Urbanistica

Scia, il Tar ferma il Comune che vuole bloccare il cantiere dopo 30 giorni

Illegittimo il diniego formalizzato fuori tempo massimo senza agire in autotutela con motivazioni rigorose

di Mauro Salerno

Il Comune non può fermare un cantiere edilizio trascorsi i 30 giorni previsti per la formazione del silenzio-assenso, senza prima attivare un'azione di autotutela, con rigorosa motivazione. Con questa argomentazione il Tar di Salerno ha accolto il ricorso del proprietario di un immobile contro il Comune che aveva negato il titolo edilizio dopo i 30 giorni prescritti dalla legge.

Nella sentenza n. 1276 depositata il primo ottobre, i giudici amministrativi ricordano anche i confini entro i quali può muoversi l'amministrazione nel caso riscontri criticità sulle richieste edilizie, ribadendo che il termine di 30 giorni previsto dalla legge 241/1990 deve essere considerato perentorio.

"Il decorso dei termini previsti per l'esercizio del potere inibitorio circa i lavori oggetto di Scia o di Dia, ovvero 30 giorni dalla presentazione della medesima - ribadiscono i giudici nella sentenza - , comporta la definitiva consumazione del potere inibitorio stesso e il consolidamento della situazione soggettiva del dichiarante/segnalante, residuando in capo all'amministrazione, a fronte di un'attività avviata al di fuori delle condizioni normativamente previste, i soli poteri di autotutela, indipendentemente dal fatto che il privato abbia o meno dato inizio ai lavori".

Per questo, "l'operato dell'Amministrazione comunale che, in presenza di Scia per la realizzazione di un intervento edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo" è da considerarsi "illegittimo". In questa situazione, l' 'unica scappatoia è quella di azionare i poteri di autotutela motivando al contempo precisamente quale sarebbe "l'interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato", dopo aver fatto una comparazione di merito "tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo".

Agendo diversamente, conclude il Tar " si finirebbe per negare ogni rilevanza alla prescrizione di legge secondo cui l'Amministrazione può e deve inibire i lavori entro trenta giorni e si introdurrebbe nel sistema un elemento di profonda incertezza, rendendo necessario individuare, nel silenzio della legge, quale possa essere il "termine ragionevole" entro il quale l'Amministrazione può annullare senza motivare sull'interesse pubblico".

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