Fisco e contabilità

Prestazioni socio-sanitarie, il Consiglio di Stato «richiama» i Comuni al rispetto dell'Isee

Gli enti non possono «creare criteri avulsi all'Isee con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva»

di Pietro Verna

I regolamenti comunali che disciplinano la compartecipazione al costo delle prestazioni socio sanitarie devono conformarsi ai criteri stabiliti dal Dpcm 159/2013 «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente – Isee». Lo impone l'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (lo Stato «ha legislazione esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale») e la legge 328/2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» che riserva al governo il compito di predisporre un piano nazionale dei servizi sociali in cui indicare i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da parte degli utenti. Fermo restando l'orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui la normativa in tema di Isee «non attiene a una "materia" in senso stretto, ma costituisce una competenza esclusiva e "trasversale", idonea a investire una pluralità di materie » (Corte costituzionale, sentenza n. 91/2020 che richiama le sentenze n. 203/2012, n. 232/2011, n. 10/2010, n. 322/2009, n. 168/2008, n. 50/2008, n. 162/2007 e n. 94/2007).

In questi termini il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6926/2020 ha confermato la pronuncia con la quale il Tar del Veneto aveva annullato la delibera di un Comune che, in applicazione delle «Linee guida per l'applicazione dell'Isee per il sostegno economico alla spesa sociale della retta nell'ambito della residenzialità approvate dalla conferenza dei sindaci il 05 dicembre 2016», aveva determinato la quota di partecipazione alla retta di un invalido al 100 per cento tenendo conto della pensione di invalidità e dell'indennità di accompagnamento, ossia in violazione dell'articolo 2-sexies (Isee dei nuclei familiari con componenti con disabilità) del decreto legge 42/2016, convertito dalla legge 89/2016. Previsione che ha escluso dal reddito Isee i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità e sostituito le detrazioni delle spese e delle franchigie previste nell'articolo 4, comma 4, lettere b), c) e d) del Dpcm 159/2013 con la maggiorazione al parametro della scala di equivalenza dello 0,5 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente.

La sentenza di Palazzo Spada
Nel ricorso proposto contro la pronuncia del Tar, il Comune aveva sostenuto che l'articolo 2-sexies del decreto legge 42/2016 sarebbe stato incostituzionale «per difetto di copertura finanziaria in violazione degli articoli 81, comma 3, e 119, comma 5, della Costituzione nonché per lesione delle competenze legislative e amministrative delle Regioni e dei Comuni, in violazione degli articoli 117, comma 3, e 118 della Costituzione, con pregiudizio del sistema socio-sanitario locale nel suo insieme, in violazione degli articoli 3, 32 e 38 della costituzione» ed evidenziato che l'articolo 2 del Dpcm 159/2013 consente agli enti erogatori di prestazioni socio sanitarie di prevedere, accanto all'Isee, «criteri ulteriori di selezione volti a identificare specifiche platee di beneficiari».

Argomentazioni che non hanno colto nel segno. Il massimo organo di giustizia amministrativa ha affermato che l'Isee è l'unico «strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati», ragion per cui i Comuni non possono «creare criteri avulsi all'Isee con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva» (Consiglio di Stato, sentenza n. 6371/2018) e precisato che il potere di individuare ulteriori criteri da affiancare all'Isee «si riferisce all'attività normativa residuale di cui all'articolo 117, comma 4, della Costituzione e, come tale, riguarda le Regioni, e non gli enti locali» ( Corte costituzionale, sentenza n.91/2020). Non mancando di rilevare, per un verso, l'irragionevolezza e la sproporzionalità della retta applicata al disabile in base alle «Linee guida» («l'importo richiesto sarebbe superiore all'Isee, pari ad € 10.805,33, e alla sommatoria della pensione di invalidità e all'indennità di accompagnamento percepite nell'anno 2018 che non arriva a € 10.000,00») e, per altro verso, l'improponibilità della richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale del citato articolo 2-sexies. Richiesta che l'Alto Collegio ha "rimandato al mittente" alla luce del principio secondo cui «le posizioni delle persone disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria» (Consiglio di Stato, sentenza n. 1/2020; Corte costituzionale, sentenza n. 80/2010).

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