Appalti

Project financing, il nodo dei requisiti del proponente rischia di azzoppare il mercato

Norme complesse e lacunose non chiarite da una recente delibera Anac: serve un intervento chiarificatore

di Velia M. Leone

Uno dei profili più complessi e, paradossalmente, meno dibattuti, delle operazioni di c.d. finanza di progetto a iniziativa privata - art. 183, comma 15 del D.Lgs. n. 50/2016. (codice appalti) - è quello dei requisiti soggettivi del proponente. A una prassi confusa si sono aggiunte, e stratificate nel tempo, previsioni normative (e regolamentari) poco chiare e non coordinate, che il codice appalti non ha contribuito a risolvere. Questo quadro avrebbe dovuto indurre a salutare con sollievo il chiarimento offerto dall'Anac con la delibera n. 329 del 13 aprile 2021, resa nell'ambito di un procedimento di «vigilanza collaborativa» a un Comune, relativo all'accertamento di alcuni profili inerenti a una proposta per l'affidamento in concessione dei lavori di miglioramento dell'efficienza energetica e della sicurezza degli impianti comunali di pubblica illuminazione, nonché del relativo servizio di gestione, comprensivo di manutenzione integrata e fornitura di energia elettrica.

Le aspettative suscitate dalla delibera suddetta sono state, sicuramente, soddisfatte, in prima battuta, dalla chiara - ed assolutamente condivisibile - "massima" enunciata dall'Anac, secondo cui «in una procedura di Project financing la verifica del possesso dei requisiti del proponente, anche ai fini dell'attribuzione della qualifica di promotore, deve essere espletata prima dell'approvazione della proposta. La valutazione della sussistenza dei requisiti del promotore dovrà essere effettuata in concreto sulla scorta dell'oggetto del progetto proposto, delle sue specifiche, dell'annesso piano economico-finanziario allegato alla proposta presentata».

Tuttavia, nel proseguire l'esame, ogni speranza di ottenere chiarimenti su un tema così intricato è, purtroppo, rapidamente evaporata: non pare proprio che l'Anac chiarisca alcunché, anzi, forse, rischia di aggiungere ulteriore confusione per gli operatori sul mercato, siano essi pubblici o privati. Pur non entrando nel merito della questione (e prescindendo da alcune sviste financo nei rinvii alle previsioni del codice appalti), è necessario segnalare alcuni profili estremamente rilevanti, contenuti nella delibera, che, se acriticamente recepiti, rischiano di rendere la presentazione di proposte ex art. 183, commi 15 e ss. del codice appalti estremamente complessa: un effetto, questo, senz'altro non auspicabile, né voluto dalla stessa Anac, in considerazione del suo ruolo istituzionale e della recente preoccupazione espressa in tema di requisiti soggettivi (si veda il Comunicato del Presidente Anac del 13 aprile 2021 e l'articolo su NT Enti Locali&Edilizia del 19 aprile 2021 ).

Tale infelice risultato è, vieppiù, nocivo visto che il dettato normativo è piuttosto evasivo sul punto. L'art. 183, comma 17 del codice appalti prevede, infatti due tipologie di requisiti per il proponente, il quale - ferma restando l'assenza di motivi di esclusione ai sensi dell'art. 80 del Codice (giustamente, evidenziati dall'Anac) - può dichiarare il possesso, alternativamente, dei requisiti:

• del concessionario, in virtù del rinvio al comma 8 del medesimo articolo, anche associando, o consorziando, altri soggetti. Riguardo tale questione, anche in considerazione di una recente pronuncia (Tar Lazio, 28 ottobre 2020, n. 10997) che aveva visto l'Anac soccombente sul punto, l'Autorità, correttamente, indica come parametro, in assenza di precise indicazioni nel codice appalti (stante la genericità dell'art. 172, comunque, poco utile in casi del genere) e visto che, trattandosi di proposta a iniziativa privata, non sono disponibili specifiche indicazioni da parte dell'amministrazione - come sarebbe in una gara classica -, i requisiti declinati nell'art. 95 del Dpr n. 207/2010, ancora vigente in virtù del richiamo contenuto all'art. 216, comma 14 del Codice Appalti; oppure

• generali, ossia i "requisiti per partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici anche per servizi di progettazione eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi". Su questa alternativa, che è la più problematica, l'Anac non si esprime. Menziona, unicamente, e di sfuggita, l'art. 96 del Dpr 207/2010 - che disciplina, appunto, i requisiti del proponente -, ma come fosse un elemento aggiuntivo. In realtà, un esame più attento avrebbe evidenziato che proprio questo articolo è quello di difficile utilizzo perché mal si coniuga con la ampia dicitura del comma 17 dell'art. 183 del codice, che in quanto norma di rango superiore dovrebbe prevalere.

Per trarsi d'impaccio, l'Anac omette completamente di considerare l'alternativa dei requisiti del proponente, concentrandosi, unicamente, sui requisiti del concessionario. Questo modus operandi non solo crea confusione, ma restringe - del tutto immotivatamente - la platea dei potenziali proponenti. Ma vi è di più: nel verificare la sussistenza dei requisiti del concessionario, alla luce delle prescrizioni del suddetto art. 95 del Dpr 207/2010, la delibera omette di chiarire alcuni elementi fondamentali di tale previsione, tra cui l'espressa possibilità, per il proponente, di non dimostrare il possesso della qualificazione per i lavori, semplicemente dichiarando che gli stessi non saranno realizzati con la propria organizzazione d'impresa. Di converso, l'Anac si concentra sul mancato possesso delle attestazioni Soa per lavori e per progettazione - in una logica più squisitamente appaltistica, che non sembra apprezzare la visione olistica sottostante i contratti di concessione -, scardinando totalmente la ratio dell'art. 95 citato.

