Recovery Fund, serve più coraggio sulle infrastrutture
Lettera del presidente dell'Ance al direttore Fabio Tamburini
Caro Direttore,
dopo tanta attesa finalmente il Piano italiano per poter spendere le risorse previste dal programma europeo Next Generation Eu è venuto alla luce. Si tratta solo di una bozza, ma ci permette di fare alcune considerazioni di metodo e di contenuto. Per quanto riguarda il metodo, appare evidente che ancora una volta non siamo riusciti a fare le riforme strutturali, tante volte annunciate, che l'Europa ci chiede come condizione per ricevere i finanziamenti. Né siamo intervenuti sulla macchina pubblica, migliorandone l'efficienza e la capacità decisionale. Ancora una volta si scelgono strutture speciali e norme derogatorie. La decisione di delegare a una task force esterna, seppure coordinata da alcuni Ministri competenti, decisioni proprie del Governo e delle autorità competenti, dimostra infatti chiaramente che il sistema decisionale pubblico è in tilt. Sono anni che come Ance denunciamo l'assenza di un progetto organico di revisione del processo autorizzativo e decisionale che blocca investimenti e opere necessarie alla collettività.
Ci si limita a individuare soluzioni provvisorie, non certo sufficienti. Emblematico il caso delle 8 strutture di missione create per sbloccare gli investimenti pubblici Quasi 600 persone, facendo un conto approssimativo, incaricate a diverso titolo di migliorare la capacità di spesa della P.a. e favorire l'apertura dei cantieri. I risultati? 15 anni per un'opera medio grande, 6 per una piccola e media. E un sistema normativo ipertrofico che non premia qualità e concorrenza, come dimostrano anche le nostre regole sul subappalto, che Bruxelles giustamente condanna. È possibile che in Italia ci sia spazio solo per un' infinita normativa d'emergenza, che aggiorniamo di continuo? Quando inizieremo a cambiare le procedure in modo strutturale così che il nostro Paese possa crescere, spendendo le risorse per interventi necessari come messa in sicurezza del territorio, rigenerazione delle città e realizzazione di infrastrutture? Chi risponde delle riforme mai fatte, delle decisioni non prese, della mancata crescita che ci vede da oltre dieci anni agli ultimi posti in Europa? La politica dov'è, cosa fa oltre a litigare?
La priorità è far ripartire il Paese, ci vuole responsabilità. Chi non se la sente lasci il campo a chi ha il coraggio di prendere le decisioni necessarie per raggiungere questo obiettivo. Non è il più il tempo dei veti incrociati, del tirare a campare: ci vuole una reale svolta. Veniamo ora ai contenuti del Piano. Sono anni che le risorse stanziate per investimenti non vengono spese. Ogni legge di bilancio destina risorse agli investimenti che poi vengono sottratte per coprire spesa corrente e, dalla crisi pandemica in poi, per finanziare altro debito necessario per far fronte all'emergenza. Quanto possiamo andare avanti solo con reddito da sussidio, senza creare reddito da lavoro? Le risorse del Recovery plan europeo devono necessariamente finanziare crescita, lavoro e sviluppo in chiave sostenibile e quindi essere aggiuntive e non sostitutive di quelli esistenti. Occorre uscire dalla logica dei titoli ed entrare finalmente nel merito delle misure da mettere in campo.
Bene le cospicue risorse dedicate all'efficienza energetica e alla riqualificazione degli edifici, ma mancano ancora indicazioni su come spenderle nei tempi previsti. E quante di queste sono destinate al superbonus al 110%: le famiglie e gli operatori devono sapere oggi se ci sarà la proroga, altrimenti i cantieri resteranno fermi. Senza una durata adeguata questo processo di riqualificazione, al quale va affiancato al più presto un piano di rigenerazione delle città, basato sulla demolizione e ricostruzione degli edifici senza vincoli ulteriori, non potrà partire e quindi creare lavoro in chiave di sostenibilità, che tutti a parole invocano. Senza, dunque, una vera svolta, rischiamo che a pagare il costo di questa immane crisi siano solo le imprese e i cittadini che non hanno stipendio pubblico e il paracadute dello Stato. A cominciare dai giovani. Siamo certi che nessuno vuole perdere l'unica chance che abbiamo di garantire ai nostri figli opportunità che oggi sono loro negate, visto il peso economico che lasciamo loro in eredità.Come Ance rinnoviamo tutto il nostro impegno e quello delle imprese che rappresentiamo a collaborare con chi persegue questi obiettivi con convinzione e tenacia.
* Presidente Ance