Sanzione disciplinare valida se la composizione dell'ufficio è irregolare ma non lede il diritto di difesa
Tutte le amministrazioni pubbliche sono chiamate a regolamentare la composizione dell'ufficio dei procedimenti disciplinari, in forma collegiale o monocratica. Tuttavia, l'irregolare applicazione della norma regolamentare sulla composizione non causa la nullità della sanzione disciplinare irrogata, in considerazione della preminenza della fonte legale. In altri termini quello che conta, al fine di definire legittimo il procedimento disciplinare, è che non sia stato compromesso il diritto di difesa del dipendente incolpato e sia stato garantito il diritto di terzietà del collegio disciplinare. Queste sono le conclusioni della Corte di cassazione contenute nella sentenza n. 17582/2019.
La vicenda
Il dipendente di un ente locale era sottoposto a misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di truffa continuata, commesso in concorso con altri dipendenti del Comune attraverso attestazioni fraudolente della presenza in ufficio. L'uomo è stato prima sospeso dal servizio e successivamente l'ente ha avviato e concluso il procedimento disciplinare con il licenziamento per giusta causa. A fronte del rigetto del ricorso anche in Corte di appello, il dipendente si è rivolto in Cassazione evidenziando l'errore commesso dai giudici di secondo grado che non avrebbero considerato la nullità del licenziamento per illegittima composizione dell'ufficio dei procedimenti disciplinari, in aperta violazione del regolamento comunale. Secondo le norme regolamentari, infatti, la composizione collegiale dell'Upd avrebbe dovuto essere formata dal dirigente del servizio risorse umane, dal dirigente preposto al gabinetto del sindaco e agli affari generali, nonché dal dirigente del servizio/struttura di appartenenza del dipendente interessato dal procedimento. Nel caso di specie la composizione era priva del dirigente del servizio del dipendente, con la conseguenza che la violazione della norma regolamentare si risolve in una violazione di legge perché di fatto il procedimento è stato curato da un soggetto diverso da quello individuato come competente.
Il rigetto del ricorso della Cassazione
La Cassazione in base al proprio consolidato orientamento in materia, ha evidenziato alcuni principi. Il primo riguarda il fatto che le regole legali sulla competenza vanno mantenute distinte da quelle regolamentari che disciplinano la costituzione e il funzionamento dell'organo collegiale, secondo l'ordinamento interno di ciascuna pubblica amministrazione, perché il Dlgs 165/2001 «non attribuisce natura imperativa "riflessa" al complesso delle regole procedimentali interne che regolano la costituzione e il funzionamento dell'UPD».
Il secondo principio di diritto prevede che, ai fini della legittimità della sanzione, rileva unicamente che sia stato garantito il principio di terzietà, sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell'ufficio dei procedimenti, il che «postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente».
Sulla base di questi principi, la Cassazione ha escluso che, qualora il procedimento sia stato condotto dall'ufficio individuato o istituito dall'ente come competente ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare, il mancato rispetto delle disposizioni regolamentari che ne disciplinano la composizione e il funzionamento potrebbe cusare la nullità della sanzione solo se e in quanto ne sia risultato compromesso il diritto di difesa del dipendente incolpato. Non avendo mostrato, il ricorrente, quale lesione avesse subito dal componente diverso da quello previsto in via regolamentare e, quale violazione al diritto di difesa fosse stato effettuato dal dirigente non del suo servizio o struttura, il ricorso deve essere respinto.
La sentenza della Corte di cassazione n. 17582/2019