Inoltre, con riferimento alla dimostrazione dello svolgimento di servizi affini, la delibera non solo si attarda nel segmentare i diversi servizi previsti dalla proposta, pretendendo la dimostrazione di avere eseguito ciascuno di essi per l'importo previsto (il che è contrario alla più recente giurisprudenza in materia, si veda Tar Lazio, sez. I, 3 maggio 2021, n. 5111), ma tralascia la fondamentale previsione dell'art. 95, secondo cui tale dimostrazione può essere omessa, a condizione che siano aumentati i requisiti economici (fatturato e capitale sociale) fra 1,5 e 3 volte. Tema del quale si era preoccupata l'Anac nel summenzionato recente comunicato.

Tutto ciò, aggravato dall'affermazione – francamente sconcertante – secondo cui «il possesso dei requisiti deve essere autodichiarato dal proponente in sede di formulazione della proposta e permanere fino alla stipulazione del contratto senza soluzione di continuità. Di conseguenza, la mancanza ab origine dei requisiti previsti per la partecipazione alla procedura non può essere superata dalla successiva costituzione della società di progetto dopo l'aggiudicazione eventualmente con i soggetti dotati dei requisiti richiesti» (enfasi aggiunta). Sostanzialmente, l'Anac non prende in considerazione né l'espresso dettato normativo dell'art. 183, comma 15 del codice appalti, il quale precisa che «[I ] concorrenti, compreso il promotore, devono essere in possesso dei requisiti di cui al comma 8», né il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, del 10 febbraio 2020, n. 1005), secondo cui il modello procedimentale del project financing ad iniziativa privata prevede due fasi, distinte ed autonome, ossia:

• prima fase, inerente alla valutazione della proposta da parte dell'amministrazione, che si conclude con l'eventuale dichiarazione di fattibilità tecnica ed economica della stessa;
• seconda fase, nella quale è indetta una procedura di gara - del tutto ordinaria, salvo che per la presenza del diritto di prelazione - sulla base della proposta approvata dall'amministrazione e alla quale il proponente, divenuto promotore, è tenuto a partecipare dimostrando, in tale sede - così come gli altri offerenti - il possesso dei requisiti esplicitati nella lex specialis, i quali - essendo stabiliti dall'amministrazione - potranno essere differenti rispetto a quelli dichiarati in fase di presentazione della proposta.

La delibera passa, invece, direttamente, dalla presentazione della proposta alla costituzione della Spv a valle dell'aggiudicazione, senza considerare la fase di gara. Di converso, è proprio la netta distinzione tra le due fasi - più volte ribadita da costante ed anche risalente giurisprudenza - che determina un diverso regime anche per quanto concerne i requisiti da dichiarare da parte del proponente, prima, e del promotore, in qualità di offerente nella gara, poi.

Sulla scorta di tale suddivisione procedurale, l'amministrazione deve svolgere una valutazione inerente ai requisiti del proponente/promotore, così articolata:
- fase di presentazione della proposta: è sufficiente che il proponente dimostri, almeno il possesso di qualifiche adeguate alla partecipazione alle gare e alle caratteristiche precipue della proposta, anche in termini tecnici ed economici. Infatti, nonostante la dicitura molto ampia e vaga del codice appalti, è fondamentale che l'amministrazione abbia piena contezza dei requisiti di solidità economico-finanziaria e di capacità tecnica degli operatori economici proponenti, adeguati e proporzionati ai contenuti della proposta;

- fase di gara a valle: è necessario, invece, che sia verificato il possesso dei requisiti del concessionario, sia in capo al proponente stesso, che, nel frattempo e in funzione di tali requisiti, potrà adeguare la propria compagine, magari anche aggiungendovi altri soggetti in possesso dei requisiti richiesti, sia agli altri operatori economici che partecipano alla procedura medesima.

È evidente, alla luce della complessità della materia, che un intervento chiarificatore sarebbe utile, soprattutto in relazione al dettato del comma 17 dell'art. 183 del codice appalti. Tuttavia, una pronuncia come quella dell'Anac, appena illustrata, può avere l'effetto di peggiorare la situazione, trasmettendo messaggi fuorvianti, che, alla fine, rischiano - al di là delle migliori intenzioni - di rendere la presentazione di proposte sempre più complesse e meno appetibili per il mercato, denegando gli sforzi fatti dal legislatore e dalla stessa Anac su questo fronte. Oltre agli aspetti procedurali, le amministrazioni devono essere in grado, infatti, di entrare nel merito delle proposte per valutarne correttamente le implicazioni, anche tenendo conto delle effettive capacità dei soggetti proponenti, i quali in ogni caso devono garantire le proprie capacità, sia per ciò che concerne la fase di presentazione delle proposte ad iniziativa privata, ma soprattutto circa l'effettiva realizzazione dell'opera oggetto della proposta nella fase di gara.

Tuttavia, tale analisi non può essere condotta anticipando le valutazioni proprie della fase di gara, perché ciò snaturerebbe lo strumento e renderebbe la fase di valutazione delle proposte un duplicato, peraltro con minori tutele, della gara, inutilmente oneroso per entrambe le parti coinvolte, svilendo la funzione acceleratoria della proposta ad iniziativa privata a tutto svantaggio della qualità dello stock infrastrutturale e dei servizi pubblici del Paese.

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