Urbanistica

Recovery plan: 15,3 miliardi in più ai fondi aggiuntivi, metà alle infrastrutture

Più spinta alla crescita nel nuovo piano: il Mef aumenta il peso degli investimenti additivi (120,8 su 196)

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di Giorgio Santilli

Nella nuova bozza di Recovery Plan, che dovrebbe andare in settimana al Consiglio dei ministri per la prima approvazione, la grande sorpresa sta nello spostamento di 15,3 miliardi dai fondi sostitutivi - destinati cioè a spese già finanziate da risorse nazionali e scritte nei tendenziali di bilancio - ai fondi destinati a investimenti aggiuntivi o «additivi». Un regalo di Natale del Mef e di Palazzo Chigi alle ragioni della crescita del Pil (rispetto a quelle di contenimento del deficit) che sposta notevolmente l'equilibrio del piano italiano. Nella precedente bozza le risorse destinate a investimenti additivi ammontavano a 105,5 miliardi (65,5 da sovvenzioni a fondo perduto e 40 da prestiti) sul totale di 196 miliardi mentre ora salgono a 120,8: i 65,5 miliardi di sovvenzioni Ue a fondo perduto restano tali, ma lo spostamento riguarda i prestiti europei che vengono indirizzati per una quota maggiore, circa 55 miliardi, agli investimenti additivi. Scendono parallelamente da 90,5 miliardi a 75 miliardi circa i prestiti europei che il Recovery Plan impiega come «sostitutivi» di risorse nazionali e che quindi sarebbero andate a contenere l'aumento del deficit.

A svelare lo spostamento sostanziale di risorse verso la crescita - avvenuto in queste ore di intensa discussione politica del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in vista del Cdm - è l'ultima versione della tabella (pubblicata integralmente dal Sole 24 ore il 24 dicembre e riproposta in questa pagina) che assegna le risorse ai 52 progetti contenuti nel Pnrr (si discute, però, di una possibile riduzione del numero). La tabella conferma nella sostanza la divisione delle risorse fra le varie voci rispetto a quelle circolate dal 7 dicembre in avanti, ma introduce proprio questo elemento essenziale, anche nella discussione interna al governo, fra risorse già iscritte nel tendenziali e risorse destinate a investimenti aggiuntivi. Discussione fondamentale se si considerano la clamorosa denuncia dell'Ance (pubblicata sul Sole 24 Ore del 22 dicembre) di una quota davvero esigua di risorse aggiuntive, 9 miliardi su 27, destinata al capitolo delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e al grande scontro sul Superbonus (per cui l'intero Parlamento aveva chiesto di aumentare le risorse aggiuntive per finanziare la proroga al 2023) fermo a 5 miliardi aggiuntivi sul totale di 22 destinati dal Recovery Plan all'incentivo.

Proprio alle infrastrutture per la mobilità sostenibile (missione numero 3) va la quota largamente maggioritaria delle nuove risorse aggiuntive, circa il 50% dell'incremento di 15,3 miliardi. Il capitolo passa infatti da 9 miliardi aggiuntivi su 27,8 miliardi totali (quindi un terzo aggiuntivo e due terzi sostitutivi sul totale) a 16,1 miliardi aggiuntivi sullo stesso totale (ora il 58%). Il tema che si apre ora è a quali opere destinare le risorse aggiuntive: probabilmente una quota ancora ad accelerazione di opere già in corso e una quota a nuove opere. Niente da fare invece per il Superbonbus (compreso nella voce «efficientamento edilizia privata»), che resta inchiodato a una quota aggiuntiva di 5 miliardi su un totale di 22,4. Ma qui la battaglia sulle proroghe non si può ancora considerare finita.Soddisfazione esprime il presidente dell'Ance, Gabriele Buia, per il rafforzamento della quota di risorse aggiuntive per le infrastrutture. «È una prima battaglia vinta - dice Buia - che rimedia a un limite grave della prima bozza di piano. Ricordo che le infrastrutture presentano un moltiplicatore della crescita tra i più elevati, utile non solo al nostro settore, ma al Paese.

Ora queste risorse - continua Buia - andrebbero destinate, a nostro avviso, prevalentemente a programmi di manutenzione delle infrastrutture e del territorio perché è evidente a tutti che l'Italia presenta un gravissimo deficit di manutenzione infrastrutturale, come dimostrano il caso di Genova e i tanti altri casi di opere obsolete». Sul Superbonus, invece, «registriamo il primo passo positivo della legge di bilancio, con la proroga al 2022, ma non rinunciamo al nostro obiettivo di una proroga al 2023 con le risorse del Recovery Plan che d'altra parte è il Parlamento a volere e che è la condizione per una ripresa duratura del settore edilizio». Infine Buia lamenta di non aver ancora visto quelle misure «necessarie per lasciare al Paese, con il Recovery Fund, una eredità stabile e strutturale che vada oltre l'emergenza, come procedure più veloci per investimenti pubblici e privati e una macchina dello Stato più adeguata alle esigenze di un Paese moderno».

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