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Rifiuti delle imprese, ai Comuni servono i limiti massimi di conferimento - Le richieste di Anutel a Mef e Transizione ecologica

Occorre chiarire l'effetto del coordinamento tra la normativa ambientale e quella sulla Tari

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di Giuseppe Debenedetto

Occorre chiarire l'effetto del coordinamento tra la normativa ambientale e quella sulla Tari e va rimessa ai Comuni la possibilità di determinare limiti massimi periodici di conferimento dei rifiuti. Sono alcune delle osservazioni avanzate dall'Anutel (associazione nazionale uffici tributi enti locali) in una nota di ieri, inviata ai ministeri dell'Economia e della Transizione Ecologica, sulla bozza di circolare in uscita.

In particolare, in ordine al coordinamento tra l'articolo 238 del Dlgs 152/06 e il comma 649 della legge 157/2013, la bozza di circolare prevede l'abbattimento integrale della quota variabile soltanto per le attività che documentino l'avvio al recupero (non necessariamente riciclo) di tutti i rifiuti urbani prodotti, compreso il «secco residuo». L'abbattimento della quota variabile è invece solo proporzionale nel caso in cui, una volta che il produttore abbia affidato i rifiuti al circuito o alla filiera coinvolta, il medesimo processo determini scarti di rifiuti non recuperabili. Tuttavia non appare chiaro come sia possibile addebitare all'utente, seppure in parte, la quota variabile del tributo in presenza di un servizio non svolto dal gestore pubblico, in quanto cessato in seguito all'esercizio dell'opzione di uscita. Sul punto l'Anutel evidenzia la possibilità di accedere ad una lettura alternativa delle norme citate, ritenendo che il comma 649 non sia più applicabile. In sostanza, qualora l'utente non domestico opti per l'uscita dal servizio pubblico, beneficia della cancellazione della quota variabile, previa dimostrazione dell'effettivo avvio al recupero di tutti i rifiuti urbani prodotti. Qualora invece lo stesso decida di continuare ad usufruire del servizio pubblico, deve conferire al medesimo tutti i rifiuti urbani, facendo venir meno il presupposto stesso della riduzione del comma 649, vale a dire l'avvio al riciclo dei rifiuti urbani direttamente o tramite soggetti autorizzati.

In merito alla possibilità di uscire dal servizio pubblico, l'Anutel perviene alla stessa conclusione di Ifel circa la decorrenza di questa opzione a partire dal 2022, per consentire agli enti la necessaria riorganizzazione dei servizi e rivisitazione dei relativi costi, pur nella consapevolezza che una scelta del genere presupporrebbe più correttamente una modifica normativa.

L'Anutel affronta poi il tema della possibilità per i Comuni di fissare una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico a seguito dell'eliminazione della potestà comunale di assimilazione, ritenendo opportuno valorizzare la funzione assegnata ai comuni dall'articolo 198 del Dlgs 152/2006. La questione andrebbe quindi risolta in senso favorevole alla possibilità di determinare limiti massimi periodici di conferimento di rifiuti ovvero di disciplinare le modalità organizzative di conferimento a cui i produttori devono adeguarsi.

Inoltre, relativamente alle superfici esenti in quanto produttive di rifiuti speciali (ad esempio i reparti di lavorazione industriale e le utenze che svolgono attività agricole), bisognerebbe prevedere espressamente l'obbligo dichiarativo e la presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell'esclusione o dell'esenzione.

Infine, occorre precisare se la mancanza della categoria 20 (attività industriali) deve essere letta nel senso di applicare ad uffici, mense, servizi, depositi, eccetera, le categorie previste per le diverse destinazioni d'uso o se queste superfici devono essere tutte tassate nella categoria 20 (per i comuni sopra i 5.000 abitanti) o 14 (per quelli sotto i 5.000 abitanti), come previsto dal Dpr 158/1999.

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