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Recovery fund, necessario aprire il confronto con Regioni e Anci

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di Ettore Jorio

In Europa, la concomitanza di due eventi che si interdicono vicendevolmente. In Italia, forse peggio che altrove, attesa anche la perdita del vantaggio che avevamo recuperato nella prima fase di pandemia. Da una parte, il Covid-19 che dimostra tutta la sua forza con i contagi fuori controllo, gli ospedali destinati al tilt e in cerca di posti letto di terapia intensiva impossibili, le morti che aumentano. Non solo. Con l'economia del territorio divenuta quasi moribonda, con aziende che chiudono e occupazione che evapora.

Dall'altra le scadenze politico-istituzionali del Recovery Fund. Tutte difficili da rispettare a causa della recrudescenza epidemica, meglio difficili da realizzare così come si dovrebbe. Quasi impossibile la collaborazione de visu del Governo con gli enti autentiche espressioni del territorio, prima di tutte le Regioni, nonché con gli attori del mercato per far sì che si realizzi un serio progetto nazionale su cosa fare con le risorse europee. La buona elaborazione dei programmi è divenuta così impossibile, salvo tradurre «roba vecchia» riconosciuta come esigenza collettiva attuale, funzionale alla rinascita. Una opzione, quest'ultima, che pare da tempo nelle corde dell'Esecutivo, a prescindere quindi dalle attuali sopravvenute maggiori difficoltà salutari.

Tutto questo, in assenza dei necessari rimedi, renderà possibili due disastri.

Il primo sarà determinato dalla resa al coronavirus che avanza inesorabilmente. Le cause sono facili da evidenziare. L'inadeguatezza della protezione civile a realizzare prontamente quanto necessario, salvo auto-incensarsi diffusamente attribuendo ad altri anche le proprie responsabilità. Un sistema regionale non affatto pronto e capace a incidere positivamente nella difesa della tutela della salute delle persone, obbligate a file chilometriche per un tampone. Un servizio sanitario nazionale che ha dimostrato la sua obsolescenza e i suoi errori di avere abbandonato l'assistenza territoriale a tutto vantaggio delle strutture ospedaliere, più consone al taglio dei nastri. Un Governo indeciso nel fare ciò che dovrebbe, forse perché diviso al suo interno.

Il secondo dalle scadenze della progettualità europea che, se da redigersi come si deve al Paese e alla Nazione, sarà impossibile da rispettare. Per non parlare degli adempimenti successivi messi in forse da un Covid che ci accompagnerà chissà per quanto. Non solo è del tutto assente il confronto dell'Esecutivo con le Regioni e l'Anci, indispensabile per graduare il fabbisogno emergente da soddisfare con i quattrini dell'Ue, ma non si parla così come si dovrebbe della legge di bilancio 2021 e strumenti affini e aggregati.

Da qui, il da farsi, forse più facile a dirsi ma doverosamente da compiersi.

I decisori pubblici sono chiamati ad assumersi i rischi del caso e a lavorare perché le tutele ci siano. E ancora. Perché non si disperda l'occasione del Piano della ripresa europea, unico strumento per il nostro Paese per essere rivoltato come un calzino. Vietato in modo assoluto che venga domani considerata come una chance perduta!

Proprio per questo i chiamati a governare il Paese e le Regioni hanno il dovere di osare, con ovvie cautele. di frequentare assiduamente le sedi istituzionali dove confrontarsi sulle ineludibili esigenze dei territori e, di conseguenza, individuare quelle quattro/cinque idee (ma buone) di investimenti infrastrutturali capaci di trasformare l'esistente in senso «rinascimentale».