Il CommentoAmministratori

Pa e scuola devono guidare le riforme del Recovery

di Enrico Caterini e Ettore Jorio

Il Recovery plan sembra non concentrare il suo maggiore sforzo su due grandi investimenti. Su quelli che servono alla comunità nazionale di oggi ma soprattutto a quella di domani. In quanto tali da essere considerati ovunque gli impieghi più importanti. La scuola e la formazione della Pa sono bersagli da primato, nel senso di essere prioritari su tutto, solo che si vogliano realizzare, poi, tutte le riforme che necessitano, cui risultano indispensabili le risorse umane adeguate che solo la scuola in senso globale può garantire. Non solo. Senza una forte accelerazione finanziaria su di essa diventa impossibile generare quei ricambi che occorrono per migliorare le perfomance della Pa, che certamente non brillano. E ancora. Solo rimpinguando il piatto da destinarvi, si può mettere in produttiva relazione i decisori pubblici con le famiglie e il sistema delle imprese. In questo risiede il compito della politica quando è chiamata, mai come oggi, a decidere le sorti del Paese e dalla Nazione.

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, licenziato dal Governo il 12 gennaio scorso e oggi all'esame del Parlamento, c'è tanto (troppo) di teorico, in alcuni punti difficile persino a comprendersi. Risulta più che blindata la sua traduzione pratica. Meglio, cosa si farà per conseguire gli obiettivi programmati.

Sembra che esso riproponga l'errore di sempre, così come succede da decenni – per esempio nella sanità - dove l'astratto e il concettuale prevalgono sul da farsi. Il disastro vissuto nell'epidemia ancora in corso ne è la prova. Tanto territorio pronunciato per decenni per riempirsi la bocca si è poi tradotto nel suo abbandono quasi totale da non potere garantire nulla di interdittivo all'esasperato ricovero ospedaliero.

La New Generation Eu va spesa per smentire la vecchia abitudine di usare la scuola, per rubare il consenso alla enorme platea direttamente interessata ma di non curarla come merita. Ne viene speso il nome perché è strumento attrattivo per genitori, docenti e cittadini di domani, alcuni dei quali elettori anche di oggi. L'istituzione scolastica, compreso ovviamente il sistema universitario, è la miniera da mettere al sicuro al fine di estrarne le preziosità che genera. Usare indicazioni attrattive quali aumentare, ampliare, migliorare, potenziare assume poco significato pratico senza conoscere e valutare i programmi realizzativi. Sono i soliti metodi che porteranno alle solite delusioni, di avere perso la migliore occasione di sempre. Quella regalateci dall'Ue con oltre 200 miliardi di euro.

La scuola, nelle sue diverse sfaccettature, deve esser messa nelle mani degli addetti ai lavori sensibili come sono a sopportare i suoi difetti e a soffrire il suo prodotto, non affatto in linea con quello assicurato ai giovani di altrove. Non può essere trattata come un normale utensile politico. É il come fare il problema da risolvere e non già ciò che occorrerebbe per generare una utile concorrenza dei nostri giovani, ai quali vanno offerte le chance formative che tutto il mondo mette al primo posto assoluto.

Stessa cosa accade con la riforma della Pa, senza la quale non si arriva da alcuna parte. Anche qui la promessa di tutti di volerla assolutamente. Una ripetitiva inderogabile esigenza declamata più per convincere la collettività che qualcosa si farà a fronte di una sua performance non esaltante, fatta di procedure contorte e ripetitive che respingono le iniziative di crescita piuttosto che incentivarle. Fatto sta che una Pa, così come quella che abbiamo, costituisce un impedimento pratico a che l'impresa investa in nuovi insediamenti e venga attratta dove maggiormente occorre.

Quello della burocrazia inadeguata, se non risolta, costituirà peraltro un grave pericolo a che ciò che programmato nel Recovery plan, e verosimilmente condiviso dagli organi europei, possa essere eseguito secondo necessità, velocità e accortezza. Lasciare in mano l'esecuzione dei programmi a una Pa, così com'è quella che è oggi, sarebbe un errore letale, attesa la concessione dei finanziamenti secondo il metodo degli stati di avanzamento. Un pericolo che tutti ammettono riproponendo come speranza «il metodo Genova» senza che alcuno si impegni però a porre le basi per applicarlo ovunque.

Dunque, scuola e riforma della PA, con annessa formazione della attuale burocrazia, sul podio degli investimenti.