Urbanistica

Cantieri, le 19 opere del Recovery: 27 miliardi, solo 9 aggiuntivi

Le grandi opere del capitolo Infrastrutture comprendono interventi già previsti o in corso per 22,4 miliardi opere con progetti di fattibilità da realizzare o da rivedere per 5,3 miliardi

immagine non disponibile

di Giorgio Santilli

Sono 19 le grandi opere inserite nel capitolo Infrastrutture del Recovery, la missione numero 3 della bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza, messa a punto dal governo su proposta del Comitato tecnico di valutazione (Ctv) e in coerenza con le linee guida Ue. Uno dei capitoli più stabili, che non dovrebbe essere toccato, se non marginalmente, dalle violente polemiche politiche che interessano il Pnrr. Le 19 opere valgono 27,7 miliardi e comprendono interventi già previsti o in corso per 22,4 miliardi e opere con progetti di fattibilità da realizzare o da rivedere per 5,3 miliardi.

Il conto è stato fatto da un documento del centro studi dell’Ance. Delle risorse Ue che il governo intende mettere in campo nel settore con il Pnrr, 18 miliardi circa sono risorse sostituitve di fondi nazionali già disponibili perché previste nei tendenziali di bilancio, mentre 9 miliardi saranno risorse «additive».

Vediamo nel dettaglio quali sono le 19 opere incluse nel Recovery: sono elencate, con il relativo costo residuo, nella tabella che pubblichiamo in questa pagina, suddivise fra opere già previste, opere con studio di fattibilità in corso di realizzazione e opere in project review, che erano state cioè già progettate ma sono ora in corso di revisione progettuale.

Nel primo gruppo ci sono opere inserite nei programmi infrastrutturali prioritari nazionali da circa venti anni che dovrebbero soprattutto completare il disegno della prima rete Alta velocità: la Liguria-Alpi (una ridenominazione allargata del terzo valico), la Palermo-Catania-Messina, la Verona-Brennero (compreso la tratta di valico), la Napoli-Bari, la Torino-Lione, la Brescia-Verona-Padova, il potenziamento della Venezia-Trieste. A queste si aggiunge un programma, anch’esso in corso, di potenziamento tecnologico per aumentare le capacità e le prestazioni della rete ferroviaria. Solo due piani generici stradali sono compresi in questo gruppo, perché l’Europa non accetta volentieri opere stradali in un programma che punta come obiettivo prioritario assoluto la sostenibilità ambientale. I due piani staradali sono quello per realizzare le Smart Road e alcuni interventi di valorizzazione del patrmonio stradale (in tutto valgono 1 miliardo sui 22,7 di questo gruppo).

Prevalenza schiacciante di opere ferroviarie anche nel gruppo delle nuove opere in fase di progettazione o project review. L’obiettivo strategico è allargare al Sud e alle linee trasversali la rete Alta velocità per connettere parti di territorio italiano oggi escluse. Ecco dunque la Roma-Pescara, la Orte-Falconara, la Salerno-Reggio Calabria, la Genova-Ventimiglia, la Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia, le opere di adduzione alla Verona-Brennero. Si aggiungono tre voci portuali: la diga del porto di Genova, il piano Cold Ironing per elettrificare le linee dei porti (si veda Il Sole 24 Ore del 13 dicembre) e un piano nazionale per la digitalizzazione dei porti in chiave di sostenibilità ambientale.

Lo studio Ance evidenzia un altro aspetto del Recovery: che il settore delle costruzioni è interessato a progetti compresi in tutte le missioni del Piano. In particolare ci sono importanti progetti nella missione 2 «Rivoluzione verde e transizione ecologica» che vale ben 74,3 miliardi. Almeno 4 cluster impattano sull’edilizia, anche se al momento è difficile quantificare questo impatto: efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (con il Superbonus), mobilità locale sostenibile, tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica, impresa verde ed economia circolare.

Il tema che crea polemica è la ripartizione fra risorse sostitutive e «additive»: due terzi e un terzo.

È stato proprio il Comitato tecnico a volere, in concorso con il ministero delle Infrastrutture, a suggerire questa impostazione. Va detto che tre argomenti depongono in favore del finanziamento con il Recovery di opere in corso: la prima è che solo opere in corso possono rispettare i target molto impegnativi di completare e rendicontare la spesa entro il 2026; la seconda è che solo opere in corso possono contribuire a tirare su il Pil perché opere di nuova progettazione in Italia richiedono anni prima di arrivare alla fase di cantiere (e scontiamo il solito problema strutturale di assenza di progetti cantierabili pronti); la terza è che molte opere già finanziate con risorse nazionale, lo sono (da anni) sul piano della competenza, ma possono tirare cassa solo con un contagocce pluriennale. Così viceversa, si accelerano opere che sono in ballo da venti anni e che ancora sono a uno stadio parziale. Diverso è il ragionamento - che attiene alle politiche di finanza pubblica e non alle politiche di infrastrutture - sul fatto che le risorse nazionali rimpiazzate andranno a ridurre deficit e debito e non saranno reimpiegate in piani infrastrutturali

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©