovi interventi, sarebbe stato utile, con l'occasione del Decreto Semplificazioni, chiarire, una volta per tutte, la tassatività del termine - definito "perentorio" dall'art. 183, comma 15 del Codice, ma non rispettato come tale, in assenza di una sanzione a carico dell'amministrazione - concesso alla stessa per la valutazione delle Proposte in vista della loro dichiarazione di fattibilità, come da ultimo ritenuto dal Tar Lombardia-Milano (sentenza n. 1083/2020, del 17 giugno 2020). In assenza di quest'ulteriore intervento normativo, è poco probabile che Proposte non ancora presentate possano fruire delle suddette tempistiche acceleratorie, a meno che non si tratti di interventi relativamente semplici e di facile e veloce valutazione.

In conclusione, è evidente che il Decreto Semplificazioni costituisce uno stimolo alla presentazione di Proposte, in quanto efficaci ai fini dell'accelerazione degli investimenti pubblici nei lavori e servizi, a fronte dell'emergenza Covid-19. Il fatto che la Proposta sia, espressamente, menzionata nel decreto, con un approccio che ne vuole ampliare la fruizione, non può che dissipare qualsiasi residuo dubbio sulla legittimità del ricorso a tale strumento procedurale, che deve essere, oggi, considerato -a maggior ragione - come dotato di pari dignità di qualsiasi altra procedura, articolata nel Codice dei Contratti. Tuttavia, il pacifico e non controverso ricorso a questo strumento procedurale necessita ancora di alcuni accorgimenti - a vantaggio sia dell'amministrazione, che degli Oe - volti a consentirne la maggiore, più rapida e sicura fruizione (si veda l'articolo dell'autore pubblicato su E&T il 15 gennaio 2020, "Dai requisiti al progetto: i 7 nodi del Ppp da sciogliere con il regolamento appalti"). Si auspica che gli stessi siano presi in seria considerazione al momento della conversione in legge del Decreto Semplificazioni, a tutto vantaggio non solo del processo di accelerazione, ma soprattutto della chiarezza e certezza del diritto.

Studio legale Leone&Associati (*)

